Sull’Etna tra eruzioni di mineralità e lapilli di emozioni con i Vini di SantaMariaLaNave

SantaMariaLaNave – Una piccolissima cantina sull’Etna in cui la giovane vignaiola Sonia Spadaro imbottiglia sogni vulcanici.

C’è un luogo in Italia dove terra, cielo e fuoco si incontrano, un luogo dove l’energia vitale
trascende gli elementi e la Natura infonde la sua forza in tutto ciò
che vi nasce e cresce. Questo luogo si chiama Etna ed è proprio sul vulcano
attivo più alto d’Europa che vi porto oggi.
vignaiola etna
A 1.100 mt., sul versante Nord-Ovest
del vulcano nasce la piccola cantina
SantaMariaLaNave, una boutique winery
fondata nel 2004 dalla famiglia Mulone.
L’amore per la vite di questa famiglia affonda le proprie radici nel tempo, tanto da manifestarsi concretamente per la prima volta nel 1954, quando Giuseppe Mulone, contadino gentiluomo
di Regalbuto, si trasferì con la famiglia a
Catania. Il suo primo lavoro fu proprio sull’Etna impegnato
nelle vendemmie a Zafferana e, affascinato dalla fertilità della
terra vulcanica, dalla vigoria dei vigneti e dallo splendore
dei grappoli, nacque un profondo legame con la vigna e con l’Etna, che continuò per diversi anni, fino a quando l’unico figlio
rimasto in Sicilia, “risparmiato” dai flussi migratori che
svuotarono l’isola, acquistò nel 1980 una proprietà sull’Etna
nel comune di Viagrande.
etna vini santa maria la nave
Peppino, affettuosamente chiamato così
da amici e parenti, contribuì a curare per qualche anno quel vigneto
con amore e passione, partecipando alle prime vendemmie e
all’affascinante vinificazione artigianale. Quella
stessa passione e quel profondo rispetto sono stati trasmessi alle generazioni successive e sono oggi l’anima del progetto SantaMariaLaNave.
Per quanto oggi le metodologie di vinificazione
siano più moderne ed efficienti, l’attenzione in vigna ed i movimenti attorno alle viti non sono variati. La raccolta dei
grappoli, oggi come un tempo, è manuale e condotta con la massima
delicatezza, rispettando ogni acino. L’umiltà e la serenità si confondono con la carica energetica di un luogo che ha del surreale, ma che vede nella concretezza dei suoi terreni la culla perfetta per accogliere la vite e la vita.

SantaMariaLaNave è una realtà
autoctona etnea, come i suoi varietali, coltivati e custoditi da “artigiani”
locali e da un enologo che, proprio come tradizione, utilizza solo lieviti autoctoni: questi lieviti sono ottenuti da antichi
palmenti contadini dell’Etna, che non hanno mai conosciuto
l’utilizzo di lieviti “industriali” e, tanto per sfatare i miti della vinificazione naturale vista solo come trend del momento o come alibi per puzze e contropuzze, i vini di SantaMariaLaNave si fanno amare già a primo naso ed esprimono in modo sincero il connubio perfetto fra tradizione e sapienza del passato da un lato e gusto e consapevolezza odierna dall’altro.
Il concept è quello del vigneto-giardino, inserito ed integrato perfettamente in un contesto naturale e salubre, nel totale rispetto di
flora e fauna locale. Proprio per questo motivo non vengono
utilizzati pesticidi o concimi chimici, ma è l’Etna stesso che, oltre a preservare la salubrità dei vigneti, grazie alle sue periodiche
eruzioni vulcaniche, dona un fertilizzante organico e ricco
minerali straordinario.

