Brunello di Montalcino 2018, Riserva 2017, Rosso di Montalcino 2021/2022 – Migliori assaggi e considerazioni sulle annate in anteprima a Benvenuto Brunello 2022

Benvenuto Brunello 2022 – Protagonista un’annata 2018 divisiva, fine e agile, già fruibile per la ristorazione ma che potrebbe stupire in longevità. Pochi ma validi i Brunello selezione 2018 e i 2017 Riserva. Un potenziale cambio di marcia nella presentazione del Rosso di Montalcino.

Si è da poco conclusa la sessione dedicata alla stampa nazionale e internazionale dell’anteprima Benvenuto Brunello. Un’occasione di degustazione dei vini ilcinesi che, con il nuovo format e l’anticipo a novembre, è divenuta l’unica anteprima del vino a presentare in blocco vini (almeno per quanto concerne il Brunello di Montalcino Docg) non ancora sul mercato, in quanto saranno commercializzati dal primo gennaio 2023.

Le cantine aderenti sono state 137, con oltre 300 referenze in degustazione fra: Brunello di Montalcino Docg 2018 “annata”, selezione vigna, selezioni con “altra etichetta”; Brunello di Montalcino Docg Riserva 2017; Rosso di Montalcino Doc 2021 e uscita ritardata 2020; Sant’Antimo; Moscadello di Montalcino Doc.

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Annata 2018 – Andamento stagionale e considerazioni agronomiche, enologiche e interpretative


La 2018 è stata caratterizzata da una primavera (in particolare il mese di Maggio) con precipitazioni superiori alla norma che hanno avuto l’effetto positivo di rimpinguare le riserve idriche messe a dura prova dalla 2017 e quello potenzialmente “negativo” legato alla proliferazione di patologie fitosanitarie e all’aumento della difficoltà delle lavorazioni in campo, specie in alcune zone dell’areale. Per fortuna, già dal mese di giugno, si è potuto godere di una positiva irradiazione e temperature che, per quanto non coerenti con le annate “calde” alle quali siamo sempre più abituati, restano ampiamente in linea con le annate “classiche”, pre-cambiamenti climatici. L’estate, per quanto possa essere annoverata fra quelle “fresche e piovose” ha potuto offrire un buon numero di ore in termini di irradiazione solare, con un andamento del ciclo vegetativo sicuramente più lento, ma equilibrato, grazie al lavoro dei vignaioli che hanno saputo ben adoperarsi per evitare un impatto ingente delle principali malattie crittogamiche della vite. Le abbondanti piogge primaverili hanno, inoltre, portato a un’ingente spinta vegetativa e ad un aumento dei grappoli in produzione notevole, specie se paragonata alle rese dell’annata precedente.
La vendemmia è stata classica come non se ne vedevano da lustri, con un settembre/ottobre sereni che hanno permesso maturazioni lente e bilanciate, preservando una notevole dote acidica. La struttura risulta meno muscolare ma non necessariamente esile e non di certo “verde” (salvo alcuni rari casi) grazie a un settembre sereno e asciutto che ha permesso di completare le tre maturazioni (tecnologica, fenolica e aromatica) in maniera lenta ed equilibrata, come – purtroppo – accade sempre meno. E’ interessante, infatti, constatare quanto l’abitudine del “nuovo millennio” a ritrovarsi nel calice vini sempre più vicini ai 15 gradi alcol abbia fatto percepire, a molti, la 2018 (che, dati alla mano, aveva raggiunto comunque una buona maturità tecnologica) un’annata scarica ed esile, anche a causa della minor carica cromatica di molti vini in degustazione. In realtà, il fattore positivo di un’annata come questa (che la avvicina molto alla 2013) è l’aver potuto portare a maturazione i Sangiovesi delle zone più vocate con un gap molto più contenuto fra maturità fenolica e maturità tecnologica, consentendo di portare in cantina uve con vinaccioli croccanti e ben lignificati, bucce pronte e non vegetali (come ampiamente attestato dai numerosissimi campionamenti ISVEA).

Le valutazioni da fare – in termini agronomici, pedo-climatici ed enologici – sono molte e significative, e per questo andrebbe evitata la generalizzazione tenendo, invece, conto di variabili quali: versanti, esposizioni, matrici pedologiche (più o meno drenanti), conduzione agronomica (in un’annata in cui gli interventi sono stati superiori alla media degli ultimi anni, ma di certo non paragonabili a quanto accaduto nella 2014), gestione delle rese (sicuramente un’annata che ha portato a dover scegliere i grappoli più maturi e sani su una base di buona produttività per pianta, almeno rispetto all’annata precedente che a causa di gelata tardiva, caldo eccessivo e siccità aveva portato a rese ben al di sotto della media, in molti casi) e obiettivi enologici (scelta di destinare le uve migliori al solo Brunello “annata” o di effettuare ulteriori selezioni per le menzioni “vigna” o particolari referenze aggiuntive). Ad incidere anche l’epoca vendemmiale (a differenza di quanto accaduto, ad esempio quest’anno, attendere ha portato a un quadro analitico di maturazione qualitativamente migliore ma non tutti hanno potuto aspettare, a causa di alcuni sporadici episodi piovosi che hanno spinto molti produttori ad anticipare, seppur non di molto, la raccolta), l’impatto dei legni (su un’annata potenzialmente più incline a “subire” l’impatto di legni troppo incidenti sia in termini di tempo, che di qualità, essenze, passaggi e tostature) e l’estrazione (che andava dosata in base al potenziale delle proprie uve con grande sensibilità e non secondo aprioristici paradigmi stilistici).

