La Sicilia vanta una storia enoica antichissima eppure la sua storia “in bottiglia” è giovanissima e va di pari passo con l’acquisizione di una sempre più palese consapevolezza agronomica ed enologica. La parziale emancipazione dal ruolo di mero bacino di approvvigionamento per i grandi territori del vino italiani e non solo è ormai completata ma è proprio in questo momento che la Sicilia e i suoi produttori devono fare fronte comune nel veicolare i concetti fondamentali di gran parte della viticoltura di questa regione, ovvero la qualità aumentata in ogni areale, la sostenibilità qui più agevole che in altre regioni italiane, le peculiarità di ogni differente zona.
Per quanto riguarda la qualità i fattori più importanti che stanno portando i vini siciliani a risultati importanti nel calice sono sia quelli legati alla sempre maggiore consapevolezza tecnica che quelli correlati all’equilibrio pedoclimatico e produttivo riscontrato nelle ultime annate. Un equilibrio che, dati alla mano, pone la Sicilia alla stregua di Toscana e Piemonte in termini di differenziali tra annata ed annata negli ultimi 6 anni. Questo aiuta a comprendere due valori che la dicono lunga sulla strada intrapresa dalle realtà siciliane e sulla loro capacità di puntare alla qualità a prescindere dalle estensioni e dal numero di bottiglie prodotte, ovvero la costanza climatica e le basse rese per ettaro che livellano le produzioni anche in annate, altrove, fortemente produttive in altre regioni italiane.
Nello specifico:
-La Sicilia è la più grande isola del Mediterraneo e la regione più estesa d’Italia con i suoi 26mila kmq.
-Il clima è quello proprio del solo 2% della terraferma globale, ovvero quello mediterraneo ma notevoli possono essere le differenze fra zona e zona in base alla vicinanza dal mare e all’altitudine. Avremo, quindi, un clima mite e temperato lungo le coste e un clima sempre più continentale verso l’entroterra con grandi escursioni termiche se saliamo in collina o in montagna (la montagna più alta è l’Etna, che sfiora i 3.400 mt).
-L’isola dispone di una cangiante varietà di suoli: terreni lavici, calcarei, argillosi, tufacei con percentuali variabili di sabbia e di scheletro capaci di offrire le condizioni pedologiche ideali per ogni singolo vitigno.
-Si coltivano principalmente vitigni autoctoni (più dell’80%) e alcuni internazionali che in casi come quello del Syrah dimostrano uno stretto legame con il territorio ben più forte di un semplice adattamento.
-L’enorme biodiversità è così evidente da lasciare esterrefatti. L’integrità dei paesaggi rurali e l’enorme ricchezza di flora e fauna regionale rendono la Sicilia un vero e proprio continente in cui la natura gode delle condizioni ideali per prosperare e la viticoltura di grande parte delle realtà del territorio mira a preservare e valorizzare questa ricchezza. La Sicilia, infatti, punta molto sulla coltivazione biologica e sulle pratiche di riduzione dei fitofarmaci e abbandono del diserbo chimico. La superficie vitata biologica o in conversione dell’isola – pari a 38.935 ha. – la piazza al primo posto tra le regioni italiane (con ca. il 40% della superficie vitata biologica italiana). Circa il 70% delle aziende vitivinicole siciliane conduce le proprie vigne in regime di lotta integrata.
Questi sono solo alcuni dei dettagli che possono rendere la Sicilia un riferimento a livello nazionale e mondiale nella viticoltura e nella produzione di vini di qualità ma la strada è solo all’inizio e trovare, di annata in annata, vini sempre più nitidi e identitari fa ben sperare in un futuro dall’immenso potenziale.
L’auspicio è quello di veder valorizzare i singoli micro-areali e, successivamente, i cru di quegli stessi areali attraverso menzioni geografiche aggiuntive o, comunque, la zonazione di quelle che sono le sottozone che convergono all’interno della grande Doc Sicilia in modo da qualificarne ulteriormente la vocazione alla coltivazione di ciascun varietale e da distinguerne l’identità territoriale.
Ora, però, passiamo ai vini che mi hanno colpito di più durante la degustazione tecnica alla cieca che vedeva le aziende di Asso Vini Sicilia presentare oltre 300 vini di diverse tipologie.
La lista che troverete qui di seguito rappresenta la selezione dei vini che si sono distinti per identità varietale e territoriale (nella scheda erano riportati varietale, annata e denominazione di riferimento) nonché per nitidezza e carattere. Vini non scontati ma in linea con ciò che spero di trovare sempre più facilmente in Sicilia, ovvero vini capaci di coniugare al meglio struttura/corpo e acidità/slancio, potenza espressiva ed eleganza, pulizia e personalità. Una selezione che, essendo stata effettuata alla cieca, prescinde dimensioni aziendali, regime di conduzione agronomica e approccio enologico, ma evidenzia quanto le realtà più rispettose e attente siano in grado di portare nel calice vini capaci di spiccare fra molti.
