In Valpolicella Classica per scoprire la Cantina Ca’ dei Maghi ora guidata dal giovane Paolo Creazzi
Dopo qualche mese di latitanza, torno in Valpolicella, territorio con cui ho un rapporto controverso in quanto uno dei primi che ho amato e di cui ho scritto con enfasi e trasporto ma anche uno degli areali nei quali ho sempre fatto più fatica a comprendere la direzione o, per meglio dire, le direzioni.
Eppure, c’è sempre qualcosa da scoprire e ri-scoprire, in ogni terra del vino italiano e in questo mio recente tour lampo tra le vigne della Valpolicella ho potuto confermare alcune mie annose tesi, partendo dall’incontro con un giovane vignaiolo: Paolo Creazzi.

Seguo le evoluzioni di Paolo sin dai suoi primi passi da “solista”, in una realtà che fa vino dal 1846, e ciò che mi ha subito colpito è stata la sua voglia di andare controcorrente senza dimenticare da dove si viene, anzi… risalendo la corrente fino alla fonte!

L’azienda si chiama Ca’ Dei Maghi e si tratta di una storica realtà a conduzione familiare sulle colline di Fumane, in quella che tra le valli dell’areale risulta essere la più fresca, nonostante il periodo da me scelto per camminare le sue vigne non sia stato il migliore per comprenderne l’effettivo microclima. Di certo, però, ho potuto appurare l’attenzione e la cura con le quali Paolo gestisce una sana alternanza fra vecchi e nuovi impianti, in terrazzamenti manutenuti con grande sacrificio e ingenti investimenti che contemplano il ripristino dei tradizionali muretti a secco. A predominare e la pergola che conferma la sua attitudine a controbattere in maniera egregia ai cambiamenti climatici fornendo riparo (in altezza) dalle gelate tardive, copertura fogliare per i grappoli e ampia superficie per l’irradiamento, nonché un riparo dal sole questi archi verdi andrà a lavorare. Il segreto è ciò che si chiede a queste viti in quanto è il vignaiolo a decidere se pretendere dalla pergola quantità o qualità, ergo equilibrio. Paolo ha, ovviamente, optato per la seconda ma la sua visione vanta un approccio molto in linea con ciò che mi aspetto dai giovani produttori di questa particolare era enoica: attingere al meglio della tradizione e tradurlo con consapevolezza odierna al fine di ottenere una conduzione rispettosa e tecnicamente ben indirizzata dalla vigna alla bottiglia.

Approccio appurabile proprio attraverso gli assaggi delle nuove annate, probabilmente quelle della consacrazione di Ca’ dei Maghi come una delle cantine di riferimento per una sorta di Rinascimento della Valpolicella contemporanea.

Vini che parlano in maniera nitida e precisa di territorio e di annata, ma che rifuggono gli stilemi di una Valpolicella spesso troppo “Amarone-centrica”. Una gamma di vini più ampia e, al contempo, più identitaria, in quanto in grado di mostrare e dimostrare la specifica vocazione di ogni sua “sottozona”. Paolo sta sperimentando, partendo da due bianchi capaci di ricordare che anche qui ci sono zone più votate a queste produzioni e nello specifico produce:
- il Camparsi, Trebbiano Veronese IGP (2021): molto profumato, teso e salino. Un vino dotato di un abbrivio di beva non comune, capace di esaltare la vocazione di questo vigneto traducendone la predisposizione attraverso un vitigno che di per sé difficilmente è capace di stupire.
- Il Barabao Garganega Veronese IGP (2021): generoso, materico e profondo. Il ponderato equilibrio fra vendemmia anticipata, vendemmia tardiva e leggero appassimento conferisce a questo vino struttura senza lederne la spina dorsale e la spinta acida. Completo.







Un’evidente propensione all’agilità e alla beva quella di Paolo che mi dona un inusuale sorriso attraverso una divertentissima Corvina Veronese IGP vinificata in purezza al fine di esaltare l’attitudine alla freschezza e alla dinamica di beva di questo varietale, spesso snobbato perché troppo scarico di colore. Un vino di grande contemporaneità per quel raro connubio di schiettezza e finezza, di freschezza e sapore che solo alcune varietà, se vinificate con assennatezza e attenzione, possono dare. Fresco, agile e saporito. Un vero vino da merenda, di quelli che piacciono a me, senza limiti di posizionamento o preconcetti in termini di percezione.
Poi arriva la batteria dei vini che in etichetta portano il territorio e nel calice e nella mente imprescindibili termini di comparazione con altre interpretazioni dei vini tipici della Valpolicella:
- Valpolicella Classico Doc 2021: da uve Corvina, Corvinone, Rondinella e Molinara un vino che conferma con maggior sostanza e profondità ciò che di positivo aveva già anticipato la Corvina in purezza poc’anzi citata. Profumi nitidi con fiore e spezia ad abbracciare il frutto in uno spettro aromatico tutto giocato sulla fragranza. Sorso snello ma non esile, teso e ritmato. Tannini appena pronunciati e finale decisamente saporito e piacevole. Un vino giovanissimo che non per questo porta con sé stonature vegetali o ostacoli dovuti a un’eventuale immaturità.
- Valpolicella Classico Superiore DOC 2016 “Selezione” Maghi: stesso blend del precedente, un affinamento in botte grande di 3 anni. Vino che ha già raggiunto un grado di complessità importante, con le sensazioni di frutto maturo ben integrate con le note speziate e lievemente boisé, il tutto rinfrescato da richiami floreali e folate balsamiche. Sorso armonico, privo di opulenza e in grado di aprirsi generoso in centro bocca per poi distendersi con decisione e sapore. Le fondamenta di un vino che farà parlare molto di sé negli anni a venire ma che già si mostra fiero e consapevole del proprio potenziale.
- Amarone della Valpolicella Classico Riserva DOCG 2015 “Selezione” Canova: 3/4 mesi di appassimento e 5 anni di botte grande per un Amarone sui generis, che porta in dote la forza e la maturità delle interpretazioni più classiche ma non eccede in alcun modo in opulenza, giocando con spezia e balsamicità per aumentare la percezione di freschezza. Integro e tonico il sorso, dotato di un vibrante nerbo acido e una noevole profondità. Buon bilanciamento fra morbidezze e durezze e, soprattutto, per nulla ridondante e noioso. Un esempio di come anche l’Amarone possa anelare a dinamiche di beva più agevoli e meno “contemplative”.

In chiusura, un sorso di Vin Santo 2009 base Garganega, prodotto in piccolissima quantità con un’impeccabile gestione degli equilibri ossido-riduttivi del vino in affinamento. Grande complessità al naso e ottimo equilibrio in bocca, con un gradiente di dolcezza ben distante dalla stucchevolezza. Una degna conclusione di un vero e proprio viaggio nel presente e in un auspicabile futuro di questo areale, che non può esimersi dal contare e puntare sui giovani e sulle giovani realtà che mostrano una visione più ampia, scevra dai condizionamenti indotti da retaggi talvolta anacronistici e/o troppo orientati ad assecondare un mercato che potrebbe stupire per la sua ricettività al cambiamento, purché questo cambiamento avvenga.

Staremo a vedere! Intanto io, da par mio, continuerò a seguire le evoluzioni di realtà come Ca’ dei Maghi che attraverso sensibilità e rispetto stanno tracciando nuove interessanti strade per il territorio.
F.S.R.
#WineIsSharng
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