Addio sentore di tappo! -“Elimineremo il TCA da tutti i nostri tappi in sughero entro il 2020!”- Parola di Amorim

Il mondo delle chiusure o dei tappi da vino che dir si voglia è uno dei temi enoici più dibattuti degli ultimi anni e, come sempre, la dialettica stimola non solo le discussioni ma anche gli stessi “attori” coinvolti a dire la loro e a crescere nel proprio settore specifico. In un momento storico in cui esistono – finalmente! – tipologie di tappi adatte ad ogni tipologia di vino è la chiusura più classica e nobile a dover dimostrare ancora una volta la propria valenza e proprio per questo, poche settimane fa, sono tornato in Portogallo per la seconda volta durante il periodo della decortica delle querce da sughero, in quanto due anni fa mi ero ripromesso di seguire le evoluzioni di un progetto che mirava a riscrivere le “regole” del mondo dei tappi da vino e in particolare di quelli in sughero, ovviamente.
tappi senza tca amorim
Parlo della sfida lanciata da Amorim al TCA che con NDtech aveva già ridotto drasticamente la possibilità di trovare “vini con sentore di tappo” andando a selezionare solo i tappi più sicuri.
ndtech amorim
Una sfida che vede l’azienda in leader mondiale nella produzione di tappi in sughero impegnata, da anni, nella ricerca di un processo il meno invasivo possibile per l’eradicazione totale del TCA su tutti i tappi in sughero prodotti. I dubbi erano e sono leciti data la necessità di non trattare in maniera invasiva la materia prima e quindi di evitare ogni eventuale ulteriore residuo o deviazione provocata dal “trattamento anti-tca” ma, a quanto pare, l’azienda portoghese è quasi pronta a sconvolgere nuovamente il mondo delle chiusure con una notizia che renderà molto più sereni produttori e clienti (operatori del settore e winelovers). E’ Carlos Veloso dos Santos, direttore generale di Amorim Cork Italia, a parlarmene in anteprima:
“Entro il 2020, abbiamo stabilito come obiettivo strategico principale quello di sconfiggere la possibilità di trovare odore di tappo (il famigerato TCA) in tutti i nostri prodotti.”
carlos amorim portogallo decortica
Eccovi un estratto della nostra chiacchierata a tutto tondo sui tappi in sughero e le sue evoluzioni:
– Parliamo di numeri. Quali sono gli ultimi dati in vostro possesso riguardanti le chiusure?
Il numero di bottiglie totali al mondo è di 19 miliardi e mezzo. Di questi, 12 miliardi mezzo sono chiuse con tappi in sughero. Seguono 5 miliardi chiuse con tappo a vite e 2 miliardi chiusi con tappi di plastica, che stanno perdendo posizione ormai da oltre un decennio, una situazione che sta accelerando perché si tratta di pezzi monouso che vanno a incidere sulla sostenibilità globale a più livelli.

– Incidenza del TCA nel sughero?
Il TCA è un composto volatile che si forma naturalmente e che costituisce un problema nell’industria alimentare e delle bevande. Si tratta quindi di un problema condiviso da più modelli di industria e individuato maggiormente nel mondo del vino perché questo contiene alcool, che fa da solvente e ciò facilita la migrazione nel vino del TCA. Oggi calcoliamo nei nostri prodotti una potenziale incidenza massima di 0,5% di questa sostanza. Il mantenimento dello status quo è tuttavia un lavoro di squadra e necessita di una concordanza e di un comune impegno fra tutti i soggetti che intervengono nella filiera di produzione del vino.

