Il Ciliegiolo – Il presente e la futuribilità di un vitigno versatile e disinvolto, fedele traduttore territoriale in Maremma e non solo!

Il Ciliegiolo e le sue potenzialità in Toscana (principalmente in Maremma), in Umbria (a Narni) e non solo! Un’uva capace di portare in bottiglia vini contemporanei e gastronomici, identitari e, talvolta, longevi.

Ho sempre sostenuto che la vinificazione in purezza come viatico primario dell’identità e, per qualcuno, di una qualità superiore rappresenti un’”invenzione” più o meno oculata e azzeccata (commercialmente sicuramente lo è stata) dell’enologia “moderna”. Sì, perché se è vero che molte varietà tipiche del nostro paese sono state valorizzate dalla possibilità di raccontarsi individualmente è altrettanto vero che i vigneti stessi ci raccontano di una storia molto differente riguardo l’identità territoriale di alcuni areali. Basti pensare agli uvaggi da vigna che ancora oggi persistono e resistono (fortunatamente) in alcuni areali del Bel Paese, come l’Etna, il Collio (in particolare il Collio Bianco) e, ovviamente, il Chianti. E’ proprio quest’ultimo e la “tradizione” vitivinicola toscana in generale, che hanno fatto riflettere su quanto il concetto di purezza sia risultato, talvolta, poco connesso con il territorio e più vicino a un mero esercizio di stile, ergo a una forzatura per alcune varietà, considerate “gregarie” del Sangiovese.

Eppure, ce n’è una in particolare che sta dimostrando, negli ultimi anni, un’attitudine straordinaria nel mostrarsi per ciò che è senza intromissione alcuna e senza supporto di alcun compagno di viaggio: il Ciliegiolo.

Perché penso sia una delle poche varietà considerate “gregarie” o, per meglio dire, “complementari” a poter aspirare a una carriera da solista* di tutto rispetto? Le motivazioni sono molteplici:

  • tra le varietà contemplate nell’”uvaggio classico toscano” (e per uvaggio parlo di cofermentazione) il Ciliegiolo è quella con il ciclo vegetativo più breve, quindi quella più sensata da estrapolare, nonostante il gap con il Sangiovese, in termini di epoca vendemmiale, si sia ridotto negli ultimi anni e nonostante si tenda – a volte a ragion veduta – a pensare che sia proprio l’asincronia tra le maturazioni a rendere interessante la compensazione complementare delle varietà utilizzate negli uvaggi “tradizionali”;
  • vanta una buona resistenza alle fitopatologie e agli stress idrici e, specie in alcuni areali in cui si è stanziato con una buona massa critica di vigneto, ha dimostrato un notevole adattamento agli esiti dei cambiamenti climatici in atto. Il Ciliegiolo, infatti, teme il caldo meno di altre varietà e resiste alla siccità meglio del sangiovese. Non ama le piogge eccessive perché l’acino tende a gonfiarsi troppo. Il ciclo vegetativo è più corto, ma in termini di germogliamento vanta un’epoca di qualche giorno più tardiva di quella del Sangiovese, cosa che lo mette, spesso, al riparo dalle sempre più frequenti gelate tardive. Non avendo una dotazione tannica importante (ha un contenuto medio-alto di antocianine che conferiscono colore ma medio di tannini), permette una raccolta in linea con una buona congruenza fra maturazione tecnologica e fenolica, senza dover protrarre la raccolta come accade per varietà medio-tardive o tardive che tendono ad avere una sempre più ampia asincronia fra le maturazioni.
  • Ha una spiccata identità data, in particolare, dalla componente aromatica. La dotazione di monoterpeni e norisoprenoidi è bilanciata, con presenza di sesquiterpeni (Rotundone) probabile – vista la sua speziatura naturale -, seppur fortemente dipendente dal pedoclima e dalla gestione agronomica in termini di espressività. Nonostante questa forte riconoscibilità varietale si sta dimostrando un attendibile traduttore delle singolarità territoriali, lasciandosi declinare in maniera plastica in base ai diversi pedoclimi e alle differenti interpretazioni stilistiche dei produttori. Un profilo ulteriormente giustificato dagli ultimi esami del DNA che sembrano aver confutato del tutto l’analogia fra Ciliegiolo e Aglianicone (tesi sostenuta da molti negli ultimi anni), attribuendo al Sangiovese e al Moscato Violetto la paternità del vitigno.
  • Vanta già una buona diffusione a livello nazionale. Viene coltivato in Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Liguria e, in modo minoritario, in altre zone d’Italia. La maggiore diffusione del Ciliegiolo è comunque in Toscana, dove si contano ca 523 ettari, quasi il 60% dei quali sono concentrati in provincia di Grosseto dove danno vita a numerose etichette della DOC Maremma Toscana Ciliegiolo. Aspetto determinante per far sì che il vitigno e il vino da esso prodotto venga conosciuto e riconosciuto a livello nazionale e non solo.
  • Essendo una varietà molto produttiva (terreni e cloni/biotipi/ecotipi incidono molto da questo punto di vista, ma possiamo contemplare il Ciliegiolo fra i vitigni “generosi”) permette al viticoltore di regolarne la produzione (preferisce potature lunghe, data l’infertilità delle gemme basali) in base all’annata e all’obiettivo enologico senza forzature. Questa possibilità, oggi, diviene un plus nella gestione degli equilibri vegetoproduttivi della pianta, analitici dell’uva e gustativi del vino prodotto.
  • Sono disponibili in registro 9 cloni certificati con caratteristiche differenti, utili a favorirne l’adattamento in con lievi diversità in termini di micro-clima e con obiettivi di vigna e di cantina non necessariamente omogenei. Va detto, però, che molti degli impianti che danno vita ai Ciliegiolo, oggi, di riferimento, sono frutto di “vecchie” genetiche locali dalle quali vengono eseguite, spesso, selezioni massali sia per ripristinare le eventuali fallanze che per la propagazione in nuovi impianti.
  • E’ un vitigno plastico che si presta a diverse interpretazioni, ma personalmente sono due le anime del Ciliegiolo che trovo più centrate: Una che lo vede calzare in maniera spontanea e disinvolta i panni del vino quotidiano/agile ma non facile, capace di esprimere le proprie peculiarità in maniera schietta, diretta e senza necessità di particolari incidenze di legno e tempo; L’altra che gli permette di esprimersi a livelli superiori come vino fortemente identitario in termini varietali e capace di tradurre il territorio con riconoscibile afferenza territoriale. Se tecnicamente orientato alla longevità e all’eleganza può e sa stupire in evoluzione, senza perdere la connessione alla propria identità.

