In un paese ad alta densità vitivinicola come l’Italia è facile imbattersi in quelle che possono essere definite “terre di mezzo”, ovvero areali compresi e, a volte, compressi fra altri più noti territori a trazione enoica. Eppure, come spesso accade, nel vino come nella vita, è tutta una questione di tempismo e di congiunzioni “astrali” che portano alcune zone, ovviamente vocate, a divenire più note di altre.
Quella di cui vi parlerò oggi è proprio una di quelle terre di mezzo o, forse, la terra di mezzo per eccellenza: il Montecucco.
Stretto fra le possenti braccia dei due “grandi fratelli” Brunello di Montalcino e Morellino di Scansano l’areale del Montecucco ha sempre fatto fatica a mostrare e dimostrare la sua indubbia vocazione, ma negli ultimi anni, grazie a un sempre più nutrito manipolo di produttori la musica sta cambiando palesemente!
Durante il mio ultimo viaggio alla scoperta delle varie aree interne al Montecucco ho potuto avere conferma di alcune mie previe convinzioni riguardo le potenzialità pedoclimatiche dei vigneti della denominazione maremmana che, però, non venivano interpretate al meglio in bottiglia.
Se l’abbraccio delle due più note denominazioni può far pensare a un limite per il Montecucco, quello protettivo e materno del Monte Amiata e quello mite e amicale del Mar Tirreno rappresentano una componente vocazionale indiscutibile. Un microclima ideale che va a sommarsi e integrarsi con la geologia dei terreni alle pendici dell’Amiata, un vulcano spento, che ha portato in dote ai vignaioli di quest’area terre a forte matrice lavica e minerale.
Un pedoclima che definire adatto alla viticoltura sarebbe un eufemismo, in quanto tra i pochissimi in Italia a vantare peculiarità così idonee inserite in un contesto di biodiversità unica e di sapere e consapevolezza agronomica così radicati. Se la viticoltura è sempre stata presente nel Montecucco, con grande saggezza e rispetto, ciò che è mancato negli anni addietro è stato un approccio tecnico enologico che andasse ad enfatizzare in maniera nitida e sincera quelle che sono le peculiarità di questo areale potenzialmente secondo a nessuno. Oggi, finalmente, il connubio fra una viticoltura rispettosa (i ¾ delle realtà presenti sul territorio è biologico e tutte stanno andando verso una conduzione virtuosa dell’intera denominazione) e una competenza tecnica altrettanto rispettosa e consapevole sta portando alla produzione di vini sempre più identitari, che non devono necessariamente “scimmiottare” i Sangiovese delle zone limitrofe (per quanto si guardi per ovvi motivi pedoclimatici, storici e stilistici a Montalcino), bensì sanno interpretare e palesare al meglio quelle che sono le caratteristiche di un territorio capace di raggiungere equilibri sempre più fondamentali fra struttura e acidità, fra maturazione tecnologica e fenolica, anche in annate particolari come la 2018.
Girando per i vigneti della DOCG nei comuni di Arcidosso, Campagnatico, Castel del Piano, Cinigiano, Civitella Paganico, Roccalbegna e Seggiano non è difficile rendersi conto di quanto la biodiversità e il rispetto per una conduzione promiscua delle aziende agricole rappresenti un, sempre più importante, valore aggiunto, atto a mantenere integro il paesaggio naturale con un apporto dell’uomo equilibrato e cauto. Sono molteplici le realtà che hanno mantenuto la propria storica e sana alternanza tra viticoltura, agricoltura (seminativo) e allevamento portando, però, ogni comparto della propria attività all’eccellenza. A differenza di altri areali in cui vige sempre di più una monocoltura o, comunque, si è persa gran parte della propria biodiversità, il Montecucco può contare su circuito virtuoso che vede e prevede ogni attività localizzata nel suo ambito più opportuno e, quindi, la viticoltura prevalentemente in collina.
I produttori facenti parte del Consorzio di tutela del Montecucco DOC, oggi, sono ben 66 che, per quanto diversi, hanno da subito seguito una linea comune di qualità e rispetto possibile grazie ad un severo disciplinare e alla supervisione del consorzio stesso.
A rappresentare in maniera più identitaria in termini varietali e territoriali questo areale non può che essere il Montecucco Sangiovese DOCG, prodotto con basse rese per ettaro (max 70q/ha), mentre la DOC comprende Montecucco Rosso, Montecucco Bianco e Montecucco Vermentino e gli ultimi iscritti Montecucco Rosato, Montecucco Vin Santo e Montecucco Vin Santo Occhio di Pernice.
Durante il mio ultimo viaggio in questa “terra di mezzo” ho avuto modo di visitare alcune piccole aziende capaci di interpretare in modi tanto differenti quanto rappresentativi del territorio le singole referenze con un’attenzione particolare, proprio, al Sangiovese che in quest’area trova un habitat particolarmente vocato.
