Il sughero non finirà! Nonostante i cambiamenti climatici, la produzione dei tappi da vino più sostenibili crescerà

Il sughero è una materia prima naturale e come tale non può considerarsi infinita, ma sarà davvero così difficile reperirlo per le aziende produttrici di tappi da vino nei prossimi anni?

Ne parlo con uno dei massimi esperti in materia, Carlos Veloso Dos Santos, in rappresentanza di Amorim Cork Italia “succursale” italiana del più importante player mondiale del sughero.

  • Durante un recente incontro con tecnici e produttori ho sentito uno dei relatori parlare del sughero come di una materia destinata a finire in tempi brevissimi. Conoscendo il vostro impegno nel rendere il sughero una materia prima disponibile e futuribile, come risponderesti a questa affermazione?

Questa affermazione è stata prodotta già più di vent’anni fa per giustificare l’introduzione dei tappi di plastica nel mercato con la netta intenzione di far capire ai consumatori che c’era una limitazione nella produzione di sughero, fatto non vero. 

Oggi la quantità di sughero disponibile è sufficiente per soddisfare la domanda attuale di tappi.

La questione è un’altra: con la crescente domanda di prodotti Premium dove chiaramente il sughero e l’elemento principale a livello del packaging e chiusura di una bottiglia ci sarà materia prima a sufficienza per soddisfare tutto questo fabbisogno?

 Quando guardiamo le cose in prospettiva, cioè in un orizzonte di vent’anni possiamo capire che probabilmente se non facciamo qualcosa a livello dell’incremento della produzione può esserci qualche difficoltà. Per questo Amorim è pioniere in un progetto di piantagione di querce da sughero. 

Oggi abbiamo in gestione 8700 ha di foreste, di cui una gran parte di proprietà, dove stiamo piantando nuove foreste di sughero con l’irrigazione goccia goccia durante la prima parte del ciclo produttivo della pianta passando la densità da 55 piante per ettaro a 400 piante per ettaro. 

Noi vogliamo essere propulsori di nuove piantagioni di sughero che dovranno raggiungere nei prossimi anni circa 50.000 ha di foreste che rappresenteranno un aumento della produzione mondiale di sughero del 30%.

Detto questo credo che non ci mancherà sughero per le sfide future. 

  • Si parla tanto di cambiamenti climatici nella viticoltura, ma immagino che anche le foreste del sughero stiano risentendo degli esiti degli stessi. Cosa sta accadendo e come state cercando di mitigare questi effetti?

Domanda estremamente interessante.

Oggi  il cambiamento climatico in corso impatta in maniera decisiva la sopravvivenza della foresta come noi la conosciamo. 

Oggi il sud dell’Europa tende alla desertificazione ed in questo senso il sughero ha un ruolo fondamentale perché non solo è una pianta autoctona, che può perfettamente sostituire altre piante come l’eucalipto (che invece non fa parte della nostra vegetazione originale) ma è in grado di reggere condizioni di temperatura anche in suoli particolarmente poveri.

Devi considerare che l’albero di sughero è una delle poche barriere che impediscono al deserto del Sahara di invadere il sud dell’Europa, questo vuol dire che ha una grande capacità di resistere non solo alle temperature ma anche di vegetare in terreni di matrice sabbiosa e con poca acqua.  

Le piantagioni di sughero potranno rappresentare una delle soluzioni per combattere la desertificazione ambientale del sud dell’Europa perché parliamo di un albero abituato a convivere con condizioni di clima piuttosto caldi.

Chiaramente ci dovrà essere anche un lavoro di selezione di quelle che sono i cloni ideali non solo per garantire una perfetta resistenza alle alterazioni climatiche ma anche per permettere una produzione di sughero di alta qualità.

Inoltre va detto che il sughero oggi costituisce una barriera molto efficace all’avanzata del fuoco durante gli incendi perché è un albero che brucia molto lentamente e per questo è considerato un ritardatore di fiamma. 

Oltre a questo rappresenta anche un importante spugna nella cattura di CO2, basti pensare che 1 t di sughero nell’arco dei nove anni è in grado di trattenere 73t di CO2.

  • Altro “trend topic”: la sostenibilità. Sento, sempre più spesso, parlare di chiusure alternative come di opzioni più sostenibili del sughero. Mi sembra si stia assistendo al contrario di ciò che accade nel vino, in cui l’uva è sempre più al centro e l’interventismo addizionale nonché la manipolazione eccessiva della materia prima sono messi alla gogna, mentre quando si parla di chiusura è la più naturale di tutte a venir percepita come quella più “industriale”. E’ un vero e proprio cortocircuito, non credi?

La chiusura più sostenibile in assoluto è il tappo di sughero! Basta pensare che si tratta di una materia completamente di origine vegetale.

Inoltre è fondamentale per l’equilibrio di quello che oggi rappresenta uno dei 36 santuari di biodiversità nel mondo,  il bacino occidentale del Mediterraneo.

