Qualche giorno fa, cercando notizie riguardanti le etichette del Vino, come petizioni in corso, proposte di legge e quanto di più positivo e propositivo si stia cercando di fare per migliorare la lacunosa situazione attuale, mi sono imbattuto nel sito dell’aduc e più precisamente in questa divertente, ma alquanto esplicativa, vignetta:
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Vignetta di Joshua Held |
E’ da molto che leggo sui social e sui blog di amici e colleghi articoli riguardanti la scarsità di informazioni riportate nell‘etichetta di una bottiglia di Vino (nello specifico nella controetichetta) e questo articolo, stimolato dalla vignetta qui sopra, non vuole far altro che evidenziare ciò che altri hanno scritto e detto prima di me e che condivido. Bisogna ammettere, infatti, che, mentre per il cibo ci troviamo, spesso, nell’impossibilità di leggere l’intera etichetta tante siano le informazioni, anche di carattere chimico, descritte a tutela del consumatore, per quanto concerne il nostro amato Vino sono relativamente poche le informazioni obbligatorie e quelle consentite. Un elenco valido più o meno per ogni paese produttore può essere il seguente:
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Nome del Vino
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Nome del Produttore (o imbottigliatore)
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Categoria e Denominazione
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Area di Origine
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Annata (non sempre obbligatoria)
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Contenuto della Bottiglia
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Grado Alcolico
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“Composizione del Vino”
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Eventuale presenza di allergeni (Solfiti, ma anche tracce di uova, latte ecc…)
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Altre Indicazioni (Es.: Classico,
Riserva, Superiore, Amabile, Secco e Dolce ecc…)
Altre informazioni sono contenute nelle etichette italiane, come ad esempio il lotto di imbottigliamento e dal 2012 è possibile leggere in etichetta la dicitura “Vino Biologico” e non più la precedente definizione “Vino da uve da agricoltura biologica”, ma tutto questo basta davvero al consumatore occasionale per farsi un’idea concreta riguardo la qualità del Vino e le sostanza realmente contenute nella bottiglia che sta per acquistare?
Per molti colleghi, per svariate associazioni dei consumatori e persino per un numero indefinito di accaniti produttori la risposta è “NO!” e non vi nego che, con alcune remore riguardo alcuni termini che possano risultare, se presenti in etichetta, sin troppo condizionanti ed addirittura fuorvianti, sono da sempre convinto che l’etichetta del Vino sia una delle più lacunose in assoluto tra quelle dei prodotti alimentari.
Oltre che per tutelate il consumatore un’etichetta più dettagliata darebbe la possibilità ai produttori virtuosi di evidenziare la propria qualità e la propria attitudine verso il rispetto di chi andrà a bere quel Vino, come nel caso della quantità dei solfiti aggiunti (la soglia, persino del biologico, è così alta da non permettere al produttore che riesce a contenere al minimo la solforosa di evidenziare questa peculiarità del proprio Vino) o dei lieviti utilizzati per le fermentazioni (a prescindere dalle diatribe fra sostenitori dei lieviti selezionati e dei lieviti indigeni o autoctoni), nonché di decine di altre pratiche.
Sia chiaro, è probabilmente utopico pensare che si possa arrivare a fare controlli a tappeto in grado di giustificare una quantità ed affidabilità di informazioni, soprattutto a livello chimico/enologico, tali da descrivere al 100% ciò che ci ritroviamo nel bicchiere, ma di certo si potrebbe fare di più e di meglio per aumentare il contenuto delle etichette e la consapevolezza di chi compra e beve Vino, senza essere necessariamente un winelover in grado di discernere qualitativamente (cosa comunque difficile anche per i più esperti, quando si parla di chimica).
