Il Buono, il Cattivo ed il Brutto dei Vini Biologici, Biodinamici, Organici, Artigianali e Convenzionali

Oggi vorrei togliermi un piccolo sassolino dalla scarpa, parlandovi i maniera del tutto “leggera” di un tema che richiederebbe un grande approfondimento, nonostante se ne parli da anni in ogni sede ed in ogni modo: Vini “naturali”, “organici”, biologici, “biodinamici”, “artigianali” VS Vini  “convenzionali.”
 Lo faccio passando per il racconto di una delle degustazioni “guidate” (forse un po’ troppo) del Vinitaly 2015.



“Il Buono, il Cattivo ed il Brutto dei Vini Artigianali”
 “The Good, the Bad and the Ugly of Artisanal Wines”
Organizzato da: Vinitaly International Academy 

Cosa vuole dire essere artigianale nel mondo del vino? Può una grande azienda essere artigianale? E i vini non biologici possono essere anch’essi artigianali?


Queste erano le tematiche del dibattito conclusosi con la degustazione di 8 Vini, 4 bianchi e 4 rossi molto eterogenei, scelti in maniera “provocatoria”, per rimarcare le incognite legate alla terminologia ed alle certificazioni che ruotano intorno al Vino “naturale ed artigianale”. 
Una degustazione di Vini artigianali che inizia con Dinavolo, passa per Domaine Huet e termina con Biondi Santi non può che essere provocatoria, ma è stata sicuramente una scelta oculata e molto interessante, col senno di poi e valutando le dinamiche che ha scatenato fra i vari relatori, che, capitanati da Stevie Kim Managing Director di Vinitaly International erano i seguenti:


Pedro Ballesteros Torres MW, copresidente della giuria per il Decanter WWA;


Costantino Charrère – proprietario di Les Cretes e ex presidente FIVI (Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti).


Monty Waldin, Decanter – Monty è autore di oltre 10 libri sull’agricoltura e la viticoltura biodinamica ed è uno dei massimi esperti di “Organic Wines” al mondo, nonostante la sua giovane età;


Robert Joseph –  scrittore ed esperto di vino. Fondatore di Wine International Magazine e del London International Wine Challenge. Istrionico, ma molto pungente nelle sue disamine,  Joseph è un punto di riferimento per il giornalismo sul Vino;


Ian D’Agata – Scientific Advisor di Vinitaly International e Scientific Director della Vinitaly International Academy. Ian non ha bisogno di presentazioni e resta sempre un ottimo mediatore fra le parti.
Evitando di dilungarmi troppo nella disquisizione potenziamente eterna riguardo i significati di Vino Biologico, Vino Biodinamico, Vino Naturale, Vino Organico e Vino Artigianale…ah dimenticavo…e Vino convenzionale (ovvero tutti gli altri), ciò su cui volevo porre l’attenzione è il risultato del dibattito estrapolando volutamente, ma a ragion veduta,  i punti chiave emerse dall’accesa dialettica creatasi fra i relatori intorno al tema, in modo da lasciare a voi le valutazioni del caso.
Certificazioni Bio: la certificazione per quanto concerne l’agricoltura Biologica è valida per tutta l’UE ed è ben differente da quella, ad esempio, vigente negli USA. Inoltre, paesi come la Cina non riconoscono questo tipo di certificazioni.
Biodinamico: non esiste alcuna certificazione, che non sia fornita da enti privati (capite da soli ciò che questo possa significare) che attesti che un prodotto, o ancor più un Vino sia biodinamico o meno. Questo non vuol dire che non esistano dei produttori che seguano in maniera attenta e ponderata i principi della disciplina agricola di Rudolf Steiner, ma solo che non si può, ancora, essere certi al 100% che ciò avvenga. “O paghi le royalties a Demeter, oppure non puoi informare il pubblico del fatto che fai biodinamica. Alla faccia della realtà, del diritto all’informazione, della giustizia europea e dell’eredità spirituale di Steiner.” (Cit.  Sebastiano Cossia Castiglioni – Querciabella – Fonte Intravino).
Vino Naturale: anche in questo caso non esiste alcuna certificazione in Europa che giustifichi l’utilizzo della parola “Naturale” come sinonimo di un procedimento particolare di produzione, ma rappresenta comunque in maniera indipendente ed indicativa un’idea di lavoro in vigna ed in Cantina più rispettoso della naturalità del prodotto (no fitofarmaci, no lieviti inoculati, no solfiti ecc…). 
Vino Artigianale: tutto il Vino che viene prodotto seguendo i dettami della tradizione e senza procedimenti ti tipo industriale, oltre all’assenza di solfiti (se non quelli naturali, prodotti durante la vinificazione).  Su questo una domanda me la pongo…ma non è un procedimento industriale anche solo l’imbottigliamento tramite appositi macchinari? Le etichette vanno messe rigorosamente a mano, altrimenti il Vino ne perde di artigianalità? Non sarà ora di certificare in modo serio anche questo tipo di Vini, che probabilmente sono quelli prodotti da chi bada meno al mercato e più ad una reale ricerca del Vino Vero?


