Di certo la Pandemia ha inciso sul mercato del vino in maniera importante, ma l’aspetto che di più è stato colpito in tempi di Covid è stato l’enoturismo. Un tema tanto importante quanto sottovalutato da molte realtà italiane, nonostante i dati pre-pandemici parlino di ca.15 milioni di enoturisti che ogni anno decidono di contemplare le cantine dei nostri areali vitivinicoli tra le tappe dei loro tour nel Bel Paese. Un indotto importante sia per i produttori che per tutta la filiera, ancora solo parzialmente “sfruttato” ma che le aziende hanno rivalutato proprio “grazie” agli esiti delle ultime due stagioni enoturistiche. Se è vero che le cantine italiane si stanno attrezzando sempre di più per garantire un’accoglienza adeguata attraverso strutture ricettive e sale degustazione, c’è una categoria che fa da trait d’union fra produttori e enoturisti che ha un ruolo chiave nello sviluppo dell’intero settore. Parlo, ovviamente, dei tour operator specializzati in enoturismo. Professionisti che hanno il polso della situazione odierna e delle prospettive del wine tourism italiano.
Proprio per questo ho deciso di ospitare nel mio Wine Blog un caro amico, tra i massimi esperti del settore, che condividerà un quadro chiaro e onesto degli effetti della pandemia e delle proiezioni future del comparto enoturistico del nostro paese.
Parlo di Filippo Magnani, esperto del settore Wine Travel in Italia, scrittore, docente e fondatore di Fufluns, tour operator specializzato dal 1999 in tour del vino personalizzati, in Italia. Filippo, diplomato Wset nel 2006 a Londra, collabora come contributor in Italia , con alcune riviste internazionali, per il settore vino e turismo del vino, gestisce un proprio blog in inglese “Tales behind the wine”. A fronte dei suoi venti anni di attività, con Filippo analizzeremo le prospettive future del turismo del vino.
– La pandemia ha colpito molti aspetti delle nostre vite e la possibilità di viaggiare è stata ridotta e contingentata in maniera sensibile negli ultimi due anni. Come hai vissuto le ultime due stagioni enoturistiche in Italia?
Mi ricordo che il primo avviso dell’arrivo del Covid in Italia lo ebbi durante Benvenuto Brunello a Montalcino a Febbraio 2019 con un messaggio ricevuto da un sommelier di Hong Kong che avrebbe spostato il tour con i suoi colleghi in Italia nel 2021. Era solo l’inizio di una storia infinita. Cancellare, spostare e riposizionare tutti tour del vino di clienti internazionali, intenzionati a venire, ma impossibilitati, è stata l’attività principale durante tutto il 2020. Il mio team é stato impegnato costantemente sul fronte logistico ed organizzativo per non perdere tutto il lavoro precedentemente svolto. Abbiamo curato, soprattutto, l’attività di PR con i clienti passati e potenziali e questo ha pagato! A partire dall’agosto 2021, quando alcuni viaggiatori stranieri potevano nuovamente arrivare in Italia dal loro paese di provenienza, siamo ripartiti con grande enfasi e abbiamo gestito dieci gruppi di wine professionals di varie nazionalità, sul territorio italiano.
Devo dire che questo periodo è stato anche un’opportunità per aprire altre strade nel settore legato al turismo del vino. Ho creato occasioni di confronto ed ho messo le mie conoscenze a servizio prevalentemente dei consorzi di tutela, associazioni e gruppi di aziende vinicole. Ho partecipato a varie call e tavole rotonde, nazionali ed internazionali, dove ho suggerito azioni concrete per la ripartenza sia a livello di ospitalità in cantina, sia per uno sviluppo verso il turismo di qualità dei territori vinicoli.
– Quali credi saranno gli effetti a breve e a lungo termine sull’enoturismo nel nostro paese?
Da un lato la pandemia ha dato forte impulso a migliorare l’offerta enoturistica del nostro paese. Ad oggi, dalle Alpi alla Sicilia, tutte le aziende vinicole hanno sviluppato una maggiore consapevolezza sugli effetti positivi dell’accoglienza facendo grandi investimenti, profilando in modo più oculato le varie famiglie dell’enoturista. Dalla parte della domanda interna ed internazionale, c’è grande voglia di ripartire e viaggiare per andare alla scoperta dei territori vinicoli meno conosciuti, ma spesso più autentici nel nostro paese. In una prospettiva più di lungo periodo, si stanno manifestando molte sinergie tra le cantine ed i consorzi di tutela per promuovere insieme le “destinazioni del vino”.