E’ intuibile, inoltre, la scelta di gran parte dei produttori di Brunello di Montalcino di portare in bottiglia delle 2018 coerenti con l’annata, nonostante la possibilità di compensare alcune lacune strutturali con il taglio d’annata (cosa legittima e, talvolta, comprensibilmente necessaria, ma che in questo caso – a mio modesto parere -, non avvenendo con percettibili evidenze, ha messo in risalto la volontà sempre più diffusa di rispettare a pieno le peculiarità delle annate, puntando sui fattori positivi di ciascuna, senza farsi scoraggiare dalle eventuali connotazioni “negative”). In ultimo, a rafforzare il potenziale di molti Brunello di Montalcino 2018 “annata” è la scelta di non destinare parti importanti della masse alle selezioni (vigna o altro) e (a giudicare da ciò che ho potuto vedere nelle cantine) alla menzione riserva. Aspetto che, unitamente alla (seppur poco romantica) possibilità di molte realtà (anche medio-piccole) di attingere a differenti parcelle, con differenti caratteristiche, al fine di bilanciare i parametri della massa totale grazie alle peculiari doti dell’una e dell’altra “vigna”, ha permesso di compensare buona parte delle lacune di un’annata che va, sì, definita “complessa” ma non necessariamente è da annoverarsi tra le annate “esili” o “piccole”. Mi piace ricordare, inoltre, che molti si stanno ricredendo riguardo il potenziale di longevità di annate come la 2013 e, per certi versi, la 2008, nonché la tanto “sfortunata” 2014 che, di certo, non poteva garantire basi strutturali solide ma che ha, d’altro canto, messo in risalto un’anima differente dei Sangiovesi di Montalcino, più fine e longilinea, ma non per questo da denigrare in toto e ancor meno da relegare ad “annatina da bere – solo ed esclusivamente – in fretta”. Fermo restando che, provocatoriamente, continuo a pensare che non sia di primaria importanza prendere come indicatore della bontà di un’annata un fattore pretestuoso (in quanto basato su mere previsioni intuitive o su valutazioni analitiche parziali) come “il potenziale di longevità”, non di certo prevedibile (quante annate ci hanno stupiti pur non presentando i connotati della “grande annata”?), per un vino che già arriva sul mercato al quinto anno dalla vendemmia e che – si spera – verrà venduto in un lasso di tempo ristretto, coerente con un consumo (con immenso dispiacere di molti, ma non dei produttori, nonostante qualcuno dica il contrario) che nella maggior parte dei casi avverrà entro i 2 anni dall’uscita. Non credo che questo significhi, in alcun modo, non perorare la causa della longevità (va detto che i cambiamenti climatici incidono anche sugli equilibri utili alla preservazione di molti vini italiani e che, la maggior contezza tecnica e gli obiettivi enologi più elevati compensano solo parzialmente tali scompensi analitici). A noi tutti piace stappare bottiglie d’antan e godere di veri e propri tuffi nella storia ed è sacrosanto pretendere da un grande vino quale il Brunello un ponderato potenziale evolutivo, ma l’intuibile longevità non può determinare in maniera pregiudiziale il valore concreto di un vino che va valutato per ciò che è ora (o, al massimo, per ciò che sarà dal 1° gennaio 2023) e per la sua attitudine a tradurre identità territoriale, varietale e personalità di chi quel vino lo fa con equilibrio e assolvendo al suo compito primo, ovvero la piacevolezza di beva (badate bene… non facilità!) e la riconducibilità alla terra e alla denominazione che rappresenta, nel rispetto dell’annata. Tutto questo in una sana e sincera alternanza fra annate più di forza e di materia e altre (sempre più rare) di finezza e slancio, con il potenziale comune denominatore dell’eleganza a fare da ago della bilancia.

Detto questo, il Brunello ha, anche nella 2018, le carte in regola per stupire oggi e nel tempo e mi par strano che si dia per scontato il crollo di questi vini di qui a breve, visto che negli ultimi anni abbiamo sempre più abbinato al nerbo acido che alla struttura (per quanto la “ciccia intorno all’osso” e la completezza degli equilibri strutturali siano fondamentali per garantire un’evoluzione importante) il potenziale evolutivo dei vini. Acidità che non manca in un’annata che, in termini analitici, può contare su parametri che molte varietà e molti vini invidierebbero (specie in termini di pH), in questa era in cui le problematiche sono, sempre più spesso, opposte a quelle di un’annata come questa. Un’annata di selezione e di sensibilità interpretativa dunque, in cui ogni scelta agronomica ed enologica ha avuto un impatto fondamentale tanto quanto la zona o, ancor più, le zone di provenienza delle uve.