Una viticoltura eroica a tutti gli effetti, quella di SantaMariaLaNave, che vede le vigne arrampicarsi senza paura in alta quota, su un vulcano attivo, resistendo alle forti escursioni climatiche, che, altresì, concorreranno ad accentuarne la carica aromatica.  
Nel vigneto
in alta quota sono due i vitigni coltivati, entrambi a bacca bianca:
Il Grecanico Dorato è un vitigno antico,
le cui origini e la diffusione geografica sono avvolte da un
affascinante alone di mistero. Fino a pochi anni fa se ne attribuiva
un’origine prevalentemente greca. I Greci introdussero varie
tipologie di vitigni in Sicilia già dal VII secolo avanti Cristo e
questo sembrava il caso anche del Grecanico Dorato. Infatti, oltre
all’ovvio riferimento insito nel nome, l’introduzione del vitigno
in Sicilia dai parte dei Greci era attestata anche dalla la diffusione dello stesso
in alcune aree note come insediamenti agricoli greci. Recenti studi
genetici hanno smentito l’origine greca, ma non sono ancora
riusciti a chiarire il mistero che avvolge la genesi di questo
splendido vitigno.
L’Albanello, noto ai più come “il
leggendario vitigno scomparso”, in realtà è quasi
del tutto estinto, ma lo si trova ancora in zone del siracusano e del
catanese, come in Contrada Nave, splendido sito tra Bronte e Maletto
in provincia di Catania, dove il terreno lussureggiante e vulcanico
ha permesso ai cloni di Albanello un incoraggiante sviluppo, dando
così il via a nuovi “esperimenti” di impianto, come quelli adoperati in un piccolissimo lotto di 500 piante da questa cantina.
Per quanto riguarda i varietali a bacca rossa, entrambi provengono da un piccolo vigneto di famiglia e sono i seguenti:
Nerello Mascalese, varietale principe della viticoltura etnea e siciliana, che da vita a Vini davvero unici.
Unicità in parte dovuta al profondo
terreno ricco di cenere, sali minerali e sabbia del vulcano.
Il Nerello Cappuccio (o Nerello
Mantellato) deve il suo nome alla alquanto bizzarra conformazione
delle sue foglie, le quali, come un mantello che vuol proteggere ciò
che di più prezioso e bello possiede, sembrano avvolgere i propri
grappoli, che sfidano con fiera arroganza le imponenti intemperie
dell’Etna, come solo i più puri vitigni riescono a fare.

Da questi varietali vengono prodotte due etichette che ho avuto modo di assaggiare e vorrei condividere con voi:
vino santamaria la nave
Millesulmare Siciliano DOC Bianco (Grecanico Dorato, vari cloni autoctoni derivanti da antichi
vigneti del posto, innestati su Richter 110 e Paulsen 1103, o a piede
franco): 
lo assaggio e vengo catapultato indietro nel tempo, quando da adolescente salì sull’Etna e pochi minuti dopo esser rientrato in albergo una colata lavica attraversó parte del sentiero che avevo incoscientemente intrapreso. Un ricordo forte, intenso, nitido come fosso ieri, che mi rammenta la forza della Natura, l’impeto vitale di un territorio che sembra voler urlare al mondo che per quanto l’uomo possa bistrattarlo sarà sempre più forte di ogni sopruso. L’uomo, però, non è solo colui che toglie, ma anche colui che da e sa accogliere, raccogliere e curare il frutto di questa meravigliosa Terra, proprio come i vignaioli di SantaMariaLaNave che in questo Vino, a tratti mistico, hanno saputo lasciare intatti i profumi dei frutti del sole, quali gli agrumi, e di quei fiori spontanei che sfidano il vulcano con la loro eleganza e leggadria, il tutto sostenuto da uno scheletro di rara mineralità, di quelle che solo la pietra lavica sa dare. Un viaggio di sola andata verso il cielo terso, spinti da una brezza fresca e salina, prima dell’eruzione, che per una volta non porta con sé irruenza e distruzione, ma una pioggia di incessanti lapilli intrisi di emozione.

Calmarossa Etna DOC Rosso (Nerello Mascalese con una piccola percentuale di Nerello
Cappuccio): del colore che otterreste mescolando al fuoco il grigio-violaceo di alcune rocce magmatiche, che già ne preannuncia la pulsione. Pulsione che in realtà è passione mista a dolcezza, tra fiore, frutto e spezia. Ancora dinamica la sua freschezza, che taglia in due l’anima, come una lingua di magma ormai spento, silente, sereno. Mai eccessivo, ma scomposto, un canto armonico verso la bocca del vulcano, in questo caso più lontana. Un sorso che scalda il cuore a lungo e smuove i pensieri come solo la curiosità sa fare. La quiete dopo l’eruzione… il fuoco del cielo al tramonto sul mare, baciati da un vento mai così minerale.
vini etna santa maria la nave
Quando parlo di Sicilia mi è impossibile non sfociare nel romanticismo enoico e chiedo umilmente scusa ai puristi dei descrittori ed ai tecnici che continuano a chiedermi maggiori dettagli su ciascun assaggio, ma per me il Vino è questo, un vero e proprio viaggio, chiamatelo trip se volete fare i “ccciovani”, ciò che conta è che il mezzo sia il Vino e la destinazione sia l’emozione.

F.S.R.
#WineIsSharing

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