Bianchi
Pietra Marina – Doc Etna Bianco Sup. 2015 – Benanti
DeAetna – Doc Etna Bianco – Terra Costantino
Catarratto Ginestra – IGP Palermo 2016 – Az. Agr. Todaro
Aegades – Doc Erice 2018 – Vinicola Fazio
Rocche di Pietra Longa – Doc Sicilia 2017 – Centopassi
Serò – Doc Sicilia 2016 – Fuedo Principi di Butera
Secca del Capo – IGP Salina – Cantine Colosi
Rajàh – Doc Sicilia 2018 – Tenuta Gorghi Tondi
Rosati
C’D’C’ Rosato – Doc Sicilia 2018 – Baglio del Cristo di Campobello
Rose di Adele – Doc Sicilia 2018 – Feudo Montoni
Piano dei Daini – Doc Etna Rosato 2018 – Tenute Bosco
DaAetna – Doc Etna 2018 – Terra Costantino
Rossi
Belsito – Doc Vittorio 2017 – Dimore di Giurfo
Dumé – Doc Sicilia 2018 – Tenuta Gorghi Tondi
Il Frappato – Doc Vittoria – Valle dell’Acate 2018
Di Sicilia… Sole e Terra – Doc Vittoria 2017 – Horus
Contrada Feudo di Mezzo – Doc Etna Rosso 2015 – Cottanera
Barbagalli – Doc Etna Rosso 2015 – Pietradolce
Pietre a Purtedda da Ginestra – IGT Terre Siciliane – Centopassi
Serra della Contessa – Doc Etna Rosso 2014 – Benanti
Vico (Prephylloxera) – Doc Etna Rosso 2015 – Tenute Bosco
Rovitello – Doc Etna Rosso 2014 – Benanti
Argille di Tagghia Via – Doc Sicilia 2017 – Centopassi
Centuno – Doc Sicilia 2016 – CVA Canicattì
Vrucara – Doc Sicilia 2015 – Feudo Montoni
Neromaccarj – IGT Terre Siciliane 2015 – Gulfi
Eughenes – Doc Sicilia 2018 – Sibiliana
Pittore Contadino – Docg Cesaruolo di Vottoria 2015 – Horus
Diodoros – Doc Sicilia – CVA Canicattì
Furioso – Doc Sicilia 2016 – Assuli
Core – Doc Sicilia 2018 – Feudo Montoni
Naturalmente Bio Perricone – IGP Terre Siciliane 2017 – Caruso & Minini
Perricone – IGT Terre Siciliane 2018 – Fina
Pinot Nero FDP – IGT Terre Siciliane 2014 – Feudi del Pisciotto
Ronna – Doc Sicilia 2016 – Terre di Giurfo
Lusirà – Doc Sicilia 2016 – Baglio del Cristo di Campobello
Corda Pazza – Doc Sicilia 2017 – Horus
Dai giorni trascorsi in Sicilia tra tour di vigneti e cantine, degustazioni e confronti con tecnici e vignaioli è palese quanto la volontà dell’intero territorio regionale sia quella di puntare sulle singole identità e su espressioni nitide dei vitigni storici con una forte ascesa del Nero d’Avola e del Grillo ma anche con una rinnovata curiosità nei confronti di vitigni di nicchia come il Perricone e il Nocera. Da instancabile ricercatore di unicità e da appassionato di vitigni “dimenticati” la speranza è quella di poter ritrovare nei prossimi anni vini prodotti dai “vitigni reliquia” come Inzolia nera, Lucignola, Orisi, Usirioto e Vitrarolo (bacca rossa) e Recunu (bacca bianca) anche a Sicilia En Primeur.
Tutto questo si va ad aggiungere all’ormai consolidata attenzione nei confronti del Nerello Mascalese e del Nerello Cappuccio allevati principalmente sull’Etna.
Infatti, l’Etna con i suoi “Nerelli” continua ad essere il riferimento in termini qualitativi e di appeal nazionale e internazionale per l’intera isola anche se al raggiungimento della “massa critica” è corrisposto l’aumento degli ettari vitati alle pendici del vulcano (non sempre su terreni propriamente vulcanici e non sempre con cloni “classici” etnei), cosa potrebbe rappresentare un pericolo per l’identità della denominazione, ma che sta evidentemente aiutando a veicolare la denominazione nel mondo. Legittime preoccupazioni a parte, l’Etna può e deve fare da apripista a tutte le altre 23 denominazioni dell’Isola che, oggi, possono offrire territori e vini in grado di destare l’interesse di esperti ed appassionati italiani e stranieri.
L’assaggio dei ca. 350 vini proposti a Sicilia En Primeur mostra, inoltre, un’importante virata enologica che vede la maggior parte dei produttori puntare su un approccio in sottrazione, privilegiando la freschezza e l’eleganza alla struttura e alla potenza alla quale alcuni produttori e alcune aree ci avevano abituati. Questa ricerca di equilibri votati alla finezza è possibile in molti degli areali dell’isola grazie alle grandi escursioni termiche sia sulla costa che spostandosi in alto nell’entroterra.
Ancora una volta l’antica Trinacria mi ha mostrato e dimostrato la sua immane e caleidoscopica ricchezza ma mai come quest’anno è stata capace di evidenziare una sempre più marcata presa di coscienza agronomica ed enologica e grandi passi avanti nell’espressione delle proprie singole identità. Il potenziale di questa regione è conosciuto e riconosciuto da secoli ma mi piace pensare alle ultime annata come all’inizio di una sorta di Rinascimento siciliano proiettato verso un futuro in cui ogni area avrà la sua nicchia di attenzione e i prezzi medi (Etna a parte) andranno a gratificare maggiormente i produttori permettendo una sempre maggior tutela del territorio e dei varietali autoctoni.
F.S.R.
#WineIsSharing
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