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A seguire gli assaggi che mi hanno colpito di più in questa anteprima Benvenuto Brunello 2022, emersi dalla degustazione della totalità delle referenze (oltre 300).

N.B.: Come sempre la lista si basa solo sugli assaggi fatti a Benvenuto Brunello e le impressioni riguardanti vini degustati in sessioni così concentrate non precludono in alcun modo la possibilità di essere personalmente smentito o stupito dal riassaggio individuale, nel corso dei prossimi mesi, delle referenze non inserite nel seguente novero.

Migliori Brunello di Montalcino 2018 Docg (“annata”)

Argiano – Brunello di Montalcino 2018 Docg: nitido nel frutto e fresco nel fiore, lievi note speziate e balsamiche. Buon equilibrio acido-strutturale e grande piacevolezza di beva. Agile e saporito. Tutt’altro che banale.

Capanna – Brunello di Montalcino Docg 2018: classico come pochissimi altri, di quella classicità mai anacronistica, anzi..! Vino che sa di Montalcino e che non manca di nulla, nonostante l’annata sottratta in materia. Elegante ed ematico. Da assaggiare per comprendere a pieno le potenzialità dell’annata, senza storture di sorta.

Castello Tricerchi – Brunello di Montalcino Docg 2018: ormai non più un outsider! Una conferma di quanto la scelta di non produrre selezioni (in una zona che poteva subire particolarmente l’andamento dell’annata) e, al contempo, di dedicare tutte le migliori uve al Brunello “annata” abbia permesso al giovane Squarcia e a suo Zio di portare in bottiglia un Sangiovese concreto, teso e vibrante, dai tannini fitti e una buona profondità di sorso. Consapevole.

Castiglion del Bosco – Brunello di Montalcino Docg 2018: precisione e gradevolezza contraddistinguono questo Brunello ben concepito ma per nulla banale. Fiero di coincidere con l’annata in termini di levità ma capace di un buon affondo succoso e saporito. Preciso e tonico.

Corte dei Venti – Brunello di Montalcino Docg 2018: piacevole sorpresa, per una 2018 che poteva celare delle insidie per questa piccola realtà in zona Piancornello. Vino integro, armonico e di buona matrice minerale. Grip tannico in via di definizione e chiusa sanguigna. Back to the future!

Gorelli – Brunello di Montalcino Docg 2018: si fa apprezzare per l’ampiezza del frutto e la polpa, talvolta latitante in questa annata. Tannini già ben definiti e finale ematico. Buona la “prima”!

La Palazzetta – Brunello di Montalcino Docg 2018: convince sin dal primo naso per aderenza alla freschezza dell’annata ma, al contempo, non lesina una non scontata maturità di frutto. Sorso equilibrato nella consistenza e nello abbrivio acido/minerale all’inerzia di beva. Una risposta di buona contezza tecnica e grande intuito alla complessità dell’annata.

Lisini – Brunello di Montalcino Docg 2018: tra i più intensi al naso, con buona maturità di frutto, viola e lieve speziatura. Sorso integro nella materia e garbato nello sviluppo agile e sanguigno. Tannini soft. Coerente.

Martoccia di Brunelli – Brunello di Montalcino Docg 2018: tanto inatteso quanto in grado di destare l’attenzione nel bel bezzo della sessione d’assaggio, con palato e mente già al giro di boa. Nettamente tra i vini più netti assaggiati dell’azienda, con il plus di una consistenza di frutto ben distante dall’esilità, per quanto assolutamente non eccessiva. Struttura e acidità ben bilanciati e texture tannica decisa ma non sgarbata. Equilibrato e saporito. Inaspettato.

Padelletti – Brunello di Montalcino Docg 2018: il cambio di marcia avuto dalla 2015 poteva subire un rallentamento, piuttosto che una battuta d’arresto, con questa annata ma non è stato così. Se è vero che alla più antica cantina ilcinese la forza è sempre piaciuta più dell’agilità, la 2018 ha creato e, forse, imposto equilibri più orientati all’eleganza e alla finezza, senza lesinate compostezza e concretezza di centro bocca e di affondo. Una 2018 di carattere!

Pietroso – Brunello di Montalcino Docg 2018: ormai stabilmente tra i migliori assaggi, mostra quanto una conduzione agronomica accorta e la possibilità di attingere a uve di diverse parcelle abbia fatto la differenza in termini di bilanciamento fra la componente materica e l’agilità. Vino non esile, fiero e dotato di un affondo di buona profondità per l’annata. Tannini cesellati e chiusura saporita. Ben fatto!

Poggio di Sotto – Brunello di Montalcino Docg 2018: se il rosso 2018 resta ancora oggi uno dei riferimenti (per molti troppo scarico, per me di una raffinatezza unica) per la tipologia, il Brunello regge bene il colpo e non lesina personalità, restando fedele alla linea aziendale che – fortunatamente – continua a propendere per la finezza. Che portamento!

