Chi mi segue da un po’ sa quanto la mia linea editoriale sia focalizzata sui territori e quanto io sia, da sempre, fautore della coesione fra le realtà vitivinicole italiane e del lavoro di squadra fra produttori e vignaioli con obiettivi e visioni comuni.
Beh, se c’è una cosa positiva di questo lungo e nefasto periodo legato alla pandemia è, senza dubbio, la nascita di associazioni e gruppi di produttori orientate alla valorizzazione di diversi territori attraverso la varietà interpretativa che solo l’unione di più realtà può offrire.
-Chi sono i/le vignaioli/e di NatinVigna?
Adriano Michela – Adriano Marco e Vittorio
<<La nostra famiglia è un classico esempio di azienda agricola a conduzione famigliare, una vera tradizione in Piemonte. Fu nonno Aldo, insieme alla nonna Maddalena, ad acquistare la prima cascina a San Rocco Seno d’Elvio. Poi negli anni ‘90 arrivano in azienda zio Marco e papà Vittorio che migliorano la produzione e la commercializzazione dei vini con una forte espansione sui mercati internazionali. Io sono entrata ufficialmente in azienda nel luglio 2014, affiancando mia mamma Grazia come export manager. Già al termine delle scuole medie avevo le idee chiare: desideravo iscrivermi alla scuola enologica, ma mio padre ha voluto che frequentassi il liceo linguistico per avere qualcuno in azienda che si occupasse del mercato estero. Durante gli anni del liceo ho però fatto diversi stage all’Enoteca Regionale del Barbaresco e a quel punto ho capito che mi piaceva stare a contatto con il pubblico. Ho iniziato quindi a seguire mio papà e mia mamma nella parte commerciale dell’azienda. Per i primi tre anni mi sono occupata di qualsiasi attività per famigliarizzare a 360° con l’azienda (ufficio con la zia, fiere e cantina con papà, vigna con lo zio). Dopo il periodo iniziale, ho cominciato a focalizzarmi sull’export.
Coltiviamo e vinifichiamo solo uve di proprietà, con l’obiettivo di produrre vini che interpretino al meglio il “terroir”. I nostri vigneti sono il nostro patrimonio. Rispetto per l’ambiente e necessità di proteggerlo sono per noi i valori più importanti. Nasco e cresco insieme all’azienda di famiglia. Allo stesso modo lo fa la mia passione per questo lavoro. Seguiamo in prima persona la produzione del nostro vino in tutte le sue fasi, e produciamo anche la Nocciola Piemonte IGP di varietà Tonda Gentile. La migliore qualità esistente sul mercato grazie al suo aroma intenso e al gusto persistente. I noccioleti di nostra proprietà si trovano sulle colline intorno ad Alba e nel comune di Neive. Mi affascina così tanto il vino come insieme di sensazioni ed emozioni che non riesco mai a sceglierne uno. Da buona italiana, per me, il vino va pari passo con il cibo. Sono alla ricerca costante dell’abbinamento perfetto tra vino, piatto e momento.>>.
Barbaglia Silvia – Azienda Vitivinicola Barbaglia
<<La cantina della mia famiglia si trova in Alto Piemonte, a Cavallirio, sotto le quinte delle Alpi che si inseguono tra albe e tramonti mozzafiato. La nostra cantina ha un’impostazione famigliare: tutto è cominciato con nonno Mario e oggi io rappresento la terza generazione. Quando avevo 17 anni seguivo già mio papà nelle varie manifestazioni, eventi, degustazioni con i clienti che venivano a trovarci in azienda. Ho poi però frequentato l’università di economia, a Milano, non avendo ancora le idee chiare, durate cui ho anche effettuato uno stage presso uno studio commercialista, il che mi ha permesso di capire veramente che non fosse la mia strada. Quando ho effettivamente deciso di portare avanti la mia realtà, da Milano mi sono allora trasferita a Novara, dove ho concluso il mio percorso universitario mentre però già lavoravo in azienda. A 22 anni ho aperto l’azienda agricola, trasformando i boschi della cascina Buonumore di famiglia in vigneti. Da quel momento mio padre, essendo enologo, si è dedicato alla parte di cantina, mentre io alla vigna e alla vendita.
