

Importantissimo il progetto di ripristino della famosa “vigna dei mille anni” della quale si hanno testimonianze storiche datate 1036. Un lavoro portato avanti insieme al proprietario del vigneto, che ha permesso alla famiglia d’Ambra di produrre un rosso base Aglianico in un appezzamento tanto vocato da aver meritato riconoscimenti, per i vini ivi prodotti, sin dall’800. Un progetto virtuoso che fa onore a Casa d’Ambra.

Davvero equilibrato e piacevole la vendemmia tardiva Meditandum (Biancolella 40%, Forastera 20%, Uva Rilla 10%, San Leonardo 10%, Malvasia di Candia Aromatica 20%), con un naso tutto giocato sulle tonalità mediterranee di macchia e di agrume con un sorso per nulla stucchevole grazie alla buona acidità e al moderato residuo.
Una realtà fatta di persone che credono nel vino ischitano e nella viticoltura tradizionale con un approccio enologico accorto e ponderato, di grande lungimiranza.

Cantine Antonio Mazzella: era la cantina… o meglio… erano i vigneti che ci tenevo di più a visitare, in quanto la storia di Nicola Mazzella e della sua eroica viticoltura era già giunta a me tramite la cara Malinda Sassu coordinatrice di questo tour. Vigna del Lume è uno spettacolo per gli occhi ma è un attimo e una sensazione di ansia mista a incredulità mi assale pensando a chi dovrà lavorare in quel contesto. Eppure, non è solo il cru più noto dell’azienda a spaventare, in quanto la maggior parte degli appezzamenti che Nicola coltiva ha pendenze che raggiungono il 50%, molte a picco sul mare.
E’ proprio camminando per questi sentieri e scorgendo i suoi vigneti che Nicola mi racconta della raccolta, la pigiatura e la torchiatura che vengono fatte rigorosamente a mano in loco, per poi lasciar maturare il mosto in antiche cantine scavate nel tufo.
La difficoltà si fa necessità e la necessità diviene virtù quando il vino viene trasportato via mare con appositi contenitori posti su barchette di legno, dalla baia di San Pancrazio verso l’antico Borgo di Ischia Ponte, dove viene trasferito a Campagnano, dov’è situata la cantina Antonio Mazzella e, quindi, la sede di imbottigliamento.
E’ il duro lavoro in vigna ad aver temprato le 3 generazioni dei Mazzella che si sono avvicendate come custodi rispettosi e fieri di queste terre e del vino che ne scaturisce ma, nonostante la grande umiltà e l’animo gentile, è stato proprio Nicola a far fare il salto di qualità a questa azienda. Lo ha fatto comprendendo che all’esperienza in vigna andava abbinata una rinnovata competenza in cantina, perché è solo conoscendo a pieno la tecnica enologica che si possono produrre vini puliti, eleganti e sinceri nella loro identità varietale e territoriale. E’ solo sapendo “cosa fare” che si può sapere “cosa non fare”, lavorando così in sottrazione per raggiungere la purezza degli aromi e dei sapori. E’ questo che trovo nei vini di Nicola Mazzella: Ischia in purezza!
In particolare Vigna del Lume esprime la personalità fine e delicata della Biancolella, ancora fresca nel frutto e nel fiore, dritta ma non esile (grazie alla permanenza sulle fecce fini) al sorso. La chiosa è minerale, sapida, di vulcano e di mare. Un vino luminoso di nome e di fatto. Ottimo anche il Villa Campagnano che esprime al 50 e 50 i due vitigni simbolo dell’enologia bianchista ischitana, ovvero Biancolella e Forastera, con un naso ben definito e spigliato e un sorso intenso, fiero e salato.

La cantina nasce nel ‘700, in località Fango nel piccolo Comune di Lacco Ameno, ad opera della famiglia Tommasone.
Dal momento della fondazione ad oggi sono state 5 le generazioni della famiglia che si sono avvicendate alla guida di questa piccola e virtuosa realtà.
E’ nel 1870 con Bisnonno Pietro, figlio di contadini, che l’azienda inizia a produrre vino sfuso , dando il là a quella che sarebbe diventata l’odierna Azienda Agricola Pietra Di Tommasone.
Dopo Pietro, fu il figlio Tommaso a prendere le redini dell’azienda finché non gli successe suo figlio, Antonio Monti.
Nel 1980 dopo la perdita del papà Tommaso, Antonio emigrò in Germania dove aprì un ristorante e conobbe sua moglie Birgit, dalla quale avrà due figlie: Lucia e Barbara.
Il richiamo dell’Isola e della terra, però, era troppo forte tanto che a metà degli anni ’90 Antonio decise di produrre vino ad Ischia, nella vecchia cantina dei suoi avi, opportunamente restaurata, con accorgimenti tecnologici nuovi per l’isola.
Anche i vigneti vengono ripristinati, reimpiantando vitigni tipici dell’isola come Biancolella, Forastera, Per’e Palummo e Guarnaccia ma anche altri varietali quali l’Aglianico, il Montepulciano e qualche filare di Cabernet Sauvignon. Ad accogliermi in azienda sono stati Lucia (figlia di Antonio) e il suo compagno di vita e di cantina, grazie ai quali ho avuto modo di scoprire il nuovo corso dell’azienda e comprenderne a pieno le potenzialità. Lucia ha studiato viticoltura ed enologia e la sua preparazione è seconda solo all’amore che prova per queste terre e vi basterà assaggiare i loro vini nella terrazza panoramica di poco sopra alla cantina per rendervi conto di quanto sia privilegiata quella posizione.
I vini di Tommasone sono intensi, integri nel frutto e nella loro vena acida. Se la Biancolella è, senza ombra di dubbio, la punta di diamante dei vini di Lucia a colpirmi particolarmente è stato il Per’e Palummo in un’interpretazione molto coerente del varietale per frutto e speziatura naturale. Il sorso è spensierato ma non scontato, disteso e dalla mineralità vulcanica. Interessanti anche le prime spumantizzazioni metodo classico sia in bianco (Biancolella e Forastera) che Rosè (Aglianico). Una piccola realtà con una visione internazionale che sta dando lustro alla viticoltura ischitana.