Roberto Cipresso – Brunello di Montalcino Docg 2018: per la prima volta il brunello “annata” dell’enologo “vicentino”, ilcinese d’adozione, è tra i miei migliori assaggi (già citato più volte il suo Rosso di Montalcino) e lo fa con un’annata in cui sensibilità interpretativa e capacità di modulare vinificazione e affinamento hanno fatto la differenza. Un’esaltazione della freschezza di frutto e dell’eleganza alle quali anelava l’annata ma che potevano essere, entrambi, inficiate da un eccessiva incidenza del legno. Cosa che non è avvenuta e, mai come in questa annata, ho potuto apprezzare nei vini dell’azienda quella combinazione di completezza strutturale e agilità di beva che, in alcun modo preclude una buona longevità. Meritato.

Salvioni “La Cerbaiola” – Brunello di Montalcino Docg 2018: probabilmente il miglior assaggio dell’anno a Montalcino. Dopo aver omesso la 2017 dai migliori assaggi dello scorso anno, confidavo di ritrovare un Brunello che portasse in dote, sì, la proverbiale potenza espressiva di Salvioni ma che “sfruttasse” la fisionomia longilinea della 2018 a suo favore, per tendere la materia e dare agilità alla beva, restando fedele alla solidità di questi vini. Così è stato! Vino che non manca di nulla, disponendo di una polpa decisamente più ampia e succosa della media, attraversata da un’ottimale spina acida che spinge il sorso fino alla chiusura decisa nell’ematicità e già ben domata nel tannino. A chi pensa che non possa evolvere a dovere do appuntamento al 2037. La bottiglia (alla cieca) la metto io!

San Guglielmo – Brunello di Montalcino Docg 2018: forse ero l’unico a conoscere già molto bene questa piccolissima realtà alla terza annata di produzione e più che aspettative, nutrivo curiosità per questa 2018 di Ilaria Martini. Curiosità ripagata con lo stupore di uno dei Brunelli più completi nel frutto, nel fiore e nella spezia, nonché nella materia e nel nerbo acido/minerale. Tannini netti e finale lungo e carnoso. A quanto pare, tutt’altro che una meteora!

Sanlorenzo – Brunello di Montalcino Docg 2018: “in alto queste annate si soffrono!”, questa frase è riecheggiata nelle sale del Chiostro di Sant’Agostino durante questa edizione di Benvenuto Brunello e, in alcuni casi, la – seppur generica considerazione – ha trovato un riscontro parziale. Non di certo nel vino di Luciano Ciolfi che si conferma in grado di mitigare gli effetti delle annate complesse con un approccio sensibile e sempre più consapevole. Il suo Brunello è armonico, integro e definito nella sua fisionomia longilinea ma dal buon tono muscolare. Il classico tannino “ruvido” di tante annate di Sanlorenzo lascia, stavolta, spazio a una maggior finezza. Ematico il finale. Scalatore!

Uccelliera – Brunello di Montalcino Docg 2018: generoso come pochi al naso. Il sorso è energico e tonico, come pochi nell’annata. Tannino ben delineato. Buon affondo sapido/ematico. Tra i vini che hanno retto meglio, anche in termini di materia, gli esiti dell’annata.

Ventolaio – Brunello di Montalcino Docg 2018: armonico, coerente e intrigante. Vino agile ma non facile, di succo e di affondo. Tannini vividi e finale saporito. Equilibrato e godibile ma, al contempo, dal buon potenziale evolutivo. Il Ventolaio se l’è cavata molto bene anche quest’anno!

Migliori Brunello di Montalcino Docg 2018 Selezioni “Vigna” e altre etichette

Selezioni “Vigna”

Altesino – “Vigna Montosoli” Brunello di Montalcino Docg 2018: intenso nel frutto e fine nel fiore, netta la speziatura e sfumato il principio balsamico. Un sorso ampio per l’annata, capace di distendersi con agilità e profondità di sapore. Tannini ben definiti. Conferma.

Canalicchio di Sopra – “Vigna Montosoli” Brunello di Montalcino Docg 2018: già elegante il naso nel gioco armonico fra equa maturità di frutto, freschezza floreale e spezia. Il sorso è integro, ben dosato nella struttura e dotato di buon nerbo acido. I tannini sono già sulla via della definizione completa. Il finale ematico chiude il cerchio. Da seguire in evoluzione.

Ciacci Piccolomini d’Aragona – “Pianrosso” Brunello di Montalcino Docg 2018: intenso nel frutto, intrigante nella speziatura. Legno ben dosato. Il sorso mostra quanto questo vigneto abbia risposto bene a un’annata non semplice ma in grado di infondere maggior finezza e slancio alla nota selezione dell’azienda. Bandite le sovrastrutture.

Cortonesi – “Poggiarelli” Brunello di Montalcino Docg 2018: buon frutto, legno ben integrato (temevo la 2018 lo avrebbe accusato maggiormente in questa fase) con spezia e accenni balsamici che rendono più vivido il naso. Sorso più ampio della media, cadenzato e ben distante dall’essere considerato esile. Garbato il grip tannico, chiude netto e saporito. Aderente allo stile aziendale al quale un’annata sottratta in materia, come questa, dona maggior eleganza e slancio. Non chiamatelo “moderno”.