Le due “anime” del Ciliegiolo

Queste due “versioni” tratte dalla stessa varietà possono permettere al Ciliegiolo di ritagliarsi uno spazio di prim’ordine tra i vini che amo definire “contemporanei”, in cui eleganza, territorialità, dinamica di beva e profondità gustativa vengono espresse senza forzature di sorta. Non mi meraviglierei (anzi, lo auspico!), infatti, se un sempre più nutrito numero di produttori iniziasse a produrre un Ciliegiolo “fresco” senza particolari affinamenti, che potremmo definire – come già accade per molte denominazioni – “classico”, e un Ciliegiolo, non necessariamente affinato in legno o più evoluto, ma che mostri una maggiore attitudine alla complessità e aneli all’eleganza, che preferirei assumesse le sembianze di una “selezione” (sia essa di vigna, di uve o di “cantina/botte”) e non di una “riserva”.

*Ci tengo a precisare che le motivazioni che ne giustificano la produzione in purezza non sono “esclusive”, in quanto credo fortemente nella possibilità di mantenere, parallelamente, il Ciliegiolo come varietà complementare e caratterizzante all’interno di uvaggi (sarebbe bello vedere impiantare ex-novo vigneti commisti con la consapevolezza agronomica odierna) e vinaggi siano essi “classici” o “contemporanei”. Va da sè che l’emancipazione della varietà dal compendio varietale “tradizionale” può e deve fungere da volano per la valorizzazione del vitigno stesso nonché da traino per territori che nel Ciliegiolo potrebbero trovare un fedele alleato nel veicolare la propria identità.

Indagare i territori attraverso il Ciliegiolo come traduttore delle singole identità zonali

Di recente ho avuto l’opportunità di condurre una degustazione orientata a discernere le peculiarità del Ciliegiolo e la sua capacità di tradurre diversi micro-areali e l’ho fatto in occasione della prima edizione dell’evento “Ciliegiolo di Maremma e d’Italia”, manifestazione nata dalla sinergia tra il Consorzio di Tutela Vini della Maremma Toscana, Ciliegiolo Academy, Ciliegiolo d’Italia e FISAR Delegazione Colline Maremmane. Erano presenti alla manifestazione i vini di produttori di Maremma e di altre zone della Toscana e d’Italia, a partire da Umbria, Marche, Lazio e Liguria. Presenti 42 aziende con i loro 68 Ciliegioli in purezza. Nella mia masterclass, però, mi sono focalizzato sulla Maremma e le sue ideali “sottozone” con 3 ospiti da altri areali a completare la batteria dei 10 vini degustati e, soprattutto, a rendere ancor più interessante una dissertazione che ha toccato temi quali la genetica della varietà, la predisposizione aromatica grazie ai precursori della quale è naturalmente dotato il Ciliegiolo, la resistenza e l’adattamento zonale ai cambiamenti climatici, le differenti esposizioni organolettiche in base alle singole pedologie, ai particolari microclimi.

