La Franciacorta di Corte Aura – L’eleganza che si fa bere

E’ facile innamorarsi delle cantine
storiche, delle famiglie del vino, di chi è radicato nel territorio
da decenni, a volte secoli e lo è ancor più per me che amo
raccontare storie di legami indissolubili fra i produttori e la terra
che li ospita. Il mondo del vino, però, è anche innovazione,
evoluzione e continuo slancio verso il futuro, ma ciò non significa
slegarsi dal territorio o contrapporsi necessariamente alla
tradizione, anzi..! La realtà di cui vi parlerò oggi, ad esempio,
rappresenta una sfida, un nuovo progetto in un territorio in cui la
storia e la modernità, la tradizione e l’evoluzione tecnica
rappresentano il “blend” di default. Parlo della Franciacorta,
ovviamente, e la cantina che vi vado a presentare è Corte Aura.
Federico Fossati è uno di quei
produttori che non si accontenta di creare una cantina e di fare
vino, bensì voleva fare ottimo vino secondo la sua idea di
Franciacorta. Fu così che il proprietario dell’azienda Corte Aura
decise, in accordo con il responsabile tecnico Pierangelo Bonomi, di
provare ad allungare i tempi di affinamento delle bottiglie fino ad
un minimo di 36 mesi, rispetto al disciplinare del consorzio. La
Franciacorta, che è stata più volte nell’occhio del ciclone per una
forbice troppo ampia riguardo costi e qualità presenti in GDO e
quella reale dei produttori più attenti – indipendentemente dalle
dimensioni -, può ancora garantire costanza qualitativa e identità
di territorio per vini che combinano facilità di beva, eleganza e
rigorosa struttura ed è questo che vuole dimostrare Corte Aura.
Corte Aura è un nome che viene da
lontano, dalla culla della cultura greca ed ha più significati
etimologici. Aura, è l’insieme dell’energia positiva mentre Corte
rievoca la storia della Franciacorta. Quando nel medioevo il
territorio era amministrato da monaci Benedettini e Cluniacensi che
in cambio del lavoro prestato non pagavano le gabelle e i dazi, da
qui il nome La Francia Curta.
Il logo dell’azienda può risultare,
inizialmente, simpatico, divertente, poco comprensibile, ma in realtà
non c’è nulla di più azzeccato e diretto, di una tartaruga per
rappresentare la calma, la pacatezza e quindi la lenta attesa, nonché
un’incredibile longevità.
Bisogna ammettere che, nonostante le
diatribe legate alla commercializzazione a basso costo di alcuni
prodotti, il lavoro del consorzio del Franciacorta è sempre stato
orientato verso i fatti e senza di esso difficilmente questo
territorio sarebbe arrivato ai picchi che ha raggiunto negli scorsi
anni. In un momento in cui si cerca ribadire il livello medio di
qualità del Franciacorta ed un’espressività sempre maggiore di un
territorio sicuramente vocato, Corteaura ha scelto la strada più
lunga e dispendiosa, ma di certo quella più coerente.
Nello specifico l’affinamento dei
propri Metodo Franciacorta (metodo classico con seconda
rifermentazione in bottiglia) va da un minimo di 36 mesi per i non
millesimati, ad un massimo (finora) dei 55 mesi per Satèn 2010
(prima annata) passando per i 48 mesi del dosaggio zero.
Io ho avuto modo di assaggiare il
Brut, il Rosé, il Pàs Dosé ed il, nuovo nato, Satèn
e sono
rimasto piacevolmente colpito dal livello di qualità raggiunto da
un’azienda così giovane, che ha saputo fondere al meglio tecnica ed
territorio.

I Vini di Corte Aura che mi hanno colpito di più

vini corteaura
Il Pàs Dosé Corteaura: da amante dei
non dosati, non nego di avere sempre particolari aspettative da
queste bottiglie ed in questo caso non sono state disattese. Finezza
dalla bolla al sorso, naso intrigante e più varietale, maggior
persistenza, queste le tre cose che cerco in un Pàs Dosé e che ho
riscontrato in toto in questo vino. Una donna bellissima con un abito
di classe, con la sensualità intrigante di toni speziati e
l’incedere sicuro, tosto, dritto ed al contempo fresco e dinamico.
Eppure la cosa cosa più apprezzabile
non è l’eleganza, bensì il fatto che si faccia bere con estrema inerzia.

Satèn Millesimato 2010: un Satèn di
ottimo livello, con la proverbiale setosità dal calice al palato, ma
soprattutto con un’anima imperturbabilmente equilibrata. Armonia e
complessità spinte in profondità dalla grande freschezza che anche
in questo caso ne fanno inerziale la beva. All’ombra di un mandorlo,
una brezza estiva ti accarezza premurosa il viso e… sorridi!
Se questa era la prima annata, beh…
buona la prima!
La cosa che mi interessava approfondire
con questa realtà ed in generale con il mio ultimo viaggio in
Franciacorta
era il discorso relativo al target di riferimento di
questi vini, che sembra esser quello dei Millennials, categoria nella quale ancora per un po’ ricadrò anch’io. Per un winelover abituato ad assaggiare molto e con gusti più maturi, spesso, è più difficile comprendere a pieno le dinamiche del gusto comune, dei trend che vedono le bollicine sempre al centro dell’attenzione, ma se c’è una cosa che ho capito è che in Franciacorta l’attenzione per il “buono” non può prescindere da quella per il “bello”. C’è una sorta di congiunzione tutta franciacortina fra l’idea il gusto e la bellezza e questo è un po’ ciò che ha fatto dello Champagne uno status symbol, quindi ben venga. L’importante, a questo punto, è che aziende nuove, come Corte Aura, agiscano nel rispetto della qualità e della “bellezza” di un territorio e di un’idea di vino vincente, mentre le aziende storiche continuino a creare bontà e bellezza a prescindere dai numeri e dalle dimensioni, con rispetto del territorio stesso e dei competitors. Il tutto, con un occhio sempre più attento a ciò che viene immesso nel mercato a prezzi che da soli possono minare la reputazione di un’intero areale.
Il fatto che Federico Fossati abbia condiviso con me la sua volontà di fare rete e di confrontarsi continuativamente con i colleghi produttori, mi fa bene sperare, confidando anche in una presa di posizione forte del consorzio, di certo ci sarà ancora un futuro importante per l’italica terra delle bollicine.

F.S.R.
#WineIsSharing

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