Scalare, uno ad uno, i terrazzamenti dei circa 2 ettari di vigna di Crateca che dominano la cantina toglie il fiato per un bilanciato mix di fatica e bellezza.
Il lavoro di ripristino di questi antichi terrazzamenti è stato imponente, là dove c’erano ormai bosco e sterpaglie oggi sono le parracine a disegnare i profili di veri e propri giardini in cui le viti seguono le curve della collina a 250m slm, abbracciate da altre colture e protetti dal bosco.
La conduzione agronomica e quella enologica sono più che rispettose e ad impressionare sono le dotazioni di cantina che questa piccolissima cantina ha messo a disposizione dell’enologo Marco Esti per la produzione di vini dall’impeccabile pulizia aromatica al naso e dalla grande precisione varietale e minerale al sorso. Mare e vulcano, vento e terra si incontrano in vini intensi, forti di una personalità molto riconoscibile che mostra una volontà chiara di stupire con espressività mai scontate ma, al contempo, fedeli alla tipicità dei varietali ischitani e di queste terre.
I bianchi lavorati in completa assenza di ossigeno, con grande controllo del freddo e riduzione drastica della solforosa, sono netti, taglienti e la Biancolella rappresenta, a mio parere, già un riferimento per la vinificazione del varietale sull’isola. A colpirmi particolarmente, però, è il Rosato che pur essendo prodotto da uve Aglianico (più tipico della terraferma che dell’isola) dimostra quanto l’isola possa esprimere anche nella vinificazione in “rosa”, portando nel calice un vino dal frutto integro e invitante, fine nell’abbraccio floreale e nelle tonalità minerali e balsamiche. Un sorso denso ma slanciato, piacevole nel contrasto fra la succosità del frutto e la sapidità del finale.

E’ dal 2005 che Pasquale inizia a condurre vigneti di proprietà e in gestione per la produzione dei propri vini, cercando sin dal subito di convertirli ad una conduzione più accorta e rispettosa in regime biologico e secondo alcuni principi dell’agricoltura biodinamica. Il vigneto che ho modo di visitare è proprio quello adagiato sulla sommità della collina Kalimera, a 450m slm, dove nasce l’omonimo cru di Biancolella, luminoso e sferzante nella sua tipicità con una vena artigianale che non trascende la pulizia, anzi conferisce al vino una personalità integra e riconoscibile. Lo stesso vale per tutti i vini assaggiati e, in particolare, per la Forastera che tra quelle assaggiate durante il mio girovagar enoico sull’isola è stata la più convincente per fedeltà al varietale e completezza dello spettro organolettico naso-bocca. Al frutto e al fiore tipici della Forastera si aggiungono note balsamiche mediterranee e la bocca è molto coerente con una chiosa salina che da inerzia al sorso. Anche il Rossi mostrano un’attitudine sincera nell’esprimere al meglio varietale e identità territoriale coniugando un fare artigiano ad un sapere consapevole e attento che tiene alla larga difetti di sorta.
Una cantina fatta di persone dalla grande umiltà che produce vini garbati e profondamente armonici che stupiscono per la coerenza lungo tutta la linea.

Ischia è un luogo che cattura l’anima e portando il corpo in luogo dalla suggestione, a tratti, sconvolgente. Sono anni che coltivo la mia passione per la viticoltura eroica e per le rare e caleidoscopiche micro identità territoriali di cui l’Italia è costellata ma mai come questa volta mi sono stupito, meravigliato e, a volte, persino arrabbiato per cotanta bellezza e vocazione. Rabbia positiva, la mia, indotta da un potenziale solo parzialmente sfruttato che sono certo verrà sempre più compreso e sempre meglio interpretato ed espresso da questo manipolo di realtà virtuose votate alla qualità dalla vigna al bicchiere, capaci di far tornare grande la viticoltura ischitana e di portarla ancor più in alto, verso vette che guardino al mare e alla terraferma con l’orgoglio di chi sa di avere fra le mani qualcosa che nessuno al mondo potrà mai mettere in bottiglia: Ischia.
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