Nello specifico, è stato importante prendere in esame le diverse zone in cui il Ciliegiolo viene prodotto in Maremma in quanto è proprio in queste terre che la varietà palese la sua percettibile attitudine a tradurne le singolarità:

carta suoli maremma sottozone

Area Nord-Colline Metallifere – Siamo più a nord (nord-ovest) e la pedologia è composta principalmente da rocce sedimentari e rocce magmatiche con grande presenza di minerali quali ferro, rame, piombo, zinco e giacimenti di gesso. Le vigne sono, generalmente, ad altitudine superiore, ergo dovremmo aspettarci un’attitudine maggiore ai canoni odierni di freschezza e agilità, con la grande disponibilità di minerali presente nel terreno a conferire sapore e persistenza saporita ai vini. L’eleganza e la longevità dipenderanno molto dalla stilistica interpretativa.

Fascia costiera – La fascia costiera della Maremma è protetta, da rilievi a nord-est e vanta un clima mite d’inverno e secco d’estate. La raccolta sempre più anticipata del Ciliegiolo permette di godere solo in parte dell’aumento dell’escursione termica che arriva al volgere dell’estate con notti sempre più fresche, capaci di agevolare l’accumulo di precursori aromatici e di fissare i profumi. Da quest’area ci si aspetta luminosità, frutto giustamente maturo e spettro floreale ben percettibile nelle annate più fresche ed equilibrate, in cui la raccolta non viene anticipata troppo. Buon equilibrio fra materia e acidità. Spiccata sapidità che tende all’umami con maturazioni più pronunciate e maggior evoluzione.

Colline dell’interno tra Ombrone e Fiora – Maggior struttura, toni scuri, tonicità e speziatura. Forza e concretezza materica con buon nerbo acido e tannico. Vini più profondi e di buona persistenza ematica. Con il tempo acquistano in complessità balsamica. Dando per assunto che questa vasta area potrebbe essere ulteriormente suddivisa prendendo come riferimento i le “rive gauche e rive droite” del fiume Albegna, le colline dell’entroterra rappresentano l’area più sfaccettata dal punto di vista pedologico e la distanza dal mare incide particolarmente sul mesoclima generale e sui microclimi degli specifici vigneti.

Area amiatina – Siamo a nord-est, ai piedi del Monte Amiata, il più grande vulcano spento della Toscana (oltre 1300m di altezza). In quest’area i terreni vulcanici sono ad altitudini importanti mentre la maggior parte dei vigneti può contare sui suoli argillosi-calcarei, molto vocati alla viticoltura del Sangiovese e di suo “figlio” il Ciliegiolo. Da questa zona possiamo aspettarci vini vividi, di buona freschezza di frutto e di fiore, che non mancano di componente materica ma non eccedono in potenza, con accenni ematici sin dal primo naso. Vini in cui la struttura è coesa all’acidità sostenuta (in particolare nelle lenti calcaree). Tannini ben definiti e finali saporiti.

Area del Tufo – Siamo nell’area in cui ricadono alcune delle più suggestive e vocate terre della Maremma tutta: Pitigliano, Sorano e Sovana sono considerati i “borghi del tufo”, e fanno parte di un’area molto estesa, lungo le colline del Fiora nella Maremma sud orientale. In quest’area troviamo terreni tufacei dai quali possiamo desumere vini di rara finezza minerale, frutto, fiore e spezia in armonia. Buona matrice strutturale, con acidità ben integrata. Lunghi, ematici e longevi. Terre in cui il Ciliegiolo si sta dimostrando in grado di esprimersi con eleganza prospettica.

Prendendo in esame queste aree e utilizzando il Ciliegiolo come traduttore delle diverse peculiarità pedoclimatiche zonali il braccio di ferro fra imprinting territoriale e obiettivo stilistico-enologico aziendale si è dimostrato essere determinante ai fini dell’indagine.