Nutro un profondo amore per la mia terra e amo raccontare i miei vini e i miei luoghi. La nostra punta di diamante è il Boca DOC, un assemblaggio di Nebbiolo al 70-90% e Vespolina e/o Uva Rara al 10-30%. Il suo primo disciplinare risale al 1969, tra i primi in Italia, e la sua produzione è circoscritta a cinque comuni. Il suolo è di tipo porfido-vulcanico: ci troviamo infatti all’interno della caldera del Supervulcano della Valsesia, che, quando è esploso, è collassato su se stesso. Nei nostri vigneti quindi non c’è il rischio di sporcarsi le scarpe di terra: il porfido si sgretola solo a prenderlo in mano>>
Burzi Alberto e Caterina – Azienda Burzi
<<La nostra azienda si trova nel cuore delle dolci colline delle Langhe, più precisamente a La Morra dove, ritornando sui passi dei nonni, che già possedevano le terre, coltiviamo la nostra uva. Possediamo vigneti di diverse età: il più vecchio risale all’epoca della seconda guerra mondiale, mentre il più giovane è stato piantato solo pochi anni fa. Dal vigneto più vecchio produciamo il nostro Barolo cru “Capalot”, dai vigneti di 50-60 anni il nostro Barolo classico e da quelli più giovani Barbera d’Alba e Langhe Nebbiolo. Nella nostra azienda non esiste una netta divisione di compiti, preferiamo lavorare insieme e imparare l’uno dall’altro. In quanto produttori di Barolo tradizionali, effettuiamo macerazioni più o meno lunghe, utilizzando la tecnica del cappello sommerso, per estrarre colore, tannini e donare struttura al futuro vino. Per rispettare l’identità del Nebbiolo, utilizziamo botti di rovere austriaco non tostate per l’affinamento del Barolo. Prima dell’imbottigliamento, finiamo i vini in vasche di cemento, ottime per garantire un buon equilibrio alle loro strutture.
Alberto, dopo la laurea in viticoltura ed enologia, nel 2012, ho cominciato l’attività di produttore vitivinicolo con il supporto della famiglia. Mi piace pensare che ogni vino abbia la sua storia da raccontare, trasmetta le gioie e le difficoltà dell’annata in cui è cresciuto, ma soprattutto porti l’identità del territorio da cui proviene.
Caterina, d’estate, durante gli anni del liceo, lavoravo già in vigna insieme a mia nonna e a mio fratello e a ottobre saltavo sempre una settimana di lezioni “per motivi di vendemmia”. Mi sono iscritta a Scienze Linguistiche sognando una carriera all’estero, ma dopo tre anni lontana da casa ho capito la fortuna di vivere nelle Langhe e di poter lavorare insieme a mio fratello per creare un prodotto con il nostro nome. Alcune occasioni speciali, come la vendemmia, riuniscono tutta la nostra famiglia.>>.
Canevaro Luca – Azienda Canevaro
<<I Colli Tortonesi sono una zona collinare del basso Piemonte, fra Lombardia e Liguria, sono divisi principalmente da tre corsi d’acqua da cui prendono il nome le tre valli: Val Curone, Val Ossona e Val Grue. La mia azienda si trova ad Avolasca, in provincia di Alessandria, e nasce nel 2016 dal ramo dell’antica azienda agricola di famiglia. A differenza di mio fratello, che mi affianca in cantina e che ha studiato agraria ed enologia, la mia formazione non ha nulla a che fare con il mondo vitivinicolo. Abbiamo però deciso di proseguire l’attività dell’azienda di famiglia insieme. Da azienda di stampo contadino dove ci si dedicava ad una vastità di prodotti, abbiamo però deciso di indirizzarci prettamente verso la produzione di vino e la nostra realtà è progressivamente cresciuta nel tempo, anche grazie alla riscoperta del Timorasso. Credo fortemente nel legame tra vino e territorio: per questo ho scelto di puntare su Derthona 100% Timorasso e Monleale 100% Barbera, due vini simbolo delle mie colline. Oggi la mia azienda conta circa otto ettari vitati completamente coltivati in agricoltura biologica certificata. La certificazione biologica nasce dalla necessità di avere prodotti salubri e derivanti da un contesto ecosostenibile. Il Timorasso, vitigno autoctono a bacca bianca, è simbolo dei Colli Tortonesi: non è solo un vitigno, ma anche un vino e un territorio. Dopo la devastazione delle viti europee causate dalla fillossera, le vigne di Timorasso sono state quasi completamente sostituite con il Cortese, più facile da coltivare e con le rese maggiori. Negli anni ’80, grazie a Walter Massa, si riuscì a riportarlo in vita, scommettendo sulle sue grandi potenzialità. Quindi, dopo aver vissuto un lungo periodo di oblio, è riuscito finalmente ad affermarsi come uno dei più interessanti vini bianchi del Piemonte, e non solo.>>.