La Magia – “Ciliegio” Brunello di Montalcino Docg 2018: capita sempre più sovente che questa selezione catturi la mia attenzione e mi riconduca alla sua geolocalizzazione ma, il rischio, era di non trovare la consueta intensità di frutto in un’annata come la 2018. Rischio evitato e frutto ben integrato in un naso ricco di fiore, spezia, accenni balsamici e di sottobosco. Il sorso è deciso in ingresso e agile nella dinamica di beva. Texture tannica fitta e fine e chiusa sanguigna. Identitario.

Le Gode – “Vigna Montosoli” Brunello di Montalcino Docg 2018: naso di buona vitalità e legno ben integrato. Sorso materico e di buona spinta acida. Tannini per nulla ruvidi e finale umami. Un vino sempre più consapevole del proprio potenziale, dall’allure discreta e non ostentata.

Tiezzi – “Vigna Soccorso” Brunello di Montalcino Docg 2018: a primo naso si nota subito l’equilibrio di un’interpretazione che non manca di maturità di frutto ma non eccede in alcun modo. Sorso fiero, ampio e di buona profondità saporita. Il tannino vanta ancora buon grip. Un Brunello in grado di attraversare il tempo e le mode.

Altre selezioni

Cava d’Onice – “Colombaio” Brunello di Montalcino Docg 2018: raramente questa selezione si è lasciata preferire, dal sottoscritto, al Brunello “Sensis” ma quest’anno, nonostante la bontà del “classico”, il gap è evidente e il Colombaio scala la piramide della mia attenzione con un connubio raro fra compostezza e armonia del naso e concretezza e piacevolezza al sorso. Un vino di forza e di nerbo, giocato su equilibri materici rari per l’annata. Traduzione fedele del terroir, in cui il vignaiolo fa ancora la differenza.

Patrizia Cencioni – “Ofelio” Brunello di Montalcino Docg 2018: suadente e intrigante, con un’ottima integrazione del legno. Sorso ampio in ingresso e disteso nell’allungo. La trama tannica è ancora lievemente indietro ma è in via di definizione. Buona la prima!

Tassi – “Franci” Brunello di Montalcino Docg 2018: la forza e il carattere di questo “cru” emerge anche in questa interpretazione dell’annata, mostrando il giusto connubio fra nitidezza espressiva e rigore stilistico. Sorso di buona struttura e netta spina acida, con tratti tannici fini e deciso allungo saporito. Materico.

Terre Nere – “Capriolo” Brunello di Montalcino Docg 2018: una generosità di frutto inattesa, con note di fiori, sottobosco e spezia nera a rendere complesso lo spettro olfattivo. Sorso sicuro nell’ingresso, giustamente ampio in centro bocca e capace di un buon allungo. Tannini soft e chiusura umami. Intrigante.

L’annata 2017 e il Brunello di Montalcino Riserva

La 2017 è stata un’annata, in antitesi con la 2018 – nel “bene e nel male” – caratterizzata da due macro episodi/fattori climatici: gelata tardiva a metà di aprile che ha colpito in particolar modo di fondovalle e le viti più avanti nel ciclo vegetativo (già in germogliamento avanzato) e un’estate calda e asciutta con elevati picchi di calore. Fattori che hanno portato ad un calo generalizzato della produzione. Fortunatamente in prevendemmia in alcune zone dell’areale un po’ di acqua ha permesso ai grappoli di riprendere un po’ di tonicità. Di certo lo stress si è fatto sentire e la conduzione agronomica (in particolare la gestione della parete fogliare) e le scelte vendemmiali hanno fatto la differenza. Da notare che in alcuni casi l’eccessivo stress ha portato alla chiusura stomatica e a momentanei arresti vegetativi che hanno dato origine ad episodi in cui in valori tecnologici dei campioni di uva erano opportuno mentre quelli fenologici si presentavano ancora molto indietro. Questa situazione poteva portare a vini con una naturale maggiore gradazione alcolica ma tannini non pienamente maturi. A giudicare dagli assaggi in anteprima, ad eccezione di pochissimi casi, questo non si è verificato, a testimonianza del grande lavoro dei produttori montalcinesi in vigna, ancor prima che in cantina. Maggiore il rischio di surmaturazione e di scottature che in alcuni assaggi ha inciso in maniera variabile sulla percezione del frutto. Gli assaggi fatti lo scorso hanno per quanto concerne i “brunello annata” hanno palesato una qualità media che, data la difficoltà dell’annata, si è rivelata essere sorprendentemente alta, facendo ben sperare per le versioni “Riserva”. Come tutte le annate difficili anche questa è da definirsi un’annata di selezione e chi ha saputo portare in cantina solo e soltanto le migliori uve ha prodotto vini di buon equilibrio strutturale con acidità tendenzialmente non molto al di sotto della media. A fare da distinguo sono state le texture tanniche, in quanto gli arresti vegetativi (unitamente alla conduzione agronomica non sempre opportuna, specie in termini di defogliazione e di gestione del suolo) e la rivelante discordanza fra tecnologica e fenolica, in alcune zone, hanno portato a durezze e grip difficilmente digeribili. Di certo il maggior affinamento delle Riserve ha agevolato una parziale polimerizzazione rendendo più piacevoli le chiusure di sorso di molti vini assaggiati quest’anno. Va da sé che l’esiguo numero di campioni in degustazioni è indice delle scelte dei produttori ilcinesi che, in un’annata tendenzialmente poco produttiva (sia in termini di rese in grappoli che di rese in mosto) e complessa in termini di parametri analitici, hanno preferito concentrarsi sul Brunello annata e non destinare parte della massa alla Riserva.