Ecco i vini che ho selezionato per la degustazione e che hanno permesso a me e, confido, a tutti i presenti (media e produttori) di approfondire le dinamiche interpretative ed espressive del Ciliegiolo:

Az. Agr. Le Vigne – Maremma Toscana Doc Ciliegiolo 2021: Montenero d’Orcia – Area Amiatina, a 330m slm, su terreno argilloso, molto ricco di calcare. Vinificato e affinato in solo inox. Un vino che mostra l’impeto del frutto del Ciliegiolo mantenendo integra la florealità ed enfatizzando la classica speziatura naturale della varietà grazie a un’interpretazione votata alla schiettezza, priva di eccessi e/o di orpelli di sorta. Non manca di corpo ed è teso da un netto nerbo acido. Tannini fitti e finale ematico.

Terre dell’Etruria – Maremma Toscana Doc Ciliegiolo “Briglia” 2021: da un unico vigneto (vigna vecchia), nelle colline tra Ombrone e Albegna, in zona Montiano di fronte ai Monti dell’Uccellina e al mare del Parco della Maremma, a ca. 200m slm, su terreno argilloso e calcareo. Anche in questo caso l’accezione più spigliata e dinamica, solo in acciaio, permette una percezione più diretta e diretta della varietà e dell’identità di questa parte di Maremma, capaci di esprimersi in maniera complementare e non sovrapposta, con frutto croccante, fiore fresco e speziatura ben integrata. Agile e ritmato il sorso, con tannini ben delineati e un finale lungamente saporito.

Tenuta Montauto – Maremma Toscana Doc Ciliegiolo “Silio” 2021: da vigne a Manciano, nelle Colline fra Albegna e Fiora, nella zona Sud, a 10km dal mare. Un vigneto relativamente giovane (10-15 anni), nell’entroterra maremmano a 200m slm, con terreno sciolto argilloso ricco di scheletro, dotato di una buona disponibilità di quarzo. Inox macerazione breve, affinato per un 20% della massa in barrique e il restante 80% in inox per 10 mesi. Ne deriva un Ciliegiolo più scuro e profondo al naso, con note di frutti di bosco, prugna e viola e cacao. Toni balsamici e spezia dolce e piccante che fondono. Bocca di buona materia, che non manca di tensione e slancio. Tannini ancora in divenire, come di confà a un vino buono oggi ma in grado di evolvere al meglio in bottiglia di qui a pochi mesi. Chiusura tra ferro e sale.

Antonio Camillo – Toscana Igt Ciliegiolo “Vallerana Alta” 2020: dal Vigneto in loc. Vallerana Alta nel comune di Capalbio, Colline tra Albegna e Fiora. Insieme al Ciliegiolo di Montauto è quello più a sud, ma su terreni diversi rispetto al precedente. Siamo a 350 mt slm, su suoli argillosi, ricoperti di ghiaia rossa. La vinificazione avviene in cemento con 30gg di macerazione e affinamento 12 mesi botti da 20hl e da 6hl. Intensa e suadente l’apertura del frutto, con rosa e pepe a completare il corredo olfattivo. Ingresso ampio ma capace di distendersi con grande disinvoltura. Buon bilanciamento fra la struttura non eccessiva e la buona acidità. Trama tannica soft e finale fortemente ematico.

Rascioni & Cecconello – Toscana Igt “Poggio Ciliegio” 2020: siamo San Donato (Orbetello), nelle Colline tra Ombrone e Albegna. E’ il più vicino al mare fra i vini in degustazione e le vecchie viti dalle quali proviene affondano le proprie radici in un terreno di medio impasto con forte percentuale di scheletro. Macera 25gg in cemento, per poi affinare 15 mesi in barrique e 12 mesi in bottiglia. Il vigneto del ’73 è stato impiantato con materiale della zona selezionato dall’Università di Pisa. Il primo vero Ciliegiolo in purezza (fortemente voluto dall’enologo Attilio Pagli) che ha segnato le sorti di questa varietà e di una realtà che ha trovato in questo vino il picco espressivo dei propri vigneti sia in termini di esposizione di frutto, scuro, pieno, maturo ma sempre rinfrescato da folate balsamiche e intrigante speziatura, sia in termini di longevità, in quanto è tutt’ora un benchmark quando si parla di potenziale evolutivo del Ciliegiolo. In questo caso il sorso è integro, concreto, materico ma non opulento. L’incedere è sicuro, fiero e dotato di buon affondo saporito. Tannini fitti e ben definiti.