Beatrice Gaudio – Gaudio Bricco Mondalino
<<La cantina della mia famiglia si trova a Vignale Monferrato, il cui nome già suggerisce essere un paese privilegiato per la qualità vitivinicola. Pensate che due piccolissime frazioni erano state nominate all’epoca dei Romani “Davite” e “Davino”. Il microclima e il suolo di queste zone si sposano alla perfezione: la scarsità delle piogge è perfettamente compensata da un terreno bianco, argilloso e molto pesante, che riesce per questo a trattenere la sola acqua piovana. La nostra cantina è una cantina storica, fondata da nonno Amilcare nel ’70. Nonostante sia stato un grande enologo per tante altre aziende, il suo desiderio è sempre stato quello di riportare il suo paese, Vignale, allo splendore dell’epoca Sabauda. Pensate che con l’Unità d’Italia il Monferrato è stato nominato regione Sabauda per essere l’area più fertile e produttiva del Regno. La nostra cantina ha fatto parte di VIDE, la prima associazione di produttori vitivinicoli d’eccellenza, fondata da Gino Veronelli, come rappresentante del Monferrato e specialmente del Grignolino. Questa varietà è l’autoctono per eccellenza di queste zone. Pensate che i primi scritti a sua testimonianza risalgono al 1200, ma già i Latini ci parlavano di quest’uva, chiamandola “Berbexinus”. È proprio grazie a queste due fonti che sappiamo che un tempo esistevano due varietà: una rossa e una bianca. Si pensa quindi sia mutato geneticamente ed è proprio per questo che il Grignolino che oggi conosciamo ha alcune caratteristiche che ricordano molto i vini bianchi. Il suo nome deriva da “Grignole” che in dialetto piemontese significa “vinaccioli”: la sua caratteristica distintiva infatti è quella di averne molti. Un altro vitigno dominante è la Barbera che qui, per i suoli, dà vita a vini più corposi, longevi e meno fruttati rispetto ad altre zone piemontesi. Il nostro stile di vinificazione si concretizza in due termini: territorio, in quanto abbiamo sempre creduto nelle nostre varietà autoctone anche quando sono state oscurate dalla “moda” dei vitigni internazionali. In più limitiamo al massimo l’uso del legno, per dare la possibilità ai nostri vitigni di esprimersi al massimo della loro possibilità; e armonia, poiché vogliamo che i nostri vini siano piacevoli da assaggiare e scoprire, che rispecchino il territorio, ma senza essere difficili. Devono trasmettere la gioia che ci accompagna in tutte le nostre cure nei loro confronti. La mia vita è stata da subito segnata dal vino e dalla vigna: fin da piccolina seguivo papà in campagna e nelle varie degustazioni in giro per il mondo. Mio padre ha sempre cercato di mettermi alla prova tanto che a 10 anni avevo già il mio tavolo, di fianco al suo, al Vinitaly. Poi a 12 anni, per capire ciò che raccontavo alla gente, ho iniziato a bere i nostri vini! Sono cresciuta con l’onore e l’onere di portare avanti l’azienda di famiglia, ma fin da subito ha predominato l’onore: sono orgogliosa dei miei vini e del mio operato. Amo il mio lavoro e ogni giornata lontana dalle mie vigne mi sembra sprecata perché non l’ho mai presa come un dovere, ma piuttosto come un gioco e un divertimento, mossa dalla grande passione che mi anima.>>.
