Durante il mio ultimo viaggio in Piemonte ho voluto fortemente approfondire la conoscenza del/la Freisa. A spingermi verso questo focus territoriale, varietale e, per certi versi, culturale è proprio la ricerca di un comun denominatore capace di unire le molteplici interpretazioni di Freisa che o avuto modo di assaggiare negli anni.
Un varietale che, benché rappresenti a tutti gli effetti una nicchia produttiva, ricopre ca. 1000 ettari vitati, sparsi dal Torinese al Basso Monferrato Astigiano, finanche alle Langhe e ai Colli Tortonesi. E’ presente in sette Doc: Freisa d’Asti, Freisa di Chieri, Langhe Freisa, Monferrato Freisa, Colli Tortonesi Freisa, Pinerolese Freisa e Piemonte Freisa.
Se questo è il presente, però, va ricordato il passato della Freisa che ne fa uno dei vitigni e uno dei vini storici del Piemonte e dell’Italia tutta. Risalgono, infatti, al ‘500 le prime testimonianze scritte in cui viene menzionata (‘Pro qua libet carrate et somate Fraesarum solidum unum, denario sex’).

La parentela con il Nebbiolo: un plus o un freno allo sviluppo dell’identità della Freisa?
Un’uva che gli ultimi studi genetici condotti dalla Professoressa Anna Schneider e dal Professor Vincenzo Gerbi confermano essere strettamente imparentata con il Nebbiolo, con cui condivide l’85% del patrimonio genetico. Sembra, infatti, che la Freisa sia frutto di un incrocio spontaneo tra Nebbiolo e un altro genitore scomparso o ancora sconosciuto. Le similitudini ampelografiche con il Nebbiolo non sono solo morfologiche, ma anche sul profilo antocianico e polifenolico e questo ne fa una varietà nobile e complessa allo stesso tempo.
Eppure, nonostante la sua storicità e la sua nobiltà a me piace vedere i vini prodotti con la Freisa come vini contemporanei, mai banali e, soprattutto, versatili nelle interpretazioni, nell’abbinamento e nelle prospettive, scevre da forzati tentativi di emulazione dei più noti vini base Nebbiolo e forti della propria identità e di personalità tanto sfaccettate quanto uniche nel loro genere. Poiché per quanto vicini nel genoma non lo sono nella percezione comune, nella storia recente e nell’evoluzione territoriale e commerciale.
Più Freisa – Associazione virtuosa dei produttori di Freisa di diversi areali piemontesi
E’ proprio per questo che ho voluto fortemente confrontarmi con i produttori dell’associazione Più Freisa, nata per tutelare, valorizzare e divulgare l’importanza di questo vitigno e dei vini da esso prodotti.
I soci fondatori dell’Associazione Più Freisa sono: La Montagnetta, Azienda Vitivinicola Balbiano, Ca’ del Prete, Cascina Gilli, Crotin 1897, Azienda Vitivinicola Stefano Rossotto, Tenuta Tamburnin, Tenuta Santa Caterina, Cantina Terre dei Santi. Si sono uniti ad essi, solo recentemente, Adriano Marco e Vittorio, Azienda Agricola Roggero, Cascina Quarino, Cantina Domanda, Garrone Evasio e Figlio, Erede di Chiappone Armando, Monteruello, Pianfiorito, Valente Fea, 499.
Le tante declinazioni di Freisa
Austera e Frizzante, Caparbia e Seducente, Ruvida e Gentile, Coraggiosa e Ribelle.

I vini che ho avuto modo di assaggiare sono stati i seguenti:
Domanda Freisa d’Asti Doc “Elen” Frizzante 2020: un’interpretazione d’antàn della Freisa, frizzante e amabile per via del residuo zuccherino voluto. Vino che esprime la piacevolezza del Freisa nel bilanciamento fra la sua peculiare acidità e la morbidezza del residuo che ne smussa le spigolature acido-tanniche. Una scelta che, a prescindere da quella che vorrei fosse la strada principale da percorrere per la Freisa, ha ragion d’essere, specie in un contesto di degustazione in cui si vogliono vagliare tutte le sfaccettature e le declinazioni del varietale.
