Nel cuore del Barbaresco la visione prospettica dell’Azienda Agricola Molino

Oggi si torna in Langa e più precisamente a Treiso dove nel 1991 nasce l’Azienda Agricola Molino, ad opera di Virginio Molino, originario di San Damiano d’Asti e da sempre nel mondo del vino. E’ in quell’anno che Virginio decide di acquistare, insieme ai figli Tommaso, Franco e Dario, una piccola parcella di vigna e un locale di vinificazione per iniziare la propria avventura di vignaiolo e produttore. 
cantina molino
Attualmente l’Az. Agr. dispone di 16ha tra Treiso (Cru Ausario), Guarene e Costigliole d’Asti (dove  vengono prodotte le Docg Astigiane Barbera d’Asti e Moscato d’Asti). 
cantina barbaresco treiso molino
L’azienda è, oggi, composta da 4 soci, i 3 fratelli Molino (Tommaso, Dario, Franco) e da  Stefano Cappuccio, cognato di Franco. Si sta inoltre affacciando la terza generazione, con Marco (figlio di Tommaso). 
Tommaso: Nel mondo del vino fin da tenera età, dopo aver conseguito il diploma di tecnico  commerciale decide di seguire le orme del padre, affiancandolo e specializzandosi nella commercializzazione;
Dario: dopo essersi diplomato alla prestigiosa scuola enologica di Alba, segue un percorso di formazione presso alcune aziende vitivinicole francesi, dove integra ed affina il suo stile.  Dal 1991 è il solo enologo dell’azienda Molino;
Franco: profondamente appassionato di agronomia, è da sempre il responsabile del vigneto. Grazie all’esperienza pratica acquisita nel corso degli anni, è oggi un avido sostenitore di tecniche agricole a bassissimo impatto;
Stefano: dopo una vita immersa nel design e nell’ingegneria dell’automobile accetta la  sfida dei fratelli Molino di far crescere insieme a loro l’azienda fondata dal padre Virginio. Si occupa della comunicazione e del Marketing;
Marco: cresciuto a Treiso e diplomato in lingue straniere, dopo essersi laureato in Scienze Politiche alla facoltà di Torino e dopo alcune esperienze all’estero, decide di continuare a lavorare nell’azienda di famiglia.
La famiglia Molino è rimasta molto fedele alla volontà di Virginio di produrre vini da uve autoctone piemontesi (Nebbiolo, Barbera, Dolcetto, Arneis), ma non si tira indietro quando c’è da scommettere su qualcosa di nuovo, come il progetto legato all’alloctono Chardonnay, che in queste terre assume connotazioni davvero particolari, ma di questo ve ne parlerò più avanti. 
Ciò che mi ha colpito piacevolmente di questa realtà è sicuramente l’approccio vigna-cantina, che si traduce in ponderato e rispettoso connubio fra tradizione e modernità, fra sottrazione e consapevolezza tecnica.
permacoltura vigna
Interessante l’introduzione della permacoltura in vigna. Questa scelta, oltre ad avere motivazioni legate ad una maggior ecosostenbilità e a un profondo rispetto del vigneto, si pone in contrapposizione con la situazione che negli ultimi lustri si è andata a creare nelle Langhe, ovvero il progressivo depauperamento della biodiversità in favore di una quasi totale monocoltura. Lo scopo primario della Permacultura o Agricoltura Permanente è, infatti, quello di creare e gestire ecosistemi in ottimo equilibrio produttivo ricchi di biodiversità, al fine di ridonare alla terra ciò che, negli anni, l’uomo le ha tolto non rispettando i cicli naturali e precorrendo i tempi non curandosi del suo impoverimento. 
Il rischio, nelle splendide terre del Barolo e del Barbaresco, non è solo quello di produrre vini da vigne sempre più stanche e povere, quindi meno espressivi del reale potenziale di un territorio indubbiamente vocato, ma anche la scomparsa di parte della fauna locale e una radicale diminuzione dell’altra eccellenza di queste terre: il tartufo.
A prescindere dalla Permacultura, è palese sia sempre più urgente una presa di coscienza diffusa di una situazione che può solo aggravarsi qualora non vengano adottati approcci più consapevoli e rispettosi dai produttori locali, in questo areale come in altri importanti areali del vino italiani.
pompa travasi vino
Fatta questa doverosa digressione, torniamo allo Chardonnay, esaustivo e divertente è l’aneddoto raccontatomi da Marco, che dimostra quando, nel mondo del vino come nella vita, ci sia sempre da imparare e niente vada mai dato per scontato: in origine la vigna di Chardonnay venne piantata con l’idea di produrre un Metodo Classico, ma dopo le prime vendemmie, grazie alla capacità di maturazione e alla qualità delle uve la famiglia ha intravisto la possibilità di produrre un grande vino bianco da invecchiamento. Da qui la scelta di vinificare ed affinare (senza esperienza) il mosto direttamente nel legno. 
Convinti della bontà della loro scelta, al momento dell’assaggio (era la vendemmia 2011) si trovarono con un vino sì di grande struttura, ma completamente slegato e sbilanciato. 
Gli errori di valutazione dettati dall’inesperienza nel gestire questo varietale e dalla fretta li hanno fatti riflettere, spingendoli a comprendere l’importanza di aggiornarsi ed affinare le tecniche produttive, non temendo di confrontarsi con le più importanti produzioni nazionali ed internazionali in quanto a Chardonnay. Oggi, il vino prodotto – io ho assaggiato il Sofia Langhe Chardonnay 2016 – vanta il giusto compromesso fra struttura e potenziale evolutivo da un lato e freschezza e agilità di beva dall’altro.
langhe chardonnay sofia  molino
Esperienza che non è mai mancata nella gestione e nella vinificazione del Nebbiolo e in particolare di quello destinato ai due Barbaresco della Cantina Molino: 
Barbaresco Docg Teorema 2015: un’interpretazione del Nebbiolo che concede alla tradizione la licenza poetica della prontezza. Un vino che, nonostante la sua gioventù, vede le sue durezze già ben integrate e la sua agilità di beva come fattore tanto inatteso quanto apprezzato.
Onestamente non so se il nome derivi da Pitagora o da qualche altro matematico, o magari dalla celebre canzone di Marco Ferrandini, ma di certo il risultato di questo “Teorema” torna! 
Barbaresco Docg Ausario Riserva 2013: un vino austero, ma non troppo, che ha avuto tempo di affinarsi, ma è ancora in piena fase evolutiva per quanto concerne la terziarizzazione degli aromi e l’integrazione del legno. La complessità è quella dei grandi Barbaresco e l’identità del Cru Ausario si sente forte nel suo essere potente ma al contempo dritto e profondo, con un finale saporito ancor più che sapido. Il tannino è fitto e di grande eleganza in prospettiva. 
Rispetto per il territorio e per la tradizione si fondono ad una rinnovata e contemporanea consapevolezza.
vini molino barbaresco
Molto divertente anche la Barbera d’Alba Superiore 2016 capace di mostrare l’azione del territorio già apprezzata nel Barbaresco, che in questo vitigno esalta le doti varietali della freschezza abbinando ad essa una notevole potenza espressiva.
vigneti langhe cru barbaresco
Una realtà, quella della famiglia Molino, che ha una innegabile visione prospettica sia nel produrre i propri vini che nel presentarli, cosa che – abbinata alla qualità – mi ha fornito non pochi stimoli comunicativi e per questo ci tenevo particolarmente a condividerne con voi alcuni. 

F.S.R.
#WineIsSharing

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