Tibaldi Monica e Daniela – Azienda Tibaldi
<<La nostra famiglia nasce e cresce a Pocapaglia, uno dei 19 comuni della denominazione del Roero, dominato dal possente castello medioevale. La grande tipicità del Roero sono le sue Rocche, punte di tufo contorte e frastagliate, frutto dello spostamento del fiume Tanaro, che separa la zona vitata da quella non vitata e più pianeggiante. Nel profilo geologico del Roero prevale la sabbi che, tuttavia, non è presente ovunque nella stessa percentuale! La sua quantità, infatti, varia molto in base alla prossimità alle Rocche. La tipicità del paesaggio rurale del Roero è anche la continua alternanza di colture! Quasi tutte le aziende qui non coltivano solo uva ma anche pesche e fragole. Questo risulta essere molto vantaggioso per preservare la complessità del nostro suolo! La nostra cantina nasce nel 2014 con l’obietivo di vinificare le uve di famiglia. Nonno Tunin ha sempre creduto nel vino di Pocapaglia e oggi ci aiuta e sostiene in ogni momento. Fin da subito abbiamo deciso di seguire la filosofia del biologico in vigna: crediamo, infatti, che il vigneto sia prima di tutto un luogo di lavoro e per questo cerchiamo di preservare un equilibrio con la natura. Accanto ai privilegiati vini rossi della tradizione (Nebbiolo e Barbera) coltiviamo anche altrettanti vitigni a bacca bianca (Arneis e Favorita). Il suolo sabbioso rende questa zona famosa anche per i vini bianchi, rendendoli particolarmente sapidi e minerali, come il Roero Arneis. Abbiamo selezionato il singolo vigneto “Bricco delle Passere” per rappresentare al meglio l’Arneis del Roero in una delle nostre wine box. Un’altra varietà a bacca bianca storica, anche se poco conosciuta, è la Favorita. Si pensa che il suo nome sia legato al fatto che sia stata il vino preferito di re Vittorio Emanuele II. E anche di nonno Tunin, dato che è stata la prima barbatella da lui piantata. La nostra è quindi una scommessa non solo sul Roero, ma sul Roero di Pocapaglia. Ad oggi lavoriamo insieme, senza avere compiti specifici e distinti. Non abbiamo dipendenti, quindi dobbiamo saper occuparci entrambe di tutto.
Monica – appena terminata la scuola di ragioneria, già sapevo che avrei voluto specializzarmi in viticoltura ed enologia. E così è stato.
Daniela – al contrario di Monica, prima di dedicarmi all’azienda, ho fatto altre esperienze di lavoro, ma subito ho capito che il mio posto era accanto a mia sorella. Mi sto specializzando nella gestione del vigneto, a fiano di nostro padre.>>.
– Perché “NatinVigna”?
La scelta del nome deriva dalla nostra esperienza viticola. Non è, quindi, solo un marchio, ma descrive esattamente ciò che siamo ed impersoniamo: giovani viticoltori che lavorano con passione. L’obiettivo era quello di comunicare, anche attraverso il nome, il tipo di realtà delle cantine coinvolte: sei piccole aziende che vivono realmente la filiera del loro prodotto, seguendola in tutte le sue fasi, dalla vigna alla vendita e alla promozione. La grafica comunica semplicità e genuinità, due caratteristiche che accomunano tutti noi sei produttori, ma anche energia e vitalità, in quanto persone giovani e con tanta determinazione ed ambizione. Dal nome del progetto, “NatinVigna”, traspare il nostro lavoro e il nostro legame con il territorio con cui ci identifichiamo.
– La pandemia ha influito sulla nascita e lo sviluppo del vostro progetto?
L’amicizia che ci lega ha le sue radici nel lavoro che facciamo che, negli anni, per fiere o consigli lavorativi, ci ha portato a frequentarci sempre di più. Con l’arrivo della pandemia per COVID-19 e del primo lockdown, le nostre chiamate si sono intensificate, a fronte di incontri e degustazioni ormai impossibili. Abbiamo iniziato a pensare a come affrontare questa difficile situazione e abbiamo subito capito che l’unico modo era quello di unirsi e fare sistema tra di noi. È così che nasce il progetto “NatinVigna” che prende forma in tre wine box, rappresentative del Piemonte, che parla dei nostri territori e che creano una comunicazione convergente fra di noi.
– L’idea delle WineBox è molto interessante, ma avete in mente di creare anche un percorso unitario di enoturismo che possa permettere ad appassionati e addetti ai lavori di visitare le vostre realtà in maniera coerente e coordinata?
Abbiamo qualche idea circa la realizzazione di un’offerta di enoturismo unitario, che possa prevedere visite in cantina e degustazioni secondo uno stesso format nelle sei cantine, che svilupperemo concretamente appena la tragica situazione in cui tutti noi ci troviamo a causa della pandemia di Covid-19, che rende difficoltosi gli spostamenti e gli incontri, si appianerà.