– Credi che questa situazione abbia portato le cantine a rivalutare anche l’enoturista italiano?
Visitando molte cantine in Italia e confrontandomi con i produttori, ho rilevato una grande attenzione al wine lover italiano, fino a poco tempo fa relativamente considerato in confronto all’enoturista straniero. Tra il 2020 ed il 2021, c’è stata una vera e propria invasione dei nostri compatrioti verso i territori vinicoli italiani e questo lo si percepisce ancora a Novembre di quest’anno dove le aziende sono molto occupate nell’accoglienza. Spero che questo trend non si arresti, anzi spinga le cantine a conoscere ancora meglio il proprio cliente, le motivazioni, gli interessi e le abitudini di viaggio, questo vale sia per gli italiani che per la clientela straniera.
– La virtualità ha aiutato le cantine e gli operatori del turismo del vino come te a mantenere vivi i rapporti con gli appassionati stranieri in vista del ritorno alla “normalità”?
Come già menzionato in precedenza, tutti abbiamo imparato l’efficacia della funzionalità del web per lavoro. Conferenze virtuali sul vino tra addetti ai lavori, wine tasting virtuali, live dalle cantine, incontri online con il produttore. Insomma, tutto questo ha sicuramente aiutato a mantenere rapporti con i clienti ed operatori. La presenza digitale non rappresenta solo un aggiuntivo canale di vendita ma anche lo strumento principale per la valorizzazione e la promozione del proprio brand, territorio o azienda. Capire i comportamenti e i gusti delle persone in rete aiuta gli operatori del settore sia a livello di governance della destinazione sia dal punto di vista dello sviluppo di un’offerta “creata” perfettamente sulle preferenze dei nostri visitatori. Tuttavia, è importante avere un’idea chiara dell’utilizzo che vogliamo fare in futuro di questo potente mezzo che certo continuerà a non sostituire, soprattutto in questo campo, l’esperienza diretta della visita in cantina.
– Quali consigli daresti alle realtà vitivinicole italiane per il futuro?
L’enoturismo in Italia deve essere percepito e sviluppato come un modello di business autentico. Per questo servono consapevolezze, competenze, risorse, un buon marketing, un palinsesto stagionale/annuale, personale preparato e professionale.
Abbiamo detto come ad oggi le visite, tour ed esperienze in cantina vengono proposte attraverso differenti modalità, sfruttando i diversi canali di promozione e vendita disponibili online.
Accanto a questi approcci più digitali resto convinto però del fatto che le collaborazioni tra cantine e tour operator specializzati, rappresentino ancora un mezzo funzionale per attrarre nicchie di viaggiatori selezionati: collezionisti di vino o esperti di settore, con maggiore capacità di spesa e che, tradizionalmente, organizzano i loro viaggi su misura tramite operatori esperti.
E’, comunque, importante sottolineare che l’appeal del segmento enoturistico coinvolge un pubblico sempre più esteso ed eterogeneo, attirando la partecipazione non più solo della “fetta di esperti”, ma anche di chiunque provi interesse verso un patrimonio culturale che non ha eguali nel mondo. La mission è quindi quella di far elevare la qualità dell’offerta turistica di cantine e territori del vino. Ecco che un ruolo importante lo gioca sicuramente la formazione a tutti i livelli. Proprio in questa direzione va la prima edizione WDI, l’evento dedicato alle “Wine Destinations Italia” che si terrà a Livorno il 13 ed il 14 Novembre. Un approccio nuovo al mondo del vino che integra territorio, prodotto e turismo.
Ringrazio Filippo per la consueta disponibilità a trattare il tema dell’enoturismo in Italia, tanto importante quanto messo a dura prova negli ultimi due anni. La speranza è quella di trarre da questa assurda situazione spunti fondamentali per sfruttare ancora meglio l’indiscusso potenziale che i nostri contesti vitivinicoli hanno sia in termini di mera qualità enoica che di identità storico-culturale e di integrità paesaggistico-naturale.
F.S.R.
#WineIsSharing
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