Migliori Brunello di Montalcino Riserva Docg 2017

Casisano – “Colombaiolo” Brunello di Montalcino Riserva Docg 2017: equa maturità di frutto, fiore ancora vivido e fresco, note balsamiche non occluse dalle note boisé appena accennate. Intrigante la speziatura. Sorso fiero, di polpa e non povero di slancio e profondità. Tannini ben definiti e lunga chiusura saporita. Equilibrio sorprendente!

Fattoi – Brunello di Montalcino Riserva Docg 2017: coerente con lo stile aziendale, etereo, dal frutto equamente maturo abbracciato da sentori che richiamano il sottobosco. Un avvio di terziarizzazione tra cuoio e tabacco fa pensare a un vino più evoluto di quanto ci si ritrovi, invece, ad assaggiare. Integro nella materia e di buon nerbo acido. Tannini in via di rifinitura e lunga chiusura sanguigna.

Fattoria dei Barbi – Brunello di Montalcino Riserva Docg 2017: armonica seppur agli albori della sua evoluzione. Legno in via di integrazione e buona balsamicità. Nessun accenno di terziarizzazione e/o ossidazione prematura. Una Riserva dal piglio deciso e dalla struttura muscolare forte ma non eccessiva. Buona definizione tannica e decisamente lungo il finale umami. Promette un’evoluzione esemplare.

Ridolfi – “Mercatale” Brunello di Montalcino Riserva Docg 2017: intenso, ampio e suadente. Sorso pieno dall’incedere sicuro e dall’affondo cadenzato. Tannini ancora in piena trazione e finale saporito. Forza e controllo.

Salicutti – “Teatro” Brunello di Montalcino Riserva Docg 2017: complesso e intrigante al naso, intenso e succoso al sorso. Buona dinamica di beva per una riserva di quest’annata e calore contenuto. Un vino senza eccessi di sorta, capace di lasciarsi bere oggi pur anelando a ottime prospettive evolutive. Classicità contemporanea.

Tenuta Corte Pavone – Loacker Wine Estates – “Vigna Poggio Molino al Vento” Brunello di Montalcino Docg Riserva 2017: maturità in linea con l’annata, senza accenni di surmaturazione. Ricco nel frutto, con fiore, spezia e folate balsamiche a rinfrescare il calore del primo naso. Sorso integro, deciso e saporito. Ricchezza ma non opulenza.

Rosso di Montalcino 2021 e uscita ritardata

Se la 2021 è un’annata che potremmo considerare parzialmente antitetica alla 2018, ciò che fa ben sperare di questa anteprima è che, pur essendo solo alla seconda edizione autunnale di Benvenuto Brunello, sta già avvenendo ciò che avevo personalmente auspicato lo scorso anno in occasione della manifestazione e ribadito durante l’evento Red Montalcino, ovvero la predilezione delle aziende a presentare il Rosso in “uscita ritardata” e non nell’annata corrente. Questo, fatta eccezione di chi ha preferito essere in linea con le dinamiche dell’anteprima in corso, potrebbe portare all’assaggio dei Rosso di Montalcino nel loro momento di apice espressivo e non a distanza di troppo poco tempo dall’imbottigliamento. (Ricordo che la stessa annata non può essere presentata in due edizioni differenti di Benvenuto Brunello). Un adeguamento che, quindi, potrebbe spingere a uscire sul mercato con meno fretta, senza incidere necessariamente sull’epoca di imbottigliamento (cosa che, invece, l’anteprima novembrina potrebbe – in alcuni casi, auspicabilmente – portare a fare per il Brunello, aumentando l’affinamento in bottiglia, con un anticipo di imbottigliamento).

E’ importante, inoltre, ricordare che il Rosso di Montalcino, dallo scorso anno, ha un suo evento dedicato Red Montalcino (che si ripeterà nel giugno 2023), nel quale ho tanto creduto e continuo a credere. Un evento che potrebbe divenire un ulteriore motivazione per attendere nella presentazione del Rosso “annata”, almeno fino alla primavera inoltrata, lasciando all’anteprima Benvenuto Brunello le sole uscite “ritardate”.

Migliori Rosso di Montalcino Doc 2021

Caprili – Rosso di Montalcino Doc 2021: nitidezza e chiarezza espositiva in un’interpretazione gioviale, fresca ma non banale. Sorso ben disegnato dall’ingresso sicuro alla chiusura sapido/ematica, passando per un centro bocca più ampio della media. Classicità contemporanea.

