Il primo Verdicchio della cantina di Francesco Campanelli è il “cru” Palombare

Chi mi conosce lo sa, basta dirmi che c’è un’anteprima da assaggiare per incuriosirmi e invogliarmi a fare kilometri, ma quando quella prima annata da scoprire è di Verdicchio non serve neanche insistere, sono già persuaso!
Faccio questa premessa perché in questo periodo di “prime uscite” ne ho assaggiate molte ma poche mi hanno colpito come quella di cui vi parlerò oggi, non solo come impatto organolettico, bensì come prospettiva del progetto, dalla vigna al bicchiere.

Parlo dell’avventura di Francesco Campanelli, grande appassionato di vino con cui mi sono ritrovato a degustare in compagna del comune amico Matteo Antonelli (già miglior Sommelier Ais Marche) scoprendo, in tempi non sospetti, della sua volontà di creare una propria piccola realtà vitivinicola nelle mie Marche. Di lì a poco Francesco aveva già acquisito e affittato qualche ettaro di vigna scegliendo con cura giaciture, esposizioni e altitudine, con una buona alternanza i tra vecchi e nuovi impianti. L’idea è chiara: produrre Verdicchio da ideali “cru” differenti, evidenziano le singole identità in maniera nitida e raffinata. Francesco non si è accontentato dei vigneti e dopo una sola vendemmia ha già rilevato una piccola ma funzionale cantina, in cui poter dare stabilità e continuità al suo lavoro, coadiuvato dal giovane enologo Marco Gozzi.

Tornando agli “ideali cru”, in pochi sanno che nel disciplinare della Doc Verdicchio dei Castelli di Jesi sono presenti “storicamente” delle menzioni geografiche rivendicate, purtroppo, solo da pochissimi produttori (ne troverete alcune che ormai sono diventati nomi iconici del Verdicchio e che dubito abbiate abbinato a delle MG):

L’idea di Francesco Campanelli è quella di andare a vinificare i suoi singoli vigneti separatamente, creando una serie di referenze che possano richiamare la menzione geografica di appartenenza, ponendo l’attenzione sull’identità territoriale e la variegata espressività che un varietale plastico come il Verdicchio può avere in contesti pedoclimatici differenti.

Per ora, però, dobbiamo accontentarci di un solo “cru”, ovvero quello della contrada “Palombara” in zona Sasso a Serra San Quirico, fra 330 e i 370m slm, con piante che vanno da un primo blocco del 1955 a un successivo impianto del 1991. Le viti impiantate sono per il 90% vecchi cloni di Verdicchio e per il restante 10% un mix di Trebbiano e Malvasia, come da classico “uvaggio di vigna marchigiano”. La scelta di Francesco è quella di selezionare solo il Verdicchio per la produzione del suo primo vino, ma non esclude che, in futuro, possano concorrere piccoli saldi di uve che “non è un caso se sono lì!”.
La pedologia è cangiante scendendo nei quasi 50m di dislivello, con matrice principalmente argillosa in cui a variare sono le dotazioni calcaree e la percentuale di sabbia.

Per quanto concerne il microclima locale, siamo in una delle zone più a ovest della DOC e questo comporta una minor influenza marina che, unitamente alla vicinanza della catena appenninica e all’altitudine, conferisce a quest’area forti escursioni termiche, determinanti per lo sviluppo aromatico delle uve.

Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore Doc “Palombare” 2021: un Verdicchio che promette già bene per coerenza con l’annata, aderenza varietale e identità territoriale. Un vino completo ed armonico nel frutto, fine nei sentori floreali, erbacei e minerali. Un sorso materico, grazie alla lunga sosta sulle fecce fini con battonage (7 mesi) ma, al contempo, teso, slanciato e decisamente sapido.

In attesa delle prossime vendemmie e di poter comparare le diverse referenze dalle singole vigne, non posso che consigliarvi di andare a trovare Francesco per conoscere una realtà che, seppur ai primi passi, ha già impostato il proprio futuro in maniera definita e funzionale a quelli che sono i chiari obiettivi agronomici ed enologici, in cui rispetto, artigianalità e consapevolezza tecnica si fondono per dar vita a vini capaci di farsi espressione liquida di territori carichi di identità.

Dimenticavo… nel nuovo impianto di 2,8 ha a San Paolo di Jesi, oltre a 3 differenti cloni di Verdicchio, Francesco ha impiantato ca. 0,4 ettari di Canaiolo nero. Un ulteriore modo per alimentare la mia curiosità. Saremo a vedere cosa ne scaturirà!


F.S.R.

#WineIsSharing

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