Sassotondo – Maremma Toscana Doc Ciliegiolo “Sanlorenzo” 2019: prodotto dalla storico (anni ’60) e suggestivo vigneto che guarda a Pitigliano, nell’Area del Tufo, su terreno subacido tufaceo di medio impasto. La macerazione è ponderata in base all’annata e generalmente va dai 15 ai 20gg, in inox. Affina per 18 mesi in botti di rovere di slavonia da 10hl e 12 mesi in bottiglia, in condizioni ottimali nelle cantine dell’azienda. Complessità e finezza, armonia ed eleganza per un vino che ha elevato la percezione del Ciliegiolo in Maremma, in Toscana e in Italia e che sta raccontando una terra e una varietà in maniera comprensibile e apprezzabile, seppur complessa e sfaccettata, anche all’estero. Integro, agile ed ematico. Tannini cesellati e notevole lunghezza.

Valdonica – Matemma Toscana Doc Ciliegiolo “Vigna Rigualdo” 2019 – dai vigneti (clone Peccioli 21) a Sassofortino, nell’area della Colline Metallifere a ca. 500m slm, su terreni vulcanici che fanno capo al vulcano spento Sassoforte. Macerazione a chicco intero per 4-5 settimane, 20 mesi in tonneau (nuovi e secondo passaggio) poi 6 mesi in inox. Di tutta la batteria è, sicuramente, l’assaggio più inatteso, una sorta di sano cortocircuito in cui la possibilità di spingersi oltre con la raccolta e la volontà di mostrare quanto i vini di questa zona – e in particolare il Ciliegiolo – possano osare in termini di affinamento e matericità, spostano lo spettro organolettico verso note evolutive, complessità e struttura, piuttosto che sull’agilità e la freschezza. Un vino scuro, profondo e umami.

E’ giunto il momento dei tre ospiti:

Vini Gagliardi – Marche Igt “Ceresi” 2021: dalle mie Marche, nell’areale del Verdicchio di Matelica, a 480m slm, la storica azienda Gagliardi alleva e preserva con dedizione mezzo ettaro di Ciliegiolo (anni ’70). Il terreno è a medio impasto tendente al sabbioso. Il vino fa 12 giorni di macerazione e 1 anno di cemento, per poi riposare 2 mesi bottiglia prima dell’immissione sul mercato. Un vino che palesa sin dal primo naso l’obiettivo del produttore che vuole permettere alla gioiosa e generosa espressività di frutto, di fiore e di spezia del Ciliegiolo di emergere senza compromesso alcuno. Fresco ma di polpa, agile ma non esile, trama tannica per nulla aggressiva e finale saporito. Un vino che invoglia alla beva senza essere banale.

Bussoletti – Umbria Igt Ciliegiolo di Narni “Ràmici” 2020: siamo a Narni, terra d’elezione del Ciliegiolo in Umbria sulla quale mi riprometto di pubblicare un approfondito focus nei prossimi mesi. Il vigneto del Ràmici di Leonardo Bussoletti, alfiere del Ciliegiolo di Narni, si trova a 190m slm, a 150 mt dalle sponde del Tevere, su terreno sabbioso. Le viti hanno mediamente 45 anni di età e sono allevate a doppio cordone speronato con una resa molto bassa. Fermentazione di una decina di giorni e affinamento dapprima in tonneau, per 12 mesi, e poi in botte grande da 25hl per altri 12 mesi. Riposa qualche mese in bottiglia prima della commercializzazione. E’ un vino che a leggere la scheda tecnica potrebbe sembrare frutto di un eccesso di zelo, ma che, in realtà, rappresenta a pieno la sensibilità interpretativa del produttore che riesce a portare nel calice un frutto ancora fresco accompagnato dalla florealità che ci si aspetta dalle sabbie, il tutto abbracciato da tonalità speziate e di erbe aromatiche, a tratti balsamiche. Bilanciato il sorso, che gode di un buon allungo e una linea tannica dal tratto fine e dal finale salino.