– Ossidazione nelle varie tipologie di chiusure?
Oggi noi sappiamo che le chiusure lavorano sui vini in modo diverso. Le chiusure a vite sono tendenzialmente riduttive, quelle in plastica sono tendenzialmente ossidative, mentre in mezzo troviamo i tappi in sughero bilanciati in termini di ossidoriduzione. Le chiusure tecniche, ad esempio quelle in agglomerato di sughero, sono un po’ più ermetiche e portano una maggiore riduzione: questo rientra tra i vantaggi dei polifenoli del sughero, che fanno sì che il vino evolva in  modo bilanciato. A differenza della vite, ad esempio, che non può contare su nessun contributo polifenolico e della plastica, permeabile all’ossigeno, che impone continui investimenti per ovviare a questa criticità. È infatti questo il motivo per cui sono nati diversi tipi di tappi di plastica, che comunque hanno un livello di permeabilità nettamente superiore a qualsiasi chiusura in sughero, ovvero producono sempre ossidazioni premature. 
– Percezione dei mercati dei diversi tipi di tappo?
Il tappo a vite trova terreno solo nei mercati emergenti, non abituati a usare il cavatappi. È una questione di educazione dell’approccio al vino. Invece, il consumo di sughero continua a aumentare perché il mercato va sempre più nella direzione del packaging premium e il mercato è disposto a pagare di più per avere un tappo in sughero, anche al di fuori del settore specifico del vino. Oggi abbiamo il sughero che guadagna quota, il vite che guadagna, ma meno di quello che si potrebbe aspettare, e la plastica in chiaro declino. Uno studio statunitense del 2018, inoltre, ha dimostrato che anche nel segmento base, relativo ai vini sotto ai 30 dollari/bottiglia, la scelta di quelli chiusi con tappo in sughero avviene perché nel consumatore è segno di qualità del prodotto, aiuta a decidere quale vino è di qualità e quale no, orienta pertanto anche mercati importanti in termini quantitativi.

– Quanto è importante la selezione della materia prima e quali sono le condizioni migliori per produrre sughero “da tappo”?
La selezione della materia prima è fondamentale come l’intero processo a seguire. La corteccia, innanzitutto, deve avere almeno 43 anni alle spalle e poi può essere considerata “matura” per la decortica ai fini della realizzazione dei tappi solo ogni 9 anni, questi sono i ritmi della natura. La corteccia di sughero è però un materiale che va protetto. Dopo la decortica, infatti, sono numerosi i momenti delicati, dove solo la professionalità può fare la differenza per la resa qualitativa finale della chiusura. Alla luce di questo, sono molteplici le misure preventive legate alla gestione della materia prima, con trattamenti dedicati in modo specifico alle plance in sughero. È attivo ormai da anni in Portogallo il sistema CorkSat che favorisce una conoscenza della qualità sensoriale della foresta, per sapere sempre e in ogni momento dove viene raccolta la materia prima, che subisce dei saggi a campione per testare le performance potenziali del sughero che verrà raccolto. A seguire, una prima operazione è la stabilizzazione delle plance stesse: vengono coperte per evitare il ristagno di umidità, ma anche sollevate da terra e accatastate in maniera tale da assicurare un’ottima areazione. La stagionatura all’aperto della plancia di sughero, della durata minima di almeno 6 mesi, avviene in appositi piazzali pavimentati in cemento in pendenza, per eliminare i ristagni e facilitare la pulizia dell’area, pari a 600.000 mq. Termina con il taglio della zeppa, ovvero la rimozione della corteccia nei 10 cm a contatto con il terreno, ben oltre la porzione a rischio di sostanze fungine (che possono alloggiare in uno spessore di circa 5 cm). Una scelta di sicurezza, che equivale alla rimozione del 1,5% dell’intera materia prima di Amorim, comunque funzionale al riutilizzo nel campo della bioedilizia, in particolare nel settore della pavimentazione.
La movimentazione del sughero avviene in bancali di acciaio inox, un’ulteriore precauzione che minimizza il rischio di contaminazione, che potrebbe compromettere la qualità del sughero. Seguono due tecniche che, oltre ad essere misure preventive, svolgono anche un’importante funzione curativa della plancia: la bollitura e la vaporizzazione. La bollitura viene realizzata in vasche di acciaio che, rispetto alla vecchia maniera con vasche in cemento o mattoni, permette una pulizia maggiore, grazie all’assenza di asperità e di assorbimento. È un’operazione della durata di un’ora, in cui la funzione curativa della bollitura risiede nella capacità di volatilizzare una parte dei composti volatili sgradevoli, grazie alle alte temperature dell’acqua in cui sono immerse le plance. L’acqua, bene primario non solo in termini produttivi, ma anche territoriali, viene inoltre ripulita costantemente e filtrata per il riutilizzo, in modo da farle mantenere il suo ruolo detergente e ridurne lo spreco allo stesso tempo, grazie a un ricircolo continuo per 72 ore in inverno e 48 ore in estate. A questo step segue il processo di vaporizzazione, particolarmente delicato perché il vapore va gestito adeguatamente affinché non bruci l’elemento sughero, allo stesso tempo proprio la sua natura gassosa permette di andare più in profondità nella pulizia del sughero, svolgendo un’operazione quasi in prevalenza curativa.
Ogni momento quindi ha un suo valore specifico per gli effetti che contribuiscono alla qualità della resa finale. Sono tappe di un percorso preventivo che anticipa le operazioni di tipo curativo a seguire, ovvero i processi di lavaggio e le tecnologie Rosa, Rosa Evolution e il recente e innovativo Cork Nova, per la pulizia e la sterilità delle rondelle. Operai altamente specializzati lavorano fianco a fianco con gli scienziati per la verifica puntuale di ogni passaggio: è solo con l’estrema precisione tecnologica unita alla sensibilità umana che Amorim può garantire una perfezione sensoriale ai suoi tappi, le cui certificate proprietà tecniche sono un baluardo alla difesa del rituale conviviale più antico di sempre.