Casanova di Neri – “Giovanni Neri” Rosso di Montalcino Doc 2021: nell’anno in cui viene presentato (purtroppo non nell’anteprima “ufficiale”) anche il Brunello 2018 da quello che è divenuto un vero e proprio “cru” aziendale nella zona di Sesta, il Rosso “Giovanni Neri” 2021 si prende la scena determinando uno degli assaggi più luminosi dell’intera batteria dei rossi (e non solo): Un vino di grande completezza olfattiva, in grado di giocare con note fresche e quella malcelata necessità di vitrea evoluzione per mostrare a pieno ciò di cui è capace. Un sorso di polpa e di slancio, indice di tonicità e ottimale dinamica di beva. Un Rosso fiero di fare il Rosso nella sua accezione più alta. Riferimento.

Talenti – Rosso di Montalcino Doc 2021: probabilmente, per molti, da anni il benchmark per la denominazione in quanto capace, come pochissimi altri, di concedersi in gioventù con personalità e imprescindibile riconducibilità al varietale, al territorio e all’annata pur mantenendo una palese proiezione prospettica alla longevità. Questa 2021 non è da meno nel piglio fresco e armonico al naso, che fa da preludio a un sorso completo, energico e sanguigno. La texture tannica è ben delineata ma presente e la persistenza è notevole. Un Rosso che gratifica oggi e sorprenderà chi avrà la “s-fortuna” di dimenticarne qualcuna in cantina e di ritrovarla tra qualche anno.

Tiezzi – “Per il Babbo” Rosso di Montalcino Doc 2021: una nuova referenza in casa Tiezzi ma la menzione non è per la novità bensì per la bontà di un Rosso che si fa apprezzare già per fierezza olfattiva e tridimensionalità del sorso ma che, sono certo, darà il meglio di sé tra qualche mese di bottiglia. Un vino degno del padre del “Rosso di Montalcino”.

Tornesi – Rosso di Montalcino Doc 2021: sin dal primo naso ti racconta dell’annata e del territorio dal quale proviene con sincerità e schiettezza. Un Rosso che fa della sua godibilità e dell’agilità di beva le sue prerogative ma, al contempo, non lesina materia e allungo. Tannini definiti ma ben presenti e chiusura tra ferro e sale. Gastronomico.

Migliori Rosso di Montalcino Doc “uscita ritardata”

Albatreti – Rosso di Montalcino Doc 2020: se il Brunello (pur buono) è per la prima volta, dopo almeno un lustro, fuori dagli assaggi che di più mi hanno colpito in anteprima, il Rosso manifesta un connubio fra una rara complessità per la tipologia (aiuta sicuramente l’uscita “ritardata) e una beva agile e spigliata, nonostante la matericità del sorso. I tannini sono lievemente indietro ma fanno intuire una buona predisposizione all’evoluzione e la chiusura è lungamente saporita. Bandita la banalità.

Beatesca – Rosso di Montalcino Doc 2020: spicca per la croccantezza del frutto e la finezza floreale, con quel quid di spezia che lo rende tanto fresco quanto intrigante. Il sorso è di polpa e di nerbo, ampio e dinamico. Chiusura soft nel grip tannico e sanguigna. Impeccabile.

Celestino Pecci – Rosso di Montalcino Doc 2020: il Brunello 2018 non è tra i migliori assaggi per il rotto della cuffia, ma sono convinto che con qualche mese di bottiglia potrà stupire tanto quanto questo rosso che spicca tra tutti per il suo piglio classico ma non anacronistico. Un Rosso non esile, dal sorso ben ritmato nell’incedere deciso e saporito. Un Rosso di Montalcino fiero di essere un Rosso di Montalcino.

Col d’Orcia – Rosso di Montalcino Doc 2020: difficile non soffermarsi su una delle interpretazioni di Rosso di Montalcino più distintive per precisione e coerenza stilistica. Un vino tanto fresco nel frutto e nel fiore quanto intrigante nella spezia, con note agrumate di sanguinella a chiudere un naso per nulla banale. Il sorso è di buon corpo e di discreta tensione; la trama tannica è percettibile nella sua fitta finezza e il finale è asciutto e saporito. Godibile oggi ma capace di stupire in evoluzione.

Elia Palazzesi – Rosso di Montalcino Doc 2020: scuro nelle tonalità di frutto, fine nel fiore, caldo nella spezia. Sorso pieno, di buon nerbo, sfaccettato come la sua tessitura tannica. La chiusa asciutta e saporita invita al prossimo calice. Vigoroso.

Sasso di Sole – “Sasso di Luna” Rosso di Montalcino Doc 2020: buona maturità di frutto, resa più fresca dall’apporto floreale e agrumato che completano il quadro olfattivo, in cui il legno incide in maniera solo lievemente percettibile. Il sorso è di buona tonicità muscolare, con un allungo deciso e profondo. Asciutto e salino il finale. Convincente.

Tenuta Buon Tempo – Rosso di Montalcino Doc 2020: un Rosso dal piglio classico, capace di esprimere nitidamente l’identità varietale senza scadere nella semplicità delle sole note fruttate, bensì mostrando un’eleganza floreale e speziata non comune. Sorso fiero e caparbio, non privo di materia. Una tessitura tannica fitta lascia il palato terso. Giustamente saporito in chiusura. Da tenere d’occhio.

