Il mio ciclo di interviste alle eccellenze italiane della sommellerie, che operano nel nostro paese o all’estero, ci porta, oggi, in Cina e più precisamente a Shanghai. E’ qui che lavora Camilla Mora, giovane ma esperta donna di sala e di vino che ha deciso di portare la sua professionalità e la sua classe al New Wave by Da Vittorio, nato di recente all’interno del museo di arte contemporanea Ucca Edge di Shanghai.
Un’occasione importante per me, quella di confrontarmi con una persona che stimo profondamente e che può discernere lo stato dell’arte e le prospettive future del mondo del vino italiano in Cina.
Eccovi il botta e risposta tra me e Camilla Mora, classe ’96, head sommelier e manager del Ristorante New Wave by da Vittorio a Shangai:
– Com’è iniziata la tua carriera?
Tutto credo sia un po’ iniziato per “gioco”…
Avevo sedici anni quando decisi di intraprendere i miei studi all’alberghiero. Volevo viaggiare per vedere e conoscere quante più cose possibili. E, da gran amante del buon cibo, mi è sembrato un ottimo inizio.
Da qui si è poi sviluppata la mia curiosità legata a questo settore che mi ha portato in diversi luoghi, dai più rinomati e conosciuti ai meno.
Il vino è entrato a far parte della mia vita, perché sentivo che c’era una parte mancante nella mia conoscenza, quindi nella mia professionalità, e da quel momento mi si è aperto un mondo!
– Come mai hai scelto di vivere e lavorare in Cina?
Post pandemia mi sentivo troppo stretta in Italia. Ancora troppe limitazioni legate al nostro settore e ancora troppa poca fiducia nei giovani.
La Cina (ma soprattutto Shanghai) è un paese dalle mille occasioni e opportunità, che ahimè a casa non si hanno, nonostante non abbiano nulla da invidiare.
Non è stata sicuramente facile come scelta e neanche poi dovermi affrontare con questa nuova realtà ma, dopo un anno, mi sento di aver fatto la scelta giusta.

– Nel vostro ristorante in che percentuale è presente il vino italiano?
L’Italia ricopre un buon 80%. Sia come concept legato al target del ristorante, sia come mia “challenge” nel far conoscere piccole realtà praticamente sconosciute qui.
– La Pandemia ha destabilizzato molto la ristorazione e, quindi, il mercato del vino italiano in Cina, ma cos’è cambiato davvero?
A distanza di mesi dal post-lockdown, nelle ultime tre settimane il mercato si è ripreso molto velocemente. Le persone sono molto più aperte e disposte a spendere, nonostante più di 6 milioni siano fuggite dalla Cina.
Credo tutto stia piano piano ritornando alla “normalità”, o almeno, è quello che mi auguro.
Sta crescendo esponenzialmente il mercato del vino cinese anche se, per troppi, ancora troppo ‘nuovo’ e caro.
– Com’è la situazione della ristorazione nella vostra città in questo momento?
Shanghai, da buona metropoli internazionale, ha subito un crollo economico che però si sta riprendendo.

– Quali consigli daresti ai produttori italiani in relazione all’evoluzione del mercato del vino cinese?
Francamente non abbiamo nulla da invidiare. Sono rimasta stupita, però, dai progressi fatti e che costantemente stanno facendo. Stiamo comunque parlando di un paese che sta sviluppando un mercato che non si basa sulla tradizione. Il vino è ancora molto considerato “una bevanda per ricchi”.
– Quali sono, a tuo parere, le denominazioni italiane più richieste e apprezzate in Cina e, nello specifico, a Shanghai?
Sicuramente base Nebbiolo (quindi dai grandi Barolo e Barbaresco), a base Sangiovese (come Brunello di Montalcino), Amarone e, negli ultimi tempi, la Sicilia si sta facendo avanti (principalmente Etna).

– Hai mai pensato di tornare a lavorare in Italia?
Ora come ora, la mia vita la sento molto più concreta e determinata qui.
Certo, casa mi manca…
– Come percepisci la comunicazione del vino italiano ora che sei in Cina? Cosa vorresti cambiasse e cosa credi funzioni?
Abbiamo sicuramente un forte impatto sul mercato, nonostante ciò molti produttori non credo siano interessati a farsi conoscere e quindi tante chicche non sono reperibili. Mi è capitato di contattare personalmente alcune aziende e di ricevere due di picche in quanto non sembra essere un mercato che a loro interessi.
– Qual è l’incontro enoico che ha segnato di più la tua passione enoica e quali i vini che hanno cambiato il tuo punto di vista sul vino?
Purtroppo, con i miei ritmi ahimè non ho avuto molte possibilità di visitare personalmente le realtà che stimo o che ancora non conosco. Una delle visite che ricordo è stata sicuramente da Luigi Moio, a Mirabella d’Eclano 4/5 anni fa. Era periodo di vendemmia e lui, preso da mille impegni, mi ha ospitata con gran piacere andando ad assaggiare dal mosto appena pigiato a qualche annata precedente.
A Boca, da Le Piane, che ormai la sento come un riferimento di casa.
Da Enza La Fauci, posto mozzafiato con vini autentici e veri!
– Che consigli daresti ai/alle giovani italiani/e che vogliono fare il tuo lavoro?
Determinazione e passione, un po’ come nella vita.
Nulla di più…
Il bello di questo settore è il legame che si crea tra le persone, che va oltre un’etichetta o un bicchiere di vino.

Ringrazio Camilla per aver condiviso la sua esperienza in Cina e per il lavoro di divulgazione che sta facendo, giorno per giorno, in un paese in cui la conoscenza del vino italiano passa anche e soprattutto attraverso la ristorazione e figure professionali come lei.
F.S.R.
#WineIsSharing
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