Per darvi un’idea di quanto potrebbe essere utile una maggior accuratezza nel descrivere pratiche enologiche utilizzate nella produzione del vino, vi riporto l’elenco delle varie operazioni ammesse dalla legge, tranquillizzando chi potrebbe esserne spaventato in quanto, oltre a non rappresentare alcun pericolo per la salute, queste azioni non vengono adottate comunemente da tutti i produttori, anzi la stragrande maggioranza dei produttori italiani di qualità (in particolare i medio-piccoli) riduce al minimo l’utilizzo di alcune sostanze come i solfiti e non ricorre affatto ad altre:
“Durante la vinificazione sono ammesse le seguenti
operazioni eseguite sotto responsabilità di enologo:
operazioni eseguite sotto responsabilità di enologo:
-
preparati di scorze di lieviti nel
limite di 40 g./hl.; -
anidride carbonica nel tenore
massimo di 3 g./litro; -
acido sorbico, sotto forma di
sorbato di potassio, nel limite massimo di 200 mg./l -
acido L ascorbico nel limite di
250 mg./litro; -
acido citrico con tenore massimo
di 1 g./litro; -
acido metatartarico nel limite di
100 mg./litro; -
alginato di calcio o di potassio
per elaborazione di vini spumanti e vini frizzanti ottenuti da
fermentazione in bottiglia; -
solfato di rame nel limite di 1
g./hl. purché prodotto trattato non abbia tenore di rame superiore
a 1 mg./litro; -
carbone per uso enologico nel
limite di 100 g. di prodotto secco/hl.; -
in caso di chiarificazione:
gelatina alimentare; proteine vegetali ottenute da frumento, piselli
e patate; colla di pesce; caseina e caseinati di potassio;
ovoalbumina; bentonite; diossido di silicio sotto forma di gel o
selezione colloidale; caolino; tannino; chitosano di origine fungina
(nel limite di 100 g./hl.); chitone glucano di origine fungina (nel
limite di 100 g./hl.). Estratti proteici di lieviti nel limite di 30
g/hl per vino bianchi/rosati e 60 g/hl per vini rossi; -
sali nutritivi (Fosfato di
ammonio, solfato di ammonio) nel limite di 1 g/l (0,3 g./litro per
spumante); -
aggiunta di solfato di ammonio o
bisolfito di ammonio nel limite di 0,2 g./litro; -
aggiunta di cloridrato di tiamina
nel limite di 0,6 mg./litro; -
aggiunta di autolisati di lievito
ottenuti con uve fresche, mosto di uve, mosto di uve parzialmente
fermentato (anche da uve parzialmente appassite), mosto di uve
concentrato, vino nuovo ancora in fermentazione; -
polivinilpolipirrolidone nel
limite di 80 g./hl.; -
immissione di argo o azoto;
-
tannino per mosto parzialmente
fermentato destinato a consumo umano diretto; -
gomma arabica;
-
acido L tartarico, acido L malico,
acido DL malico; -
tartrato di calcio nel limite di
200 g./hl. o tartrato acido di potassio aggiunto al vino come
coadiuvante tecnologico per favorire la precipitazione dei sali
tartarici. Ad aggiunta di tartrato di calcio seguono operazioni di
agitamento e raffreddamento del vino e separazione per processi
fisici dei cristalli formati; -
batteri lattici impiegati per
trasformare acido malico del mosto o vino in acido lattico senza
alterarne gusto. Isolati da uve, mosti, vini. Indicare in etichetta
nome del genere, specie, ceppo impiegato, loro origine e
selezionatore del ceppo, data di uscita da azienda, metodo di
impiego, condizione di conservazione. Batteri usati in forma
liquida, o congelata, o in polvere. Batteri, lieviti, muffe
sottoposti a controllo di tipo chimico e microbiologico; -
resine scambiatrici di ioni
contenenti gruppi di acido solforico o ammonio che non cedono oltre
1 mg./l. di sostanze organiche la cui “rigenerazione deve
essere effettuata usando sostanze autorizzate per elaborazione
alimenti” ed impiegate sotto controllo di enologo in impianti
riconosciuti. Resine impiegate per mosti concentrati rettificati; -
ferrocianuro di potassio,
impiegato sotto controllo di enologo o tecnico autorizzato. Dopo
trattamento vino deve contenere tracce di ferro; -
fitato di calcio nel limite di 8
g./hl., impiegato sotto controllo di enologo o tecnico autorizzato.
Dopo trattamento vino deve contenere tracce di ferro; -
lisozima nel limite di 500 mg/l.
aggiunto a mosto di uve e a vino, al fine di controllare crescita ed
attività dei batteri responsabili della fermentazione; -
uso di lieviti inattivati;
-
gestione di gas disciolti nei vini
mediante contatori a membrana rispondenti a norme CE e nazionali.