Garrone Freisa d’Asti Doc Frizzante 2020: nitida nell’espressione varietale resa quasi piccante dalla carbonica. Un vino agile, spensierato e saporito, con un tannino ben domato. Grande versatilità in termini di abbinamento.
Tenuta Tamburnin Freisa d’Asti Doc “La Giulietta” Vivace 2020: anch’essa molto aderente al varietale, fresco e croccante nel frutto, con il più fine fiore sospinto dalla lieve vivacità. Un sorso integro e slanciato. Chiude saporito e lievemente tannico.
La Montagnetta Piemonte Freisa Doc “Amphora” 2019: un’interpretazione centrata, che dimostra come alcune tipologie di anfora, se usate con assennatezza, possono essere molto più interessanti per i rossi che per i bianchi. Nel caso specifico, assenza completa di principi ossidativi (rischio più frequente con anfore molto porose non vetrificate o cerate), grande integrità e freschezza di frutto, fine la nota floreale. Il sorso è netto, vitale e tonico, con tannini ben polimerizzati nonostante la gioventù e una buona chiusura ematica, con una lieve perfezione terrosa.
Valente Fea Freisa d’Asti Doc 2019: una Freisa fiera nel frutto, importante nella struttura, con un sorso di nerbo e profondità. I tannini sono ancora in divenire e il finale è decisamente saporito. Un vino da attendere ancora.
Cascini Gilli Freisa d’Asti Doc “il Forno” 2019: una delle interpretazioni più centrate nell’equilibrio fra freschezza di frutto, armonia floreale e spezia. Lo stesso vale per il sorso, ben bilanciato fra struttura e acidità, con tannini ben delineati e chiusura saporita.
Crotin Freisa d’Asti “Aris” 2018: un approccio classico di una realtà tradizionale e molto attenta alla sostenibilità dalla vigna al bicchiere. Al naso buona maturità di frutto, spezia e accenni floreali di geranio. Sorso integro nella struttura e sicuro nell’incedere fiero e sicuro. Umami il finale.
Rossotto Freisa Di Chieri Doc Superiore “Andvina’” 2018: intenso nell’esposizione del frutto ben maturo ma non surmaturo, reso intrigante dall’evidente speziatura. Sorso concreto e sfaccettato; ben disegnata la trama tannica; chiusa sanguigna.
499 Freisa Langhe Doc “Coste Dei Fre” 2018: una Freisa di Langa, che mostra l’attitudine del vitigno, in determinati contesti pedoclimatici, ad avvicinare il suo progenitore Nebbiolo. Per quanto non sia tendenzialmente d’accordo nel chiedere alla Freisa di fare le veci di altri vitigni (che per quanto vicini in termini di DNA, manifestano notevoli differenze in campagna e in vinificazione) questa interpretazione riesce, in virtù dell’altitudine e della sensibilità di chi la produce, a mantenere grande freschezza e finezza e classicità al naso, con sorso agile e dinamico, tannini ben definiti e finale saporito.
Cascina Quarino Freisa d’Asti Doc Superiore “Raria” 2018: una Freisa che coniuga saggezza tradizionale a visione contemporanea, senza sovraestrazioni ma comunque proiettata verso aspettative di buona longevità. Il varietale è nitido, accudito dal legno. Il sorso è pieno, ben strutturato, concreto nella trama tannica e nell’affondo. Richiede tempo in vetro.
Ca Del Prete Freisa d’Asti Doc Superiore “Casot” 2017: interpretazione artigiana di una Freisa che gioca sul filo del rasoio in termini di maturità ma che ben si distende al sorso, con agilità e persistenza saporita, umami. Un approccio che, sono certo, può dare ancor più soddisfazione in annate più fresche ed equilibrate.
Terre Dei Santi Piemonte Freisa “Finibus Terrae” 2017: forte della grande possibilità di selezione delle più interessanti partite di uva dei propri conferitori mostra grande aderenza varietale, con un piglio classico. Buon equilibrio al sorso, con nerbo e tannini cesellati. Notevole la persistenza ematica.
