Il vino di Matera e la sua DOC – Dai “sassi” al mare, passando per il calanchi

Chi non conosce Matera? La città dei Sassi è nota nel mondo per l’unicità del suo centro storico in cui sono incastonate abitazioni scavate nella roccia, grazie alle quali Matera è, dal 1993, patrimonio UNESCO.
Eppure, in pochi sanno che la Capitale Europea della Cultura 2019 dispone di una propria DOC che fa capo a un areale vasto come vasta è la base ampelografica che vi si alleva.
La Matera Doc (riconosciuta nel 2005) insiste nella parte ovest e sud-ovest della Basilicata, su una superficie abbastanza ampia che interessa tutta la provincia di Matera e comprende un territorio di media collina e la fascia litorale costiera, tutto all’interno dell’intera provincia di Matera.

matera vigne doc

Una tradizione vitivinicola che ci spinge indietro nel tempo sino, addirittura, all’età del bronzo come testimoniano le tracce ritrovate in una serie di necropoli di una serie di piccoli insediamenti tra i fiumi Basento e il Sinni. Un’ulteriore testimonianza della presenza di una viticoltura finalizzata alla produzione di vino è rappresentata dalle Tavole di Heraclea del VII sec. a.C. e conservate al museo di Metaponto, ovvero la prima mappa a riprodurre fedelmente la disposizione dei vigneti presso il tempio di Atena ad Eraclea (Policoro). Non meraviglia, dunque che, durante l’epoca della Magna Grecia, questa zona dell’Italia meridionale e particolarmente proprio le colonie del Metapontino venivano definite ‘Enotria’, cioè terra del vino. Andando avanti nel tempo, fino al 1600/1700 si hanno le prime conferme della vocazione del territorio come i documenti che assegnavano il ruolo di “grand cru” dell’areale a Montescaglioso, o quelli che vedono Re Carlo III di Borbone apprezzare la qualità del vino proveniente da Matera e altri comuni della sua provincia.

La storia recente è quella di una denominazione complessa per sfaccettatura pedoclimatica (dalle colline al mare, dai calanchi alle sabbie) e per quantità di varietali coltivati (tipici e internazionali) che sta vivendo un momento di forte fermento dovuto alla volontà di alcuni virtuosi produttori di far valere la propria identità sull’onda della notorietà acquisita da Matera in Italia e nel mondo.

Per darvi un’idea della variegata produzione della Doc Matera (nell’areale sono prodotti anche molti IGT Basilicata) eccovi le varie declinazioni della denominazione:
Matera Doc Rosso (60% Vitigno Sangiovese, 30% Vitigno Primitivo, 10% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella regione Basilicata)

Matera Doc Primitivo  (90% Vitigno Primitivo, 10% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella regione Basilicata)

Matera Doc Primitivo Passito (90% Vitigno Primitivo, 10% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella regione Basilicata)

Matera Doc Rosato (90% Vitigno Primitivo, 10% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella regione Basilicata)

Materca Doc Moro e Doc Moro Riserva (60% Vitigno Cabernet Sauvignon, 20% Vitigno Primitivo, 10% Vitigno Merlot, 10% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella regione Basilicata – 36 mesi di cui 24 mesi in botte di legno per la versione Riserva)

Matera Doc Greco (85% Vitigno Greco, 15% Vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione nella regione Basilicata)

Matera Doc Bianco (85% Vitigno Malvasia Bianca di Basilicata, 15% Vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione nella regione Basilicata)

Matera Doc Bianco Passito (85% Vitigno Malvasia Bianca di Basilicata, 15% Vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione nella regione Basilicata)

Matera Doc Spumante (85% Vitigno Malvasia Bianca di Basilicata, 15% Vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione nella regione Basilicata)

Matera Doc Spumante Rosé (90% Vitigno Primitivo, 10% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella regione Basilicata)