Non è possibile parlare di sostenibilità di un tappo di plastica oppure di un tappo di alluminio. 

Basta guardare quello che è l’impatto a livello ambientale della produzione di questo tipo di chiusure.

Se noi pensiamo che nel mondo solo il 9% della plastica viene effettivamente riciclata, ogni anno dobbiamo considerare che il 91% della plastica o è in giro nell’ambiente oppure brucia oppure finisce sotto terra.

Non mi sembra che questo sia un buon esempio di sostenibilità.

Stessa cosa per l’alluminio che sappiamo che è una materia che viene estratta dalla terra  in condizioni poco rispettose di quello che è l’ambiente circostante.

Se invece visitate una foresta di sughero, dove una pianta vive mediamente 200 anni e durante questo periodo viene decorticata dalle 15 alle 18 volte senza recare nessun tipo di danno sia alla pianta sia all’ambiente, la situazione è ben diversa! Quindi di cosa stiamo parlando?

Interamente naturale, riutilizzabile e riciclabile, il sughero è interiorizzato con la consapevolezza ecologica della società contemporanea. Dalla lavorazione della corteccia di sughero non si butta via nulla. Ogni elemento è utilizzato al 100%.

Credo che oggi tutte le questioni vadano approfondite invece di limitarsi a leggere gli “headline” di qualche articolo redatto senza andare in approfondimento. 

Parliamo di un’industria tra le più sostenibile al mondo dove si riesce a convivere con la natura senza deturparla.

Che migliore esempio di sostenibilità possiamo avere?!?

  • Parliamo di numeri. Sapresti darmi qualche cifra riguardo i nuovi impianti, nuovi territori, genetiche capaci di diminuire i tempi di decortica e ovviamente l’impatto ambientale legato alla CO2 saranno utili alla stesura dell’articolo.

Il nostro progetto prevede un investimento di 55 milioni di euro con un pay back di 22 anni.

Andremo a piantare qualcosa come 1 milione e mezzo di nuove querce da sughero nei prossimi quattro anni con l’irrigazione goccia a goccia per ottenere il primo sughero di produzione effettiva dopo circa vent’anni.

L’obiettivo è di rendere il sughero un tipo di attività interessante a livello remunerativo per i proprietari di grossi appezzamenti di terra ed in questo modo andare a sostituire altri piantagioni dannose per l’ambiente come l’eucalipto, che come ben sai è responsabile per migliaia di ettari bruciati ogni anno nel mio paese.

Parliamo di un progetto molto ambizioso che in una prima fase coinvolgerà 8.700 ha di foreste ma l’intenzione è di arrivare a 50.000 ha con la collaborazione di altri proprietari, come detto poc’anzi.

Per quanto riguarda la CO2, tutte le famiglie di prodotti Amorim Cork sono state certificate con una dichiarazione del loro Bilancio di Carbonio negativo.
Grazie a studi scientifici Amorim è in grado di certificare la quantità di CO2 trattenuta dai suoi tappi di sughero e fornire ai propri clienti i relativi certificati Carbon Footprint

Bilancio del Carbonio – Studi condotti da Pricewaterhouse Coopers e EY, realizzati in linea con gli standard della serie ISO 14040, integrati con le linee guida dell’International Reference Life “Manuale del sistema di dati del ciclo (ILCD)”. Il numero sul bollino indica i grammi di CO2 catturati lungo tutta la filiera produttiva per singolo tappo, dalla raccolta alla destinazione finale, sommata alla CO2 sequestrata dall’intero ecosistema.

Con oltre 12 miliardi di bottiglie di vino chiuse con tappo in sughero questa materia prima è indiscutibilmente leader nel mercato delle chiusure enologiche ma, di certo, l’avvento di numerose soluzioni “alternative” e la possibilità per i produttori di sperimentare chiusure diverse dal sughero monopezzo e da tutti i tappi tecnici in sughero (microgranina e birondellati ad esempio) può considerarsi un elemento di supporto al mantenimento di un equilibrio in termini di domanda-offerta. Nell’ottica di un reale e concreto approccio ai pro e ai contro di ciascuna tipologia di tappo sarà, però, fondamentale evitare demagogia e qualunquismo, acquisendo il maggior numero di informazioni e analizzando ogni possibile scelta con un approccio laico e incondizionato. Gli aspetti legati alla sostenibilità, ai valori e all’approvvigionamento non possono essere secondari in tale approccio. Riguardo gli aspetti tecnici, nei prossimi mesi avrò modo di condividere alcuni approfondimenti che terranno conto di test di imbottigliamento mono-lotto pluri-chiusura.

Concludo ringrazio, ancora una volta, Carlos Velos Dos Santos per il suo importante contributo nel dipanare alcuni dubbi legati al sempre più dibattuto mondo dei tappi e del sughero in particolare.

F.S.R.

#WineIsSharing

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