Tenuta Santa Caterina Freisa d’Asti Doc Superiore 2017: l’annata ne enfatizza la forza estrattiva ma il varietale riesce comunque a farsi strada fra le note boisé, con buona definizione. Il sorso gode di buona armonia fra l’importante materia e il buon nerbo acido, con tannini ben polimerizzati e la chiusura tra sale e ferro stimola la beva.
Erede Di Chiappone Armando Freisa d’Asti Doc 2013: un vino che non è solo un mero esercizio di stile, bensì una dimostrazione concreta dell’attitudine alla longevità di questo vitigno e dei vini con esso prodotti. Per quanto apprezzi molto la croccantezza e l’agilità delle Freisa più giovani è interessante apprendere da questo vino quanta complessità e profondità si riesca a ottenere sia dal bilanciamento in campo di vigne vecchie e giovani che dall’elevazione in legno.
Il mio pensiero per il futuro della Freisa
Da questa degustazione ad ampio spettro interpretativo e dalle visite in vigna e in cantina che ho avuto modo di fare in questo tour e negli scorsi anni, evinco graduali passi avanti verso un consolidamento di quella che è l’unità d’intenti dei produttori di Freisa, al netto delle singole zone di riferimento e delle individuali, talvolta antitetiche, interpretazioni enologiche. L’obiettivo per il futuro (di un futuro che è sempre più presente) è quello dell’individuazione di una linea guida comune che possa evidenziare le peculiarità di questo varietale nel contesto enoico odierno, scrollandosi di dosso l’importante peso della storicità (senza rinnegare la tradizione) e il freno di improbabili comparazioni, mirando dritti verso la ricerca dell’espressione più nitida dell’identità di un vitigno e di un vino che possono e, a mio parere, dovrebbero giocarsi la carta della novità, della nicchia e dell’outsider in grado di stupire. Uno stupore che può passare attraverso declinazioni scevre dal mero scimmiottamento dei più noti vini base Nebbiolo, più votate alla freschezza, all’agilità di beva e alla versatilità. Questo non vuol dire non cimentarsi nella produzione di vini più strutturati, affinati e potenzialmente longevi, ma credo che la ricerca più opportuna sia, oggi più che mai, quella orientata alla valorizzazione dell’espressioni di vigna e non di cantina, con selezioni da singoli vigneti, che non abbiano bisogno di chissà quale lungo affinamento in legno e che possano, invece, uscire almeno dopo il giusto tempo in bottiglia. Vini che risulteranno più freschi, dinamici ma non per questo meno longevi o eleganti. Capaci di raccontare un territorio e un varietale nelle sue molteplici geolocalizzazioni, ergo partiture pedoclimatiche, in maniera nitida, sincera e sicura di quello che è il potenziale della Freisa, senza temere la sua proverbiale tannicità (ovviamente ben domata, ma non annullata da procedimenti sin troppo “leviganti”) e guardando alla sua adattabilità al cambiamento climatico (di certo varietà come la Barbera lo stanno subendo molto di più) e alla maggior consapevolezza tecnica odierna come a due punti a favore per li futuro dei vini base Freisa. Vini che possono aspirare a un posizionamento differente nel quale possano incontrare un target di riferimento molto più attento e avvezzo a tali peculiarità, quindi più in grado di apprezzarne e valorizzarne qualità e unicità.
<<Bisogna “solo” chiedere alla Freisa di fare la Freisa!>>
Il tutto in un’epoca enoica in cui l’interesse per varietali e vini tipici come questo cresce in maniera esponenziale ma, al contempo, pone nuove sfide e accosta nuovi “competitors” ai produttori dell’associazione Più Freisa che, mi piace pensare, ne sapranno trarre spunto, stimolo e vantaggio continuando a confrontarsi e a coordinarsi in maniera coesa e lungimirante.
Da par mio, tornerò di anno in anno per constatare le evoluzioni dei produttori e dei vini dell’associazione Più Freisa che ho trovato salda e volitiva in ogni suo componente, nell’auspicio di una rinnovata consapevolezza che, sono certo, si sta già facendo strada negli animi di molti tra coloro che ho avuto modo di incontrare.
F.S.R.
#WineIsSharing