Tecnica adoperata da fine di fermentazione alcolica fino a
condizionamento da parte di enologo; -
acido BL-tartarico impiegato per
ottenere precipitazione del calcio in eccedenza sotto controllo di
enologo o tecnico autorizzato. Prodotto di origine agricola in
quanto estratto solo da prodotti vitivinicoli; -
caramello per accentuare colore
nei vini liquorosi, ottenuto da dischi di paraffina pura in
contenitori di capacità superiore a 20 litri, purché vino ottenuto
non presenta traccia di isotiocianato di allile; -
dimetildicarbonato nel limite di
200 mg./hl. con residui non rilevabili nel vino immesso in
commercio. Operazione da attuare, “poco prima di imbottigliamento
in recipienti aventi capienza inferiore a 60 litri”, su vini
aventi tenore di zucchero superiore a 5 g/l. al fine di garantire
stabilizzazione microbiologica del vino in bottiglia. Presenza del
prodotto non rilevabile nel vino immesso sul mercato. Trattamento
indicato nel registro; -
elettrodialisi. Trattamento
attuato per garantire stabilizzazione tartarica del vino riguardo al
tartrato acido di potassio e tartrato di calcio attraverso
estrazione di ioni in sovrasaturazione nel vino sotto l’azione di
campo elettrico mediante membrane contrassegnate e permeabili ai
soli anioni e cationi, disposte alternativamente in un sistema di
tipo “filtro-pressa”, che non determinano alterazioni eccessive
nella composizione chimico-fisica e caratteristiche organolettiche
del vino. Membrane, realizzate a partire da sostanze autorizzate,
non debbono liberare alcuna sostanza in quantità tale da comportare
pericolo per salute umana, o alterare gusto od odore del prodotto,
né “verificarsi interazioni tra costituenti delle stesse e quelli
del vino tali da comportare la formazione di nuovi composti con
possibili conseguenze tossicologiche”. A seguito applicazione di
membrane Ph del vino non ridotto di oltre 0,3 unità, acidità
volatile non ridotta di oltre 0,12 g/l, non alterati polifenoli e
polisaccaridi, riduzione titolo alcolometrico inferiore a 0,1% vol.
Trattamento eseguito sotto controllo di enologo o tecnico
autorizzato e riportato nel registro di cantina; -
ureasi per diminuire nel vino
destinato a lungo invecchiamento tasso di urea iniziale superiore a
1 mg./litro da impiegare nella dose massima di 75 mg./l. di vino
trattato senza superare 375 unità di ureasi /l. di vino (A
conclusione operazione eliminare attività enzimatica residua
mediante filtrazione del vino); -
apporto di ossigeno gassoso puro
ai fini di arieggiamento od ossigenazione; -
lieviti per vinificazione, secchi
o in sospensione vinica. Ai fini di sviluppo dei lieviti ammessa
aggiunta di: fosfato di ammonio o solfato di ammonio nel limite
massimo di 1 g./l. e 0,3 g./l. per 2° fermentazione di vini
spumanti; bisolfito di ammonio nel limite massimo di 0,28 mg./l.;
dicloridato di tiamina nel limite di 0,6 mg./l.; -
mannoproteine di lieviti per
garantire stabilizzazione tartarica e proteica del vino; -
anidride solforosa nel vino
(diverso da vino spumante e vino liquoroso), avente tenore totale al
momento dell’immissione in commercio di: 200 mg./l. per vini
bianchi e rosati e 150 mg./l. per vini rossi (Per vini aventi tenore
di zucchero residui superiore a 5 g/l., tenore totale di anidride
solforosa elevato a 250 mg./l. per vini bianchi e rosati ed a 200
mg./l. per vini rossi); 300 mg./l. per determinati vini (v. Moscato
di Pantelleria); 400 mg./l. per Albana di Romagna passito; 150
mg./l. per vini liquorosi (200 mg./l. se tenore di zuccheri
superiore a 5 mg./l.); 235 mg./l. nei vini spumanti (185 mg./l. per
vini spumanti di qualità). Gli Stati membri possono consentire, a
causa di determinate condizioni climatiche per alcuni vini del
proprio territorio che i tenori massimi totali di anidride solforosa
inferiori a 300 mg/l. vengano aumentati di non oltre 50 mg/l. (40 mg./l. per
vini spumanti); -
tenore di acidità volatile di
vini ottenuti da uve raccolte nella CE non superiore a: 18
milliequivalenti/l. per mosti di uve parzialmente in fermentazione,
vini bianchi e rosati; 20 milliequivalenti/l. per vini rossi.