Riflessioni
I relatori in sala si sono sin da subito suddivisi in due fazioni ben distinte, una PRO (Monty Waldin e Costantino Charrère) l’altra CONTRO (Pedro Ballesteros Torres e Robert Joseph). Sia chiaro, le loro posizioni erano molto oggettive e non erano volte a appoggiare in assoluto la categoria dei Vini “BIO” da un lato o a denigrarli dall’altro, ma diciamo che gli animi si sono scaldati intorno a due micro-temi principali:
Solforosa: ciò che è scaturito dal dibattito (e che molti di noi possono confermare anche in Italia) è che non necessariamente, a causa dei tollerantissimi limiti imposti dalla legge comunitaria, il produttore Bio utilizzi meno Solforosa del produttore convenzionale, anzi in molti casi è il contrario. Inoltre Ian d’Agata ha presentato un breve studio sulla solforosa e sul fatto che sia una sostanza già presente nel nostro organismo e di quanto possa avere, se usata in modo responsabile, benefici sulla qualità del Vino a breve e lungo termine (stabilizzazione e longevità possono dipendere da essa). Ovviamente si può produrre anche senza l’utilizzo di solfiti e ben vengano Vini davvero “free” da questo punto di vista, ma l’importante è che a questa scelta corrispondano pratiche agricole e produttive che permettano un risultato di qualità;
Caratteristiche organolettiche: il problema comune dei bianchi, in particolare degli orange wines prodotti con metodo sbagliato (ovvero trattandoli da Bianco, invece che, come Georgia insegna, da Rosso) rappresentano un Vino difettoso a priori, in quanto si tende a standardizzare i profumi ed i sapori, con note citrine che pervadono qualsiasi altra componente. Molto strano ed esplicativo è stato il momento in cui i relatori hanno assaggiato uno dei Vini in batteria (non dico quale per rispetto del produttore) e da una parte Waldin l’ha trovato semplicemente perfetto, dall’altra Robert, Ian e Pedro l’hanno distrutto totalmente dichiarandolo un “non Vino”, in quanto non assimilabile al Vino come da loro inteso. Questo dimostra due cose, a mio parere, ovvero la completa soggettività che è giusto che esista in merito alla piacevolezza dei Vini “non convenzionali”, ma anche una forte diatriba ancora in atto fra due branche che dovrebbero essere semplicemente due sottinsiemi dello stesso grande insieme VINO, ma che sempre di più appaiono due insieme opposti e radicalmente differenti.
Ciò che io, ho personalmente evinto da questa degustazione e, più che altro dal dibattito intorno ad essa, è la seguente valutazione:
Il Vino è uno dei prodotti del team working  “Uomo-Natura” più antichi, che l’approccio ad esso sia il più naturale possibile e che venga meno l’utilizzo di prodotti davvero dannosi, come i fitofarmaci e concimi chimici, già sostituiti in gran parte dal ritorno al “verderame”, dal sovescio e dalla lotta integrata e la confusione sessuale,  credo sia auspicabile da tutti e  non sarebbe male che diventasse un obbligo quanto prima. D’altra parte, però, l’utilizzo di termini in maniera impropria, le dinamiche politico-commerciali che si stanno manifestando dietro vere e proprie multinazionali come Demeter (con tutto il rispetto), fanno, creano a mio parere solo molta confusione nel consumatore. Mi chiedo, quindi…il produttore deve produrre pensando solo al raggiungimento di un obiettivo ideologico (ben venga, sia chiaro) o anche e soprattutto al consumatore ed alla sua capacità di discernere fra un prodotto e l’altro, per poi scegliere liberamente? O ancora… non rischiamo che ci sia un abuso ed un utilizzo meramente commerciale e modaiolo di una certificazione lacunosa e blanda come quella Biologica?

