Chi aiuterà le “piccole” cantine e i vignaioli italiani?

Da anni il mio focus sono le piccole e virtuose realtà vitivinicole, quelle capaci di produrre eccellenza, spesso, con il solo ausilio delle forze dei membri della propria famiglia e, al massimo, affidandosi a dei consulenti agronomici ed enologici esterni, sempre che non ce ne siano in casa.
Eppure ho sempre cercato di non dare attenzione anche a realtà differenti (qui il mio pensiero riguardo “le dimensioni delle cantine italiane”), proprio per poter avere sempre il polso della situazione enoica italiana e per poter raffrontare e comparare le differenti dinamiche gestionali e produttive.



Crisi vino coronavirus vendemmia verde
Picture by Jamie Goode
In questo periodo, però, è impossibile non rendersi conto di quanto il mondo del vino viva di distanze che non sono quelle sociali ma quelle relative a fattori economici, numerici e, soprattutto, umani. 
Partiamo da un dato approssimativo, ma esaustivo riguardo la suddivisione delle cantine italiane per dimensioni:

– 30% ca. piccoli produttori (sotto le 60.000 bott.);


– 20% ca. medio-piccoli produttori (tra le 60.000 e le 150.000 bott.);


– 15% ca. medi produttori (tra le 150.000 e le 300.000);

– 15% ca. medio grandi produttori (tra le 300.000 ed il 1.000.000 di bott.);

– 5% ca. grandi produttori (tra il 1.000.000 e i 3.000.000 di bott.);

– 5% ca. grandissimi produttori (dai 3.000.000 ad un numero indefinito di bottiglie che in Italia sembra attestarsi alla quota massima di 65milioni).

Alla luce di questi numeri è lapalissiano il fatto che il cuore pulsante delle aziende vitivinicole italiane sia formato dalle piccole e medie imprese e se i dati diffusi da Coldiretti sono attendibili in quel 39% di imprese vitivinicole a rischio “default” a causa dell’emergenza sanitaria coronavirus ci sono moltissime piccole e medie azienda agricole che coltivano le proprie vigne al fine di produrre i propri vini.



Quindi vorrei soffermarmi su quanto i numeri possano dire, effettivamente, poco di un’azienda, ma al contempo possano creare differenze e scompensi in termini, non tanto di qualità, bensì di identità.



I vignaioli (e per vignaioli intendo le realtà che producono vino dalla vigna alla bottiglia) negli ultimi mesi, hanno dovuto portare avanti i lavori in vigna e in cantina con ancor meno certezze di quelle che già, solitamente, la natura non concede loro, dovendo affrontare una crisi di vendite senza eguali che ha visto il protrarsi di una stasi del mercato interno e di parte di quello export da più di quasi 2 mesi ormai. Per questo non è plausibile pensare che la risposta ai problemi del tessuto delle piccole e medie realtà vitivinicole italiane siano la distillazione e/o la vendemmia verde “forzata”! Sia chiaro, sarà fondamentale trovare un modo per dare respiro alle cantine ad oggi piene di vino e per non rischiare una sovrapproduzione che porterebbe ad un circolo vizioso in termini di esuberi di stoccaggio e di svalutazione del prodotto. Non sono però queste le vie! E’ palese che la gente del vino di cui parlo non può accettare queste condizioni.



Gente che lavora con cura maniacale dal campo alla bottiglia, senza lesinare investimenti per permettere al proprio vino di raggiungere il più alto livello di qualità, spesso con grande rispetto per l’ambiente e per il consumatore; gente che mira all’identità varietale e territoriale e proprio per questo viene presa come riferimento quando c’è da promuovere un areale o un itinerario enogastronomico; gente che tiene troppo al frutto del proprio lavoro per vederlo così vanificato!