Conclusioni sulla 2018, un’annata fine e agile ma anche duttile e serbevole, da rivalutare a tavola!

Un Benvenuto Brunello che ha visto, in conclusione, un esordio dell’annata 2018 molto divisivo che pone le basi per una sana disquisizione sulla percezione di un’annata che (dati alla mano, sia in termini di sommatorie termiche che di quelle pluviometriche), fosse arrivata prima dell’epoca dei cambiamenti climatici e prima della ricerca delle sovrastruttura a cui abbiamo assistito tra la fine dello scorso millennio e l’inizio di quello attuale, non avrebbe destato così tanto scalpore ma che oggi, evidenzia la dicotomia fra l’aspettativa di molti nei confronti del “grande vino” (in termini di potenza, struttura e potenziale evolutivo intuibile) e l’esigenza di mercati e palati contemporanei sempre più orientati a vedere nella finezza e nell’agilità di beva dei plus anche per i vini più blasonati. Da par mio, la 2018 ha messo in risalto la possibilità di alternare ad annate di grande completezza e annate di notevole difficoltà per il sempre più ampio gap fra maturità tecnologica (prematura) e fenolica (spesso solo parziale all’epoca di vendemmiale), annate che in altre ere poco sarebbero state distanti dall’essere definite “classiche” in termini analitici ancor più che climatici. Trovo poco utile pretendere da tutte le annate caratteristiche che non devono stereotipare l’identikit del “grande Brunello”, bensì dovrebbero orientare il consumatore a poter scegliere in base alla propria esigenza di gusto e di fruizione. Il fatto che ristoratori e sommelier di alto profilo abbiano apprezzato la buona agilità e le finezze, nonché la maggior versatilità di un’annata come la 2018 riconoscendo la possibilità di fare nuovi inserimenti nelle proprie carte e nei propri percorsi di degustazione al calice senza dover temere di dover attendere ma, al contempo, consapevoli di poter dimenticare qualche bottiglia in cantina da riproporre nei prossimi anni, è significativo. Credo che definire quest’annata fine e agile dia solo parzialmente la dimensione di una serie di Brunello 2018 capaci di interpretare in maniera garbata e rispettosa (di varietà, territorio e annata) la ricerca di dinamiche di fruizione e di servizio, nonché di abbinamento contemporanee. Qui di seguito il mio pensiero a riguardo.

Se si amano i vini strutturati, possenti e più concentrati la Riserva 2017 (per quanto – giustamente – prodotta da pochi) è sicuramente più in linea con tali esigenze gustative (interessante vedere come i tannini, spesso duri nei Brunello annata assaggiati lo scorso anno, siano stati levigati da legno e permanenza in bottiglia nelle versioni Riserva), ma l’invito ad assaggiare le 2018 – da sole e non in batteria – a tavola, con il giusto abbinamento è doveroso. Qualcosa mi dice che molti si ricrederanno anche sulla capacità di questi Brunello di tenere botta e stupire per godibilità ed eleganza.

Non vi nego, in fine, la grande curiosità di valutare quest’annata al termine del prossimo triennio che sembra promettere vini di grande spessore, seppur con differenze importanti in base alle ideali “sotto-zone” dell’areale (2019/2020/2021).

Unico dispiacere di questa edizione dell’anteprima Benvenuto Brunello? L’assenza di alcuni fra i migliori interpreti del Brunello tout court e, a giudicare da ciò che ho potuto assaggiare “in separata sede”, dell’annata, che – a parer mio – avrebbero dato man forte all’intera denominazione elevando la percezione del territorio con questa 2018. Produttori che stupiscono anche nei casi in cui l’assenza all’anteprima sembra essere stata determinata dal troppo poco tempo in bottiglia, dovuto all’anticipo della manifestazione. Cosa che, per quanto non condivisa da molti produttori, apre le porte per la sempre più attuale questione relativa alle tempistiche di affinamento in legno e in bottiglia, con una frangia di interpreti sempre più orientata ad anticipare gli imbottigliamenti prediligendo un maggior affinamento in vetro pre-uscita sul mercato e un’altra più ancorata alla lunga permanenza in legno, ergo alla volontà di imbottigliare molto a ridosso dell’attuale anteprima. Da par mio, ho già espresso lo scorso anno un parere parziale (->wineblogroll.com/2021/11/anteprima-benvenuto-brunello) sulla possibilità data alla stampa nazionale e internazionale e agli operatori (anche stranieri, grazie alle concomitanti manifestazioni all’estero) di assaggiare i vini prima della loro uscita in commercio, ma la speranza è di ritrovare tutti i produttori nelle prossime edizioni (nonostante rispetti le scelte di ciascuno di essi), per avere la possibilità di integrarli nei report dell’anteprima. Probabilmente il ritorno di almeno un paio di giornate dedicate ai banchi d’assaggio (eliminati in epoca covid) potrebbe cambiare la percezione di alcuni.

F.S.R.

#WineIsSharing

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