Mentre pongo queste domande a Voi, in realtà le sto ponendo a me stesso, perché l’unica certezza che ho è che per quanto io sia sempre alla ricerca di produttori che rispettino il più possibile l’artigianalità del Vino ed ancor più l’ecosistema, per quanto a me personalmente piacciano le produzioni di nicchia e mi affascini anche solo poter dire “cavolo… hanno prodotto solo 500 bottiglie di questo Vino e qualcuna ne ho io…” in realtà questi non possono essere valori in base ai quali valutare la qualità intrinseca di una Cantina ed ancor più di un Vino specifico.  Questo perché non è detto che il micro-produttore faccia necessariamente ottimi Vini, tanto meno che il grande produttore (vedi Biondi Santi) faccia Vini “industriali” e quindi non degni di nota, lo stesso vale per chi produce con certificazione Biologica e chi non ha voluto, magari, per principio certificarsi, ma adotta, a volte, persino più accortezze del produttore Biologico sia in Vigna che in Cantina.
Poi che ci siano macro-produzioni che non tolleri e che nella mia personale esperienza il range produttivo che va dalle 15.000 alle 300.000 (ventaglio molto ampio), mi abbia garantito maggior qualità ed affidabilità in molti sensi, su questo non ci piove!


Dirò una scontatezza per molti di Voi, ma ciò che penso in fin dei conti è semplicemente che il Vino deve necessariamente essere Buono, privo di difetti (non parlo di imperfezioni, che adoro, ma di veri e propri difetti come Brett & Co) ed un difetto non può diventare un “plus”, mascherandolo dietro ad un procedimento più naturale o al non utilizzo di solfiti, ma allo stesso tempo il Vino deve piacermi e non dovrebbe provocare “danni” né a breve né a lungo termine a me ed all’ecosistema.
Per essere un po’ più pragmatici e diretti, quindi, se prendiamo due Vini prodotti con lo stesso vitigno o uvaggio, nella stessa zona (terroir simili), a parità di costo e di beva, se posso scegliere un Vino più “green” lo faccio molto volentieri, ma questo non può essere un fattore discriminante in ambo i sensi. 
Io bevo Vino nella speranza che mi dia emozioni uniche e sincere, la cosa che mi permetto di consigliare a tutti è di non badare solo ad un’etichetta o ad un “logo” di una certificazione, ma di andare nelle Cantine, conoscere chi quel Vino lo produce, sia esso biologico, biodinamico o convenzionale e decidere tramite ciò che vedrete, tramite ciò che sentirete e che proverete, quale sia il Vino giusto per voi!


Dimenticavo i Vini in degustazione erano i seguenti: 
Bianchi: Denavolo – Dinavolino 2013, Domaine de L’Ecu – Muscadet de Sévre et Maine Granite 2013,Domaine Huet –  Vouvray Sec Le Mont 2009, Sabre – Meursault Sous la Velle 2009;
Rossi: Braida – Grignolino d’Asti 2013, Trinchero – Grignolino d’Asti 2013, Bobinet – Saumur Champigny Hamann 2010, Biondi Santi – Brunello di Montalcino 2009;

N.B.: Strano come il bianco fosse stato scelto appositamente fra quelli “sbagliati” – per i “BAD” – all’origine (vinificato in bianco, ma considerato un orange wine) e ci fossero due Vini (tra quelli più “naturali”) uno brettato e l’altro preossidato in maniera evidente…bah… scelta un po’ di parte? Non sarebbe stato meglio servire solo Vini senza difetti manifesti, per avere un quadro equo e generale dei Vini in degustazione? Non era mica un corso per Sommelier.

P.S.: non nascondo che mi sia molto dispiaciuto per la, sicuramente non voluta, emarginazione idiomatica del mitico Costantino Charrère, al quale solo dopo mezz’ora abbondante è stato dato l’auricolare con la traduzione simultanea. Avrebbe avuto molto da dire e da ridire, riguardo alcuni momenti del dibattito e, con la sua esperienza e la sua oggettività, avrebbe sicuramente mediato al meglio alcune situazioni.


P.P.S.: lo dico che gran parte degli asiatici (buyers e gionalisti) in prima fila, proprio davanti a me, si erano già scolati tutti i Vini ancor prima di iniziare la degustazione?!? Ops…l’ho detto…

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