Ancor meno utile può essere il finanziamento fino a 25mila euro con garanzia totale dello Stato, in quanto quella liquidità coprirebbe solo in parte i costi di gestione dei vigneti e degli imbottigliamenti che si fanno in questo periodo (senza parlare degli stipendi del personale che in molti hanno comunque mantenuto). Ci sarebbero gli altri scaglioni con finanziamenti garantiti per il 90% dallo Stato, ma è qui che si crea l’inghippo, perché le “care” banche chiedono per quel 10% garanzie che vanno ben oltre quella piccola percentuale e solo poche realtà possono permettersi di fare affidamento sul valore dei terreni, in zone in cui al valore dei terreni corrisponde anche un costo medio maggiore dei vini e, quindi, dove i produttori hanno tendenzialmente le “spalle più coperte”. Denominazioni importanti che, però, si stanno già trovando nella condizione di dover riconsiderare parte dei mercati almeno per i prossimi 2 anni, non potendo più contare su player come Stati Uniti e Regno Unito, nonché sui monopoli in maniera solida e costante. Unitamente alla crisi dell’export, negli ultimi 2 mesi si sta evidenziando un calo delle vendite dei vini dei segmenti Super Premium (tra i 15€ e i 25€), Ultra Premium (tra i 25€ e i 50$) e Icon (più di 50€) in favore dei vini Premium (tra i 10€ e i 15€) e i Basic (tra i 7€ e i 10€), senza contare i circuiti della GDO. Parliamoci chiaro, per chi acquista masse e non ha vigne, per chi può tarare ogni anno la propria produzione in base all’andamento del mercato e rifornirsi dai bacini di approvvigionamento noti in alcuni areali del Sud Italia le cose saranno più semplici e i consumatori “generici” non hanno ancora la sensibilità e l’accortezza per discernere tra l’una e l’altra categoria di produttori.



Nonostante tutto, tutti i vignaioli che sento quotidianamente da diversi areali italiani cercando di pensare positivo, hanno rivalutato idee che non ritenevano indicate per la propria cantina come l’e-commerce; stanno orientando la promozione verso i privati esponendosi in prima persona, creando una comunicazione organica che li vede protagonisti e, per questo, più efficace di qualsiasi fredda operazione di marketing; si stanno adoperando per accogliere di nuovo visite in cantina a fronte delle norme che impatteranno in maniera drastica anche sull’enoturismo. Stanno facendo tutto questo mentre cercano di portare avanti lavori in vigna e in cantina, gestendo l’uva che verrà e il vino che verrà, confidando in sé stessi e meno in aiuti che, purtroppo, sembrano tutti convinti che non arriveranno.


Vignaioli sconsolati, rassegnati, eppure con una grande forza d’animo e una rinnovata volontà di resistere anche a questa crisi, ancor più di quanto siano abituati a resistere alle gelate tardive, alle infauste grandinate e alle crisi economiche già affrontate in passato.

E’ per questo che io mi sento di schierarmi dalla parte di chi non se ne farà di gran parte degli attuali aiuti previsti e questo non significa avercela con le grandi aziende che usufruiranno maggiormente delle “soluzioni” offerte dal governo, ma vuol dire raccontare e valorizzare con ancor più convinzione e trasporto queste piccole realtà:
– la loro storia e quella del loro territorio; 
– la personalità dei singoli produttori e l’identità dei vini prodotti;
– il rispetto in vigna e in cantina perché la vigna è spesso il “giardino” della propria casa e perché i primi consumatori di quei vini sono loro.
All’inizio di questa crisi sanitaria ed economica mi hanno tacciato di “nazionalista” quando scrissi un articolo dal titolo “io bevo italiano”, nonostante avessi ampiamente argomentato il mio pensiero in maniera inclusiva e non esclusiva (non significa denigrare o smettere il vino di altri paesi!), ma oggi più che mai credo che quel pensiero vada rafforzato e che, da par mio, continuerò a dare il mio piccolo sostegno alle realtà del nostro paese e ancor più a quelle più in difficoltà, quindi berrò italiano, come ho sempre fatto, e lo farò rivolgendo tutta la mia attenzione alle cantine che producono vino “dalla vigna al bicchiere” e che tanto hanno saputo emozionarmi enoicamente e umanamente in questi anni dedicati al vino.

Non ho mai parlato di politica in questo Wine Blog e anche in questo caso le mie parole non sono dirette alle istituzioni ma a noi! A noi amanti del vino che, nel nostro piccolo, possiamo scegliere ogni giorno quale bottiglia ordinare, acquistare e raccontare. Credo che in attesa che lo Stato faccia il suo dovere e prenda atto dei problemi di queste famiglie che vivono di vigna e di vino, mai come in questo momento stia a noi aiutarle, attraverso le nostre scelte quotidiane!
N.B.: quando parlo di acquistare tutti più vino italiano mi riferisco ovviamente alle enoteche ma anche e in particolare alla speranza di che si torni presto a farlo al ristorante perché supportare la ristorazione e tutto il settore ho.re.ca. è fondamentale ora e lo sarà ancora di più nei prossimi mesi estivi. Senza l’ho.re.ca. le nostre realtà artigianali non possono andare avanti!

F.S.R.
#WineIsSharing

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