Fattoria Fibbiano – Toscana Igt Ciliegiolo 2019: siamo a Terricciola, nell’areale delle Terre di Pisa. E’ qui che la Fattoria Fibbiano ha voluto ripropagare il Ciliegiolo ritrovato nella vecchia vigna del Ceppatella, vera e propria banca genetica, in cui molte sono i biotipi di varietà tipiche della zona ritrovati, selezionati e reimpiantati dall’azienda. Il vigneto del Ciliegiolo è a 200m slm, su un terreno di medio impasto ricco di scheletro e di fossili marini. Ca. 10 giorni di macerazione, 4 mesi in vasche di cemento, poi botte grande per 12 mesi e tanta bottiglia prima di finire sul mercato. Come tutti i vini di questa realtà e di queste terre anche il Ciliegiolo dimostra di necessitare di più tempo per esprimersi al meglio ma quando riesce a trovare il suo equilibrio, come in questa 2019, tutto è appare al posto giusto, dal frutto al fiore, dalle note mediterranee a quelle sanguigne, dalla struttura equilibrata all’acidità ben integrata, dalla trama tannica succosa al finale salino. Un vino che mostra forza ed eleganza, fierezza e portamento.

Se alle mie Marche e alle Terre di Pisa ho già dedicato molta attenzione (seppur non specificatamente trattando di Ciliegiolo) questa manifestazione non può che stimolare un’ulteriore futuro approfondimento sull’areale in cui è nata, 2014, l’Associazione Produttori di Ciliegiolo di Narni, con l’obiettivo di valorizzare il Ciliegiolo in un territorio in cui sembra essere presente sin dal Medioevo. Sarà mia premura strutturare un focus che permetta ai produttori locali di mettere in luce non solo lo stato dell’arte della produzione odierna ma anche e soprattutto le prospettive future di una zona che ha messo al centro del proprio progetto di vigna e di vino il Ciliegiolo.

Le cantine partecipanti alla prima edizione dell’evento “Ciliegiolo di Maremma e d’Italia”

Molti sono stati, poi, gli assaggi fatti nella giornata di domenica in cui erano disponibili tutti i 68 vini delle 42 aziende (più un’interessante sessione dedicata alla verticali di una selezione delle realtà partecipanti), confermando una crescita delle due zone di riferimento Maremma e Narni, con alcune interessanti chicche da terre “meno” note per la produzione di Ciliegiolo. Ecco l’elenco delle aziende che hanno aderito a questa prima edizione di “Ciliegiolo di Maremma e d’Italia”.

1 Cantina LaSelva
2 I Cavallini
3 Tenuta Aquilaia
4 Alberto Motta
5 Valdonica
6 Cantina “I Vini di Maremma” S.A.C.
7 Val delle Rose
8 Cantina Vignaioli di Scansano
9 Val di Toro
10 Tenuta Roccaccia
11 Rascioni & Cecconello
12 Tenuta Montauto
13 Cantina di Pitigliano
14 La Mozza
15 Le Rogaie
16 Sequerciani
17 Terre dell’Etruria
18 Montenero
19 Podere Poggio Bestiale
20 Antonio Camillo
21 Santa Lucia
22 Poggioargentiera
23 Le Vigne
24 Tenuta Agostinetto
25 Mambrini Viticoltori
26 Sassotondo
27 Erik Banti
28 Fattoria Mantellassi
29 Tenuta Fabbrucciano
30 Azienda Agricola Pino Gino
31 Mastrojanni
32 Leonardo Bussoletti
33 Fontesecca
34 Cantina Sandonna
35 Cantina Giovannini
36 Tenuta Cavalier Mazzocchi 1919
37 Piazzano
38 Piancornello
39 Gagliardi
40 Fattoria Fibbiano
41 Azienda Agricola Ruffo della Scaletta
42 Terre d’Aquesia

Il Ciliegiolo – Vitigno e vino futuribili!

La speranza è quella di ritrovarsi di anno in anno con un numero sempre maggiore di cantine che credono nel Ciliegiolo e nella sua capacità di incontrare un gusto contemporaneo senza dover scendere a compromessi e, soprattutto, mantenendo salda la propria identità, da declinare di territorio in territorio mostrandone sfumature sempre differenti e sempre più interessanti. Io, da par mio, continuerò a dedicare costante attenzione alle evoluzioni del Ciliegiolo nelle terre che si stanno dimostrando più fiduciose nei riguardi di questa varietà e in quelle che potrebbero scoprirne o riscoprirne le qualità. Credo che in un momento enoico in cui si richiede al vino, in maniera trasversale, di mostrare identità e versatilità, dinamica di beva ed eleganza, il Ciliegiolo abbia molte carte da giocarsi, grazie alla rinnovata consapevolezza di chi il vino lo fa e alla sua capacità di reggere bene – almeno per ora – gli esiti dei cambiamenti climatici in atto.

F.S.R.

#WineIsSharing

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