Il Montecucco Sangiovese Docg (dal 2011) può godere di impianti posti in maggioranza tra i 150 e i 400 metri sul livello del mare (con picchi anche al di sopra dei 500m), alle pendici del monte Amiata, in un’area che deve il suo clima fresco e ventilato da un lato alle correnti in arrivo dalle aree interne dell’Italia centrale e dall’altro ai venti marini provenienti dalla costa tirrenica e dall’Argentario.
Un Sangiovese che, nonostante le mire enologiche differenti delle varie ere enoiche trascorse dalla nascita del consorzio (20 anni or sono), si è dimostrato capace di buona longevità e di un’armonica sincronia fra potenza e finezza in una verticale storica in cui si sono succeduti vini dal 1998 ad oggi con alcuni notevoli picchi di interesse. Degustazione che ha confermato, al contempo, un’evidente presa di coscienza da parte dei produttori di annata in annata e ha gettato le basi per un nuovo inizio ponendo il 2018 come una sorta di “anno zero” per la denominazione.
Ecco le cantine che fanno attualmente parte del Consorzio Tutela Montecucco, con una forte prevalenza di piccole e medie aziende in regime biologico e alcune in regime biodinamico:
Agricola Niccolini
Albaluce
Amiata
Assolati
Basile
Berretta
Campinuovi
Capanne Ricci
Casale Pozzuolo
Colle Petruccio
ColleMassari
Coniella
De Vinosalvo
Dotti Gianni
Fabiani
Fratelli Rongo
Fusi
Il Boschetto
Il Leccione
La Ciambellona
La Poderina Toscana
La Querciolina
La Vialla
Landi Aldo
Le Calle
Le Pianore
Le Querciole
Macchialta
Maciarine
Marco Salustri
Marzocchi Delio
Mazzi Lea
Montenero
Montesalario
Orciaverde
Palmoletino
Parmoleto
Perazzeta
Peteglia
Piandibugnano
Pianirossi
Pierini Brugi
Podere Montale
Poderi Firenze
Podernuovo
Poggio al Gello
Poggio Mandorlo
Poggio Saccone
Poggio Stenti
Prato al Pozzo
Quercia Sola
Ribusieri
Rongo
S.Gabriele Arcangelo
Salustri
Santa Margherita
Savelli e Rossi
Savelli Renato
Tenuta L’ Impostino
Tenuta Tondaia
Tenute Bruni
Toscaberna
Vasco Sassetti
Vegni & Medaglini
Vigne a Porrona
Villa Patrizia
Ciò che mi ha impressionato maggiormente, però, non è solo la netta crescita della qualità media dei vini, specie in termini di pulizia ed eleganza, bensì è stata la rigorosa attenzione riposta alla conduzione agronomica di ogni vigneto e all’impianti dei varietali più idonei in ciascun terreno presente all’interno della denominazione: vulcanico, alluvionale e calcareo.
E’ così che troverete all’interno del medesimo areale varie espressioni pedoclimatiche che esalteranno l’identità di ogni singola realtà.
In questo pezzo ho voluto focalizzare l’attenzione sul territorio nella sua interezza, senza riportare le mie personali impressioni riguardo le cantine che ho avuto modo di visitare e/o i vini che ho degustato ma ci tengo a ribadire di aver riscontrato una crescita nitida che non sembra voler accennare a fermarsi e che, se tanto mi da tanto, porterà il Montecucco a ottenere la visibilità che merita di qui a poco, in quanto areale dalle potenzialità non più inespresse. Ancor più pensando all’annata 2018, difficile per molti areali toscani ma generosa e clemente con queste terre che potranno mostrare sia la propria vocazione che l’attenzione e la competenza agronomica ed enologica presenti in vigna e in cantina. Utile potrà essere l’affermazione sui mercati nazionali e internazionali di alcune cantine capaci di fare da traino per l’intera denominazione grazie a massa critica e capacità comunicativa.
Lasciando il Montecucco mi sono reso conto di quanto questo areale sia capace di sorprendere per bellezza dei contesti in cui la viticoltura si è insediata e per il rispetto e la consapevolezza che ogni realtà produttrice ha nei confronti di tale ricchezza. Un valore, quello della bellezza, che viene sin troppo spesso usato in modo superficiale, ma che nel Montecucco si palesa in una miriade di tanto complesse quanto semplici e schiette sfumature di biodiversità che sanno farsi liquide in ogni calice di vini ormai in grado di
brillare di luce propria. Vini che in passato mi avevano lasciato perplesso per la poca costanza e un livello di qualità media sicuramente inferiore a quello che ho potuto appurare in questi tre giorni di esaustive visite in vigna e in cantina e di intensi assaggi. Una terra dalla vocazione innata che sta crescendo di annata in annata e credo sia davvero giunto il suo momento… il momento del Montecucco!
brillare di luce propria. Vini che in passato mi avevano lasciato perplesso per la poca costanza e un livello di qualità media sicuramente inferiore a quello che ho potuto appurare in questi tre giorni di esaustive visite in vigna e in cantina e di intensi assaggi. Una terra dalla vocazione innata che sta crescendo di annata in annata e credo sia davvero giunto il suo momento… il momento del Montecucco!
F.S.R.
#WineIsSharing