E’ evidente, per chi ha avuto modo di assaggiare questi vini, che l’aroma di pepe è sicuramente preponderante quando si vinificano in purezza questi varietali con livelli che superano rispettivamente di 35 volte per le rosse e di oltre 17 volte per la varietà a bacca bianca più coltivata in Austria la soglia di percezione. Essendo una molecola molto impattante anche il range di concentrazione nei vini che sviluppano un percettibile aroma da essa derivato va dai ca. 100 ng/L ai quasi 600 ng/L. E’ pur vero che non tutti gli individui possono contare sulla stessa soglia di percezione del Rotundone (un po’ come avviene per il TCA) e questo può influire molto sull’indice di gradimento di alcuni vini.
Questi dettagli sono determinanti per comprendere la qualità di questa molecola, specie se la si apprezza quanto la apprezzo io.
-Schiava
Cantina Kaltern, Erste+Neue, Tenuta Baron Di Pauli, Nals Margreid, Tramin anche alcuni St. Magdalener (Obermoser, Plonerhof e Abbazia di Novacella ad esempio) seppur non necessariamente in purezza offrono spiccate note speziate, integrate nelle sfumature floreali e balsamiche proprie del varietale.
Vi consiglio di assaggiare le interpretazioni di Cantine Sant’Agata, Ferraris e Cascina Terra Felice, capaci di offrire profili aromatici differenti ma uniti dal filo conduttore della spezia nera.
Nella vinificazione ferma il riferimento è la Cantina Fontezoppa che è arrivata a chiamare un suo vino “Pepato” tanta è la potenza espressiva del Rotundone nella Vernaccia Nera. Evidente anche nelle versioni spumantizzate come quelle di A. Quacquarini.
Per quanto riguarda il Bordò sono sempre più convinto che ci sia una stretta parentela con la Vernaccia Nera e a confermare le mie previe impressioni ci sono i vini ci Pantaleone e Dianetti che esprimono una spezia nera intensa e si avvicinano molto nell’espressività organolettica al vitigno sopracitato.
Nelle Marche è percepibile anche in alcune interpretazioni di Lacrima di Morro d’Alba (assaggiate quella di Lucchetti, Tenuta San Marcello o Stefano Mancinelli per farvene un’idea).
Ottime espressioni sono quelle dei Fratelli Alessandria, di Diego Morra e del Castello di Verduno in cui le note speziate varietali si fondono alla trama vegetale tipica del Pelaverga.
Vi consiglio di assaggiare quelli di Silvia Castagnero, Accornero e Gaudio per avere un’idea di quanto possa essere differente la percezione delle note speziate in base a zona di produzione e vinificazione.
Sicuramente da assaggiare quelle di Giacomo Fenocchio, Tenuta Tamburnin e Balbiano, diverse ma rese allo stesso modo intriganti dalla speziatura naturale del vitigno.
Esemplare quello di Terenzuola, che evidenzia quanto questo vitigno possa essere interessante se vinificato in purezza.
Consiglio di assaggiare quello della piccola cantina Raimondo, tra i pochi esempi del varietale. Nel territorio di Olevano Romano Damiano Ciolli è uno dei vini da prendere come benchmark per l’espressione varietale del medesimo vitigno.
Mustilli e Masseria Felicia fra tutti possono dare un’idea della fine speziatura e dell’eleganza espressiva che questo vitigno può raggiungere.
-Monica di Sardegna (interessante l’interpretazione fresca ma non esile di Audarya)
Sicuramente Paolo Calì e Tenuta Valle delle Ferle sono degni rappresentanti della presenza di Rotundone nel Frappato.
-Perricone o Pignatello (anche detto Tuccarinu o Guarnaccia)
Assaggiando le interpretazioni di realtà come Marco de Bartoli, Cantine Barbera, Feudo Montoni e Fina potrete farvi un’idea più chiara dell’integrazione del Rotundone nello spettro organolettico dei vini prodotti con questo. ahimè, raro vitigno siciliano.
La piacevolezza di questi vini è data, infatti, dall’unione fra l’intrigante impatto aromatico e una spontanea e dinamica finezza al sorso che, nelle interpretazioni più fresche, contribuisce ad una notevole agilità di beva.
E’ evidente che anche alcuni vitigni della famiglia delle Grenache (vedi il Tai Rosso e il Gamay del Trasimeno) nonché alcuni cloni di Nebbiolo e Sangiovese potrebbero contenere una discreta concentrazione di Rotundone, comunque minore di quella dei Syrah coltivati, anche, in Italia e in particolare di quelli di Cortona e si alcune espressioni siciliane (Doc Monreale fra tutte). E’ pur vero che, a mio parere, in termini prettamente degustativi il Rotundone possa esprimersi in maniera più netta nei vini prodotti con uve meno ricche di altre componenti aromatiche e, ancora, nei vini prodotti da uve mature ma non surmature. Proprio in tal senso si stanno portando avanti studi riguardo gli esiti dell’accumulo di Rotundone in maturazione e il decadimento di tale molecola con il processo di surmaturazione.
Esuli da ulteriori elucubrazioni mentali legate alla chimica, parlando in termini più empirici e pragmatici ciò che mi ha colpito è la facilità con la quale chi è abituato ad assaggiare molto e a sostenere lunghe sessioni di degustazione cerchi riparo per l’anima, il cervello e il palato nei vini di cui sopra che vedono nella speziatura naturale un trait d’union esaltato e reso ancor più piacevole da freschezza e completa assenza di ostacoli alla beva. Si tratta di quei vini che ho sempre definito dall’abbrivio inerziale, dei quali io stesso non mi stancherei mai.
Non amo parlare di abbinamenti e di temperature, perché lascio questi aspetti agli amici Sommelier, ma provate a servire i vini di cui sopra attorno ai 12/14° e otterrete due risultati: esalterete la spezia e renderete ancor più dinamica la beva. Vini che non hanno bisogno di legno per rendere complesso il proprio profilo aromatico ma che al contempo non lo temono se ben dosato e ponderato nella dimensione, nella tostatura e nella grana.
Quindi, personalmente, amo il connubio fra spiccata presenza di Rotundone e vini moderata carica antocianica, dal piglio fruttato e floreale fine e dalla longilinea freschezza il tutto senza eccedere, ovviamente, nell’estratto e e con una lieve ma fitta trama tannica a rendere il sorso per nulla scontato.
Ecco come usare una molecola per darvi “la scusa” di bere vini che per anni molti hanno considerato “vinelli”, “vini facili”, “vini da pronta beva” ma che oggi rappresentano i cardini di una piccola grande “rivoluzione enoica” che vede in queste espressioni varietali e territoriali una nicchia interessante, divertente e piacevole che merita grandissima attenzione e rinnovato rispetto.
Non mi resta che attendere i vostri riscontri (ed eventuali segnalazioni di vitigni e vini dalle simili peculiarità) e invitare i produttori dei varietali citati a fare un’analisi che possa determinare la presenza di Rotundone nei propri vini per comprendere a pieno l’incidenza di questa molecola di zona in zona e di vitigno in vitigno in rispondenza alle singole conduzioni agronomiche e enologiche.