La Collina materana è caratterizzata da vigneti a quote maggiori, con clima più fresco e terreni prevalentemente bianchi derivati da marne, marne argillose e calcareniti e impianti ad altitudini inferiori, su suoli bruni. <<Più precisamente la zona della pianura costiera vanta suoli più giovani, con un substrato litologico molto vario, dai suoli con caratteristiche  vertiche  a  suoli  idromorfi; nell’area dei terrazzi marini si dipartono diversi terrazzi di origine marina, che  si collegano con i sovrastanti rilievi collinari plio-pleistocenici, con una pedologia caratterizzata dalla  presenza  di  suoli  molto  evoluti, profondi, ben drenati o moderatamente ben drenati, rosso intenso (che deriva  dall’alto  contenuto  di  ferro  e dall’intensa alterazione  dei  ciottoli); poi c’è la Fossa bradanica che rappresenta buona parte delle colline materane, caratterizzati da superfici a morfologia variabile, con litologie sabbioso-conglomeratiche: i suoli costituiti da sedimenti  grossolani o da  sabbie,  presentano  tessiture  variabili  dalla  moderatamente grossolana in superficie alla sabbiosa  in  profondità.  Sono  molto calcarei e hanno permeabilità elevata.>>
Nonostante l’ampia presenza di vigneti a “pergola materana” (oggi probabilmente utile a rispondere al meglio ai cambiamenti climatici se gestita con l’acume e l’accortezza di chi richiede a questo sistema di allevamento di fare qualità e non “solo” quantità), gli impianti consentiti dalla Doc sono quelli a spalliera con prevalenza di Guyot e Cordone. Sono presenti ancora alcuni esempi di vigneti storici ad alberello, molto adatti al clima tendenzialmente arido di questa parte del Sud Italia.

Alla luce delle ultime degustazioni effettuate mi sento di asserire che è nel Greco e nel Primitivo che questo territorio vede i due dei traduttori più nitidi nonostante queste varietà prestino il fianco a comparazioni con areali fuori regione strettamente correlati alla loro produzione (mi riferisco al Greco di Tufo e ai primitivi pugliesi, ovviamente). Ecco perché molti produttori decidono di smarcarsi dalla comparazione autoctona puntano su interessanti interpretazioni delle varietà internazionali sia in purezza che in blend. Interessanti, ma più difficili da collocare in termini di percezione identitaria sono le espressioni di Matera Rosso che prevedono una base Sangiovese del 60% con 30% di Primitivo e un eventuale saldo di altri vitigni autorizzati in regione. Avere, inoltre, già in denominazione spumanti metodo classico può rappresentare una ulteriore prospettiva che, ad oggi, solo pochi produttori stanno considerando con buoni risultati. Da non sottovalutare il potenziale dei Rosati base Primitivo prodotti in questo areale, capaci di grande freschezza e sapidità.

Come capita per altri areali italiani la disponibilità di una così ampia base ampelografica in un territorio vasto e diversificato in termini pedologici e microclimatici, al netto delle interpretazioni della singola realtà, può essere uno svantaggio in quanto per chi si approccia da appassionato o addetto ai lavori alla Doc Matera può risultare complesso comprendere quali siano i vini più rappresentativi e quali quelli sui cui puntare di più in termini di definizione di un’identità di territorio. Svantaggio che può tradursi in un vantaggio se a queste difficoltà i produttori locali risponderanno puntando sull’unica cosa che non potranno mai togliere loro: il territorio.

E’ proprio in areali così caleidoscopici che si può dipingere un quadro territoriale ben definito e peculiare intingendo il pennello non nella polpa dei varietali ivi allevati, bensì nella terra in cui quelle viti affondano le proprie radici, ricordandosi di rispettare fedelmente anche il cielo sopra i vigneti e i vignaioli. 

Il futuro di questa denominazione dipenderà tutto dalla capacità che i produttori locali avranno di portare in bottiglia le singole zone dell’areale materano evidenziandone vocazione e unicità ma anche nell’enoturismo che deve necessariamente destagionalizzare l’incoming internazionale e nazionale in arrivo per visitare Matera, offrendo la possibilità di godere delle eccellenze enogastronomiche locali direttamente nelle cantine (molte già ben strutturate da questo punto di vista) attraverso percorsi di degustazione e tour nei vigneti. La creazione di una rete enoturistica tra realtà con visioni e obiettivi comuni non potrà che giovare. Alle esperienze in loco andrà abbinata, ovviamente, una maggiore e coesa esposizione del territorio e dei suoi vini al di fuori dei confini locali e regionali. Solo confrontandosi con realtà differenti a livello nazionale e internazionale i produttori dell’areale materano potranno far valere le proprie peculiarità, proiettando i propri vini sul piano di percezione che compete loro.

Io, da par mio, continuerò a seguire da vicino le evoluzioni di queste virtuose realtà che mostrano, di annata in annata, una sempre maggiore volontà di elevare la percezione di un territorio avendo Matera come biglietto da visita.

F.S.R.

#WineIsSharing

Lascia un commento

Blog at WordPress.com.

Up ↑

%d