– Quanto ha investito Amorim in ricerca per ottenere Ndtech?
Il sistema NDtech® ha richiesto cinque anni e 13.000.000 di euro in investimenti in ricerca e sviluppo da parte di Amorim, oltre ad una partnership con una società britannica specializzata in gascromatografia. Fino ad ora, nessun produttore di sughero è stato in grado di garantire un sistema di controllo di qualità per tappi di sughero naturale che monitora i tappi individualmente. Abbiamo lavorato diversi anni per raggiungere questo obiettivo. Ora siamo in grado di esaminare individualmente un tappo in sughero col sofisticato sistema di gascromatografia in pochi secondi, rendendo la tecnologia applicabile anche su larga scala industriale.

– Cosa accadrà entro la fine del 2020?

Entro il 2020, abbiamo stabilito come obiettivo strategico principale quello di sconfiggere la possibilità di trovare odore di tappo (il famigerato TCA) in tutti i nostri prodotti.

– Questa sarà una vera e proprio rivoluzione perché andrà a debellare la più grande problematica legata al tappo in sughero monopezzo rendendo questo tipo di garanzia accessibile a tutti i produttori.  Come pensate reagirà il mercato? 
Crediamo che sia proprio ciò che il mercato si aspetta: un prodotto sostenibile per l’assenza totale di difetto, in una soluzione 100% naturale, che abbia una performance allineata con i prodotti del XXI secolo. Solo così renderemo 100% sostenibile, anche dal punto di vista economico, una materia così nobile, che ha tutte le credenziali sia dal punto di vista ambientale che sociale.

– Esistono competitors in grado di emularvi?
Ci saranno sicuramente. L’industria si è sempre evoluta attraverso la ricerca e la creazione di nuovi benchmark. Quanto abbiamo fatto è stato stabilire una nuova piattaforma da cui partire e questo stimolerà la concorrenza a cogliere la sfida, certo è ancora una volta un traguardo Amorim posto sulla ricerca applicata, questo non può che renderci orgogliosi.


Ringrazio ancora una volta Carlos per la disponibilità e l’equilibrio con il quale, di consueto, risponde a domande, anche, scomode sul mondo dei tappi. Ovviamente, ora non resta che attendere gli esiti di questa definitiva sfida lanciata al TCA per comprendere quanto il mondo del tappi da vino in sughero e, quindi, miliardi di bottiglie che utilizzano la chiusura tradizionale potranno trarne beneficio.
Questo articolo è frutto di un percorso di comunicazione volto a fare chiarezza sul mondo delle chiusure e in particolare sui tappi in sughero. Un progetto che porto avanti da anni con Amorim, in quanto leader nel settore, e con Carlos in qualità di esperto riconosciuto e rispettato in Italia e all’estero.



F.S.R.
#WineIsSharing

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