Tuttavia, fin da subito abbiamo nutrito il desiderio di tradurre gli obiettivi di “NatinVigna” nel piano del concreto attraverso altri due progetti collaterali:
NatinVigna e la ristorazione: Il settore della ristorazione è quello con cui noi, come produttori di vino, lavoriamo di più e questo ci ha permesso, negli anni, di costruire con i ristoratori un rapporto di costante fiducia e supporto reciproco. Abbiamo quindi pensato di creare un sistema virtuoso di esaltazione reciproca di queste due realtà: il vino e la ristorazione, attraverso l’organizzazione di cene degustazione, come mezzo di divulgazione dei nostri vini reale e concreto.
Il produttore amico: Coinvolgere altre aziende, inserendo un vino della loro gamma, all’interno di una delle nostre box, per un periodo di tempo limitato, al fine di far conoscere anche altre aree vinicole d’Italia.
– Cosa significa “lavoro di squadra” per dei/le giovani come voi? Credete che altri produttori potranno prendere spunto dalla vostra iniziativa per modulare in maniera differente la comunicazione delle proprie realtà vitivinicole?
Per noi “lavoro di squadra” significa ripensare il sistema e agire insieme, acquisendo così la consapevolezza che il successo di un territorio non è dovuto alla fama di una singola azienda, ma all’insieme di più realtà, che si presentano nel nostro caso come espressione diversificata di una stessa regione. In questo modo il successo di una apporterà vantaggio anche per alle altre. Inoltre, il nostro obiettivo è proprio quello di divulgare la conoscenza di un territorio, quello piemontese, presentato in sue sei diverse sfaccettature, e di contribuire a promuovere una riforma culturale atta a rivalutare il ruolo del consumatore. Unirsi e stare insieme è l’unico modo per farlo. Vogliamo parlare di Piemonte, avvicinare le persone al vino e a come lo sentiamo anche noi, tramite l’amicizia, il territorio ed i vini che ci legano. La nostra filosofia è uno per tutti e tutti per uno, o meglio il Piemonte per tutti e tutti per il Piemonte!
Speriamo che il nostro progetto e il nostro modo di rivolgerci alle persone possano essere d’ispirazione anche per altri produttori: puntiamo su una comunicazione semplice, diretta e genuina, indirizzata soprattutto ai “non competenti” che spesso sono spaventati dal mondo del vino, credendolo una dimensione accessibile solo per chi ha famigliarità con il suo linguaggio così istituzionalizzato. Facciamo affidamento sui social, che oggi sono senza ombra di dubbio il mezzo più efficace per aumentare la propria visibilità e raggiungere più persone possibili. Abbiamo scelto questa strategia per poter creare contenuti attraverso cui comunicare e trasmettere la genuinità e la quotidianità delle nostre sei cantine. Raccontiamo la nostra storia e i nostri prodotti e cerchiamo di creare un legame con i consumatori, in un contesto in cui sempre di più si farà affidamento sui social e sui dispositivi digitali anche per gestire le scelte d’acquisto. Il consumatore potrà così informarsi autonomamente, rapportandosi direttamente con i produttori ed entrando virtualmente nelle nostre cantine. Verrà promosso un sistema di produzione e di acquisto e di qualità, dove il web non vuole limitare o distruggere i rapporti umani concreti, ma favorirli quando questi non saranno possibili.
Ringrazio le ragazze e i ragazzi di NatinVigna per aver condiviso con me e con voi tutti le proprie storie e motivazioni, nonché i propri progetti in un periodo così complesso, dimostrando grande forza di volontà e positività nei confronti di un futuro che sapranno conquistarsi a suon di iniziative interessanti come questa, grazie alla freschezza delle proprie idee ma anche e soprattutto ai loro vini. Vini che vantano un forte legame con il territorio e con chi ha introdotto ognuno di loro a questo. Uno sguardo in avanti senza mai dimenticare il passato. Un messaggio quello lanciato da questi/e 6 giovani produttori che mi conforta e denota la grande voglia di fare e di condividere delle nuove generazioni di vignaioli che porterà con sé una crescita sia in termini qualitativi che di prospettive grazie al confronto e allo scambio di know how che avviene ogni volta che ci si incontra in vigna, in cantina o intorno ad una bottiglia di vino. Ad maiora!
F.S.R.
#WineIsSharing
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