Deroghe previste per alcuni vini DOP e IGP, che hanno subito
processo di invecchiamento di almeno 2 anni o sono stati elaborati
con metodi particolari od hanno un titolo alcolometrico volumico
totale superiore a 18% vol. (Stato membro informa Commissione di
tali deroghe); -
fecce fresche, sane, non diluite,
contenenti lieviti nel limite di 5% del volume di vini secchi
trattati; -
correzione del tenore alcolico del
vino per eliminazione parte di etanolo dal vino (Non oltre 20% vol.
del titolo alcolometrico effettivo almeno pari a 11,5% vol.), purché
vino non presenta difetti organolettici e quindi idoneo a consumo
umano (Escluso vino oggetto di pratiche di arricchimento).
Trattamento eseguito da enologo o tecnico qualificato e riportato in
registro; -
copolimeri polivinilmidazolo per
ridurre tenore di rame, ferro, metalli pesanti nel limite massimo di
500 mg./l. al fine di prevenire difetti provocati da tali metalli.
Copolimeri aggiunti eliminati mediante filtrazione nei successivi 2
giorni. Trattamento eseguito da parte di enologo o tecnico
qualificato; -
carbossimetilcellulosa per
garantire stabilizzazione tartarica del vino nel limite massimo di
200 mg./l.; -
trattamento con scambiatori di
cationi per garantire stabilizzazione tartarica del vino, eliminando
cationi in eccesso. Vino sottoposto a trattamento preliminare a
freddo ed impiegate resine scambiatrici di cationi rigenerate in
ciclo acido in frazione minima di vino. Operazione eseguita da
enologo o tecnico qualificato; -
trattamento con chitosano di
origine fungina o con chitina glucano di origine fungina per ridurre
tenore di metalli pesanti (v. Ferro, piombo, cadmio, rame),
prevenzione rottura ferrica/rameica, riduzione contaminanti
presenti, riduzione popolazione di microrganismi indesiderati purché
in dosi inferiori a 100 g/hl; (10 g./hl in caso di riduzione
microrganismi), sedimenti eliminati mediante processi fisici; -
uso di pezzi di legno nella
elaborazione ed affinamento dei vini, purché: provenienti
esclusivamente da specie Quercus; lasciati allo stato naturale o
riscaldati in modo leggero o medio o forte; senza aver subito
trattamento di “combustione neanche in superficie, non essere
carbonacei né friabili al tatto” o trattamenti chimici,
enzimatici o fisici diversi dal riscaldamento, o addizionati con
prodotti destinati ad aumentare il loro potere aromatizzante
naturale o i loro composti fenolici estraibili; riportando in
etichetta origine specie botanica di quercia ed intensità di
eventuale riscaldamento, condizioni di conservazione e prescrizioni
di sicurezza; dimensioni particelle legno tali che almeno 95% del
loro peso trattenuto da setaccio con maglie di 2 mm.; pezzi di legno
di quercia non liberano sostanze tali da compromettere eventuali
rischi per salute; trattamento riportato in registro di cantina.”
Alla luce di quanto sopra, mi chiedo se alcune informazioni aggiuntive riguardo, soprattutto, pratiche lesive in termini qualitativi del prodotto, non siano d’obbligo nei confronti del consumatore..? Per intenderci, se c’è ancora chi utilizza chips di legno per emulare l’affinamento in legno o semplicemente per aromatizzare il proprio vino, non sarebbe il caso di obbligarlo a scriverlo in etichetta? Magari questo aiuterebbe a sensibilizzare anche chi lavora “peggio” nei confronti di una maggior attenzione al lavoro in vigna ed in cantina e non solo al gusto del prodotto finito, che indubbiamente potrebbe raggiungere qualità organolettiche piacevoli ai più, ma con metodi, che se non palesati, potrebbero essere persino definiti ingannevoli.
Purtroppo, qualcosa mi dice che ci sono troppi interessi in ballo e che la cosa non sarà presa in considerazione a breve, quindi… ai posteri l’ardua sentenza! Intanto, per tutelarvi quanto possibile, il consiglio è sempre quello di girare, assaggiare, conoscere i produttori e farvi un’idea di come lavorano e di quanto rispettano le proprie vigne, il proprio vino e chi quel vino lo berrà, cioè Voi! Di certo dovrete basare tutto sulla vostra empatia, sulla fiducia riposta in quelle che sono pur sempre persone, ma sono sicuro che troverete con più facilità qualità e sincerità!
F.S.R.
#WineIsSharing
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