Oggi vi porto con me nella Cantina Piaggia, in una Toscana non troppo battuta dai winelovers, ma che merita davvero di essere conosciuta e vissuta in maniera intensa.
Prima di raccontarvi del mio incontro con un grande produttore come Mauro Vannucci e dei vini assaggiati presso la sua cantina, lasciatemi fare una breve premessa riguardo la storia di questa importante realtà.
Prima di raccontarvi del mio incontro con un grande produttore come Mauro Vannucci e dei vini assaggiati presso la sua cantina, lasciatemi fare una breve premessa riguardo la storia di questa importante realtà.
Conoscete il Carmignano? Uno dei vini di cui si ha più lunga memoria, come testimoniato dal ritrovamento di vasi vinari nelle tombe etrusche sul Monte Albano. Attraversando i secoli fu riconosciuto ufficialmente solo nel 1716 con l’editto di Cosimo III de’ Medici, Granduca di Toscana, per poi diventare in tempi più moderni una delle più importanti denominazioni di origine toscane e la prima in assoluto a permettere il blend di Sangiovese e Cabernet Sauvignon. Un blend che, oggi, riconduciamo ai più noti supertuscan, ma che nel Carmignano trova un progenitore storicamente più sensato e scevro da mode e condizionamenti di mercato, in quanto, di fatto, già dal 1600 per la sua produzione si usava aggiungere al Sangioveto il Cabernet, vitigno importato dalla Francia dai Medici, che ancora oggi è chiamato nella zona uva Francesca, che sta, ovviamente, per francese.
Sempre Cosimo de Medici creò quella che potrebbe essere assimilata ad un’anteprima delle denominazione di origine, tracciando i confini dell’area produttiva delle quattro Regioni Chianti, Pomino, Carmignano e Val d’Arno di Sopra.
Il Carmignano, dunque, è un vino frutto di storia, costanza e prestigio, che da secoli la Toscana produce, ma che oggi è sempre meno conosciuto a causa dell’egemonia delle altre più “potenti” denominazioni e del numero esiguo di cantine rimaste, con una produzione che non può essere definita omogenea in termini di qualità.
Eppure, è proprio qui che ho vissuto una delle mie esperienze enoiche più interessanti, grazie all’enologo Emiliano Falsini, che tra le aziende con le quali collabora ha scelto di farmi conoscere il microcosmo di Piaggia.
Piaggia è Mauro Vannucci e Mauro Vannucci è Piaggia, con questa premessa ho già detto molto di quello questa cantina, attraverso la sua storia ed i suoi Vini, rappresenti in termini di personalità ed espressività.
Mauro Vannucci è un toscano doc, anzi docg, sulla settantina, che aveva scelto di fare vino per assecondare una sua recondita passione pur venendo da tutt’altro settore ma che oggi si trova in completa simbiosi con le sue vigne e la sua cantina. Una cantina in cui riposano Sangiovese, Merlot, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e Carménère, si, anch’esso qui non per caso, perché portato dai francesi in queste terre. Non nascondo il mio timore, entrando e trovandomi di fronte a decine e decine di barrique, dove più o meno tutti i vini affinano, con ovvie differenze in termini di permanenza, ma è bastato fare due chiacchiere con Emiliano per comprendere che non è di certo l’incidenza del legno ciò che si vuole andare a cercare, tanto che la maggior parte dei barili vanta già qualche anno di “esperienza”.
Dopo una breve perlustrazione dei locali di cantina e qualche assaggio più che interessante delle vinificazioni 2016, per lo più, appena svinate, è il momento di sederci attorno a qualche bottiglia, per assaggiare vini e vita di Mauro.
Una vita, sicuramente, ricca di aneddoti, tra i quali spicca il giorno in cui, durante una visita a Chateau Margaux, dopo la degustazione disse all’indimenticato enologo di fama mondiale Paul Pontallier qualcosa del genere “guardi, il vostro Vino è perfetto… è pulito… è buono, ma il mio non ha nulla da invidiare a esso… le posso andare a prendere una bottiglia?”. Beh, Mauro prese il suo Vino e lo fece assaggiare ad uno dei mostri sacri dell’enologia di tutti i tempi, lasciandolo così stupito da volerne una bottiglia da portare con sé la sera stessa, a cena da amici. La storia è ormai divenuta una leggenda, ma è più che reale, tanto da vantare numerosi testimoni – ovvero i compagni di viaggio in quel tour francese – che ne raccontano la medesima versione. Ciò che emerge da questo aneddoto è la personalità di Mauro Vannucci, un produttore che ama la sua terra ed ogni suo Vino come figli e che ha nella sua, giustificata, consapevolezza un aspetto sul quale molti altri produttori italiani dovrebbero lavorare. Sin troppo spesso sento produttori poco sicuri del proprio lavoro, chiedere a me o ad altri degustatori un parere sui propri Vini con incertezza ed inquietudine, quasi come non siano mai convinti del proprio lavoro, per non parlare della sudditanza che ancora oggi soffriamo nei confronti dei cugini d’Oltralpe… Mauro, invece, sa cosa fa e sa quanto valgono i suoi Vini e come critica un’annata, per lui più debole, sa esaltare le annate migliori, senza tema di smentita. Un critico più critico di me potrebbe trovare eccessiva questa sicurezza, ma in realtà sbaglierebbe, perché non saprebbe vedere oltre le parole e basta guardare negli occhi “il Vannucci” per prendere atto di quanto sia profondo e sentito l’amore di quest’uomo per ciò che fa e ciò che può trasmettere a chi assaggerà i suoi Vini in Italia e nel mondo.
Una mente in continuo fermento, che ha trovato in Emiliano Falsini un compagno di viaggio ideale, nell’interpretare il suo mantra, che diviene quasi un intercalare durante la nostra chiacchierata: “Il Vino bisogna fallo bono!”.
Davvero una persona dalla straordinaria vitalità che sa di vino e comprende a pieno le potenzialità del Carmignano e – lasciatemelo dire – fossero tutti così nel “circondario” questa denominazione avrebbe tutt’altro lustro ora!
Passiamo, però, ai vini che ho avuto modo di assaggiare e condividere con Mauro ed Emiliano.
I Vini della Cantina Piaggia (Carmignano)
Di certo è il Sangiovese si fa sentire e parla toscano, ma con l’eleganza e quella morbidezza di fondo che i Vini di Mauro hanno, ma che in realtà sembra voler giocare coi nostri sensi, in quanto si palesa per un istante, per poi essere soppiantata da sprezzante freschezza ed un’inerziale mineralità.
Vino elegante, ma che conserva un carattere intrigante, speziato e mentolato, sincero nel mostrarsi giovanissimo, ma già di indubbia armonia.
In questo Vino ci vedo la schiettezza di Mauro, ma anche il suo fine acume, l’equilibrio fra la sua grande ironia ed una consapevolezza piena, sempre rispettosa.
Piaggia 2013-2004 Carmignano DOCG Riserva: il blend è il medesimo, ma se per il Sasso l’attenzione e la meticolosità in vigna fosse già alta, in questo caso rasentiamo la maniacalità, che unitamente alle vigne vecchie fa si di ritrovarsi ad assaggiare un Vino straordinario.
Quando l’emozione supera l’aspetto meramente organolettico credo sia unitile soffermarsi su sentori e descrittori che lasciano il tempo che trovano, ma mi piacerebbe farvi idealizzare un sorso di Piaggia Riserva chiedendovi di immaginare un luogo di rara eleganza, la compagnia perfetta ed un mano un calice di colmo di passione. Una passione che scorre nelle vene di ha contribuito alla nascita di questo Vino per prime le vigne vecchie, poi in Mauro Vannucci e, certamente, in Emiliano Falsini, ma che si trasmette di sorso in sorso in chi assaggia questo grande Carmignano, che seppur infante, dice tanto della sua stoffa e della sua grande eleganza. Anche in questo caso non manca il carattere forte ed intrigante, comune alle due annate, che “addolcito” dalla suadenza dei tannini si mostra proprio come l’altro lato di Mauro Vannucci, quello saggio, di grande umanità e generosità. Un Vino davvero generoso, che a giudicare dal balzo di 9 anni fatto attraverso i due assaggi, non teme il tempo e non intende fermare la sua corsa, lenta, verso nuove emozioni.
Poggio de’ Colli 2014-2010 Toscana IGT: di certo il Vino che, in particolare con l’annata 2010, mi ha fatto comprendere cosa sia “il Vino bono” per Mauro Vannucci e quanto sia in linea con la mia percezione, per quanto estremamente soggettiva ed emozionale, dei grandi Vini. Se vi aspettate la botta peperonosa delle pirazine, cambiate terroir, qui a Piaggia i Vini sono tutti giocati su equilibri impalpabili, ma al contempo concreti, fra leggiadria e materia, fra essenza e sostanza ed anche in questo caso è impressionante l’armonia, sin dal primo naso, che questo Cabernet Franc sappia esprimere.
Un vino di grande pulizia, fatto di contrasti che si incastrano e danno origine all’armonia, come nella Metafisica di De Chirico, in cui ogni cosa sembra casuale, ma in realtà è al suo posto, scissa dall’esperienza sensoriale, ma allo stesso tempo capace di rievocare sinestetici ricordi, trasformando il surreale in reale. Se la 2014 è ancora, oggi, restia al concedersi totalmente – ed a ben d’onde – la 2010 vanta un fascino che io ho subito in pieno, perché sono pochi i Cabernet Franc capaci di non annoiarmi dopo 2, 3, 4, 5 sorsi e questo più che annoiare sembrava voler stuzzicare la mia irrefrenabile curiosità, con grande astuzia e savoir faire.
Se c’è una cosa che ho apprezzato, ancor più dei Vini e della grande ospitalità di Mauro Vannucci (celebre la sua fiorentina condivisa in una cena di quelle che vorresti rifare ogni settimana) è stata la sua capacità di essere un grande uomo e non un personaggio, per quanto possa sembrare tale. Ogni lato del suo carattere, anche i picchi di sicurezza e consapevolezza, possono fuorviare, sembrando a primo acchito sinonimi di egocentrismo, ma sono tutt’altro! Si tratta di esperienza e di passione non certo di vanità o autocompiacimento, perché Mauro è conscio del lavoro che c’è dietro ogni sua bottiglia ed Emiliano mi conferma quanto sia costruttivo poter lavorare per e con un produttore di tale volontà ed attenzione. Le sue sicurezza sono sempre seguite da aspirazioni, che gli permettono di non stancarsi mai di fare vino… forse perché il suo vino l’è proprio bono!